“Erano anni che il Movimento 5 Stelle non ci faceva ‘divertire’ così tanto. I pentastellati si erano un po’ imborghesiti. Questo fra Grillo e Conte è uno scontro vecchio stile, tutto politico ovviamente, ma di potere”. Nicola Biondo, ex capo della comunicazione Cinquestelle fino al 2014 e due saggi all’attivo sulla creatura di Casaleggio e Grillo, commenta così lo scontro al calor bianco fra il garante e il leader in pectore del Movimento.



E aggiunge: “C’è una battaglia mediatica in corso, a botte di comunicati stampa, virgolettati che non si sa da dove arrivino. Ma non me lo immagino proprio Conte che fa la terza scissione in una legislatura da dentro il M5s per situarsi all’opposizione del governo Draghi. Penso che questa frattura si ricomporrà sul fatto che Grillo vuole la sua libertà, per poi riesplodere un’altra volta, ciclicamente”.



Dopo l’entrata a gamba tesa di Grillo, però, secondo alcune fonti grilline Giuseppe Conte sarebbe a un passo dall’addio ai 5 Stelle. Solo una mossa per alzare il prezzo?

Il Movimento, che non doveva avere correnti, in questo momento ne ha sostanzialmente due, che si muovono come in una partita a scacchi: quelli che dicono che Conte se ne sta andando e quelli che invece fanno trapelare che per Grillo la partita è ormai chiusa.

Secondo te?

Non so, e non mi interessa, dire chi tra i due ha ragione, ma resta il fatto che al professor Conte, siccome la vita gli ha sorriso e la fortuna gli ha dato più volte una mano, sembra che sia tutto dovuto. Grillo tre mesi fa gli ha detto: Giuseppe, ti affido il Movimento. E lui che fa? Si fa dare la chiave e prova a far fuori Grillo. È il massimo dell’irriconoscenza.



Conte quindi voleva scientemente mettere da parte Grillo?

La politica è fatta anche di sotterfugi, di tradimenti, di posizioni che si ribaltano, però è incredibile come Conte, a cui Grillo aveva regalato il Movimento, avesse pensato di fregarlo. Non per niente Grillo ha detto: sarò un garante, ma non sono un coglione. Erano anni che non tirava fuori un pizzico di simpatia.

Conte potrebbe dunque decidersi a fondare il suo partito?

Ma chi se lo prende Conte? Dove diavolo va Conte senza il M5s? Sarà pure un brand in caduta libera, che soffre di problemi oggi al loro picco di supernova, ma è anche vero che senza quei parlamentari e senza quel dispositivo di potere Conte non va da nessuna parte. Se fa un partito, con quali iscritti? Con quale personale politico? Il partito di Conte era un partito dentro il M5s, era ed è in parte tuttora una corrente del M5s.

Non prevedi dunque una fuga di parlamentari grillini e un esodo di iscritti?

Ribalterei la domanda così: questo fantasmagorico partito di Conte con una manciata di parlamentari più o meno numerosa, come si situerebbe nel panorama politico e nei confronti del governo? Conte aveva un senso per il Pd, perché era la persona che faceva transitare il M5s, che nasce come movimento populista e con chiarissime definizioni di destra, nel centrosinistra. Era il piano di Bettini e delle teste d’uovo del Pd.

Una prospettiva che non ha più senso?

C’è dall’altra parte l’ala governista, che fa riferimento a Di Maio, che mai si metterebbe oggi di traverso contro il governo Draghi: stanno benissimo dove stanno. E qui si apre un’altra questione.

Quale?

Che rapporti ha il professor Conte rispetto ad altri esponenti di spicco del Movimento con il presidente del Consiglio? Molto pochi, se non nessuno.

Gettasse la spugna Conte, chi potrebbe prenderne il posto? Di Maio? Di Battista? Un altro nome gradito a Grillo?

Grillo non ne fa una questione di nomi.

