Tutti capiscono che dal punto di vista militare e strategico, oltre che per le sue potenziali ricchezze naturali, la Groenlandia interessa molto agli Stati Uniti, ma le ultime dichiarazioni di Trump risultano abbastanza preoccupanti.
Con quel “dobbiamo averla, e se UE e Danimarca non lo capiranno glielo spiegheremo”, sottintendo pressioni economico-militari, Trump sembra non solo fare di tutto per rendersi inviso ai groenlandesi, ma anche andare in senso contrario al risultato che vorrebbe ottenere.
“La legge è uguale per tutti” anche a