Però all’assemblea dei parlamentari grillini ha elogiato Di Maio come “il miglior ministro degli Esteri che l’Italia abbia mai avuto”…

È una virata bella e buona, un messaggio a Conte. Ma Grillo ha sempre fatto le sue giravolte anche per un tornaconto politico personale. E qui il tornaconto è rimanere ancorato all’ala governista del Movimento e al governo.

Il processo di rinnovamento del M5s torna in alto mare?

Il processo di rinnovamento del M5s è una cosa che ci farà invecchiare per generazioni come il famoso rinnovamento della Democrazia cristiana.

Lo scontro tra Grillo e Conte avrà dei riflessi sul Movimento e sull’alleanza con il Pd in vista del prossimo voto amministrativo?

Nessun riflesso, perché il professor Conte è una creazione comunicativa dei Cinquestelle.

Secondo Travaglio, Conte è l’unica speranza reale di mantenere il partito centrale nel quadro politico attuale, fino alle elezioni politiche del 2023. Sei d’accordo?

I fatti non sono d’accordo con questa affermazione ed è Grillo che non è d’accordo con la sua affermazione di qualche mese fa. Io resto coerente con quanto dico da mesi: non ho mai visto Conte così all’altezza dei ruoli che con grande fortuna ha ricoperto. E poi i tempi della politica sono cambiati, sono diventati molto veloci.

Statuto, codice etico, vincolo dei due mandati, comunicazione: i nodi da sciogliere sono tanti. Tutti volutamente messi sul tavolo per arrivare alla contrapposizione attuale?

A Grillo interessano poco, a Grillo interessa solo contare dentro il Movimento 5 Stelle, perché il M5s è un partito gestito per stare al potere. Fuori dal potere si decompone.

Come spieghi l’attacco frontale al ministro Cingolani? È il primo colpo di piccone contro il governo?

No, è una carezza data ai parlamentari grillini che mugugnano, blaterando delle origini del Movimento, e che contestano.

La base del Movimento come sta vivendo questo scontro?

Non essendoci più Gianroberto Casaleggio, per la base del M5s, se Beppe parla, Beppe viene ascoltato. Tra Grillo e Conte sceglierebbe Grillo.

“Conte deve studiare e imparare cos’è il Movimento” ha detto Grillo. Appunto, cos’è oggi il M5s, dopo la stagione di Conte come presidente del Consiglio di due governi e di due alleanze diverse?

Il M5s è stato davvero un esperimento gigantesco, studiato in tutto il mondo. In questo momento è un accrocco di potere che in maniera incredibile è straordinariamente attaccato al potere. Senza il potere, si sarebbe spappolato. È sempre stato accondiscendente e diplomatico ogni volta che gli è convenuto.

Quindi pensi che sia una battaglia dagli esiti gattopardeschi?

La frase di Tomasi di Lampedusa si attaglia perfettamente al M5s. Però nello stesso tempo mi tornano alla mente le parole di Grillo di tanti anni fa: “Noi siamo il virus, quando avremo infettato tutti i partiti, scompariremo, perché la politica non avrà più bisogno di noi”. È una profezia che si è avverata.

Perché?

Molti aspetti del grillismo sono stati fatti propri dalla politica italiana.

Per esempio?

La metamorfosi di quell’altro accrocco di potere che risponde al nome di Partito democratico. Penso a quella sorta di nemesi per cui il Pd doveva essere quanto di più lontano dal giustizialismo forcaiolo a parole del M5s e invece ne è diventato sodale. E penso a come sono riusciti nell’incredibile missione di consegnare ai propri votanti l’idea che Conte sarebbe il leader del centrosinistra migliore di Letta.

Cosa succederà nei prossimi giorni?

Risponderei così: se oggi il presidente del Consiglio, Mario Draghi, dovesse chiamare un paio di persone per capire che cosa sta succedendo dentro il Movimento, che in fondo è il gruppo parlamentare più numeroso che appoggia la sua ampia maggioranza, chiamerebbe Luigi Di Maio e Beppe Grillo, non certo Giuseppe Conte.

(Marco Biscella) 

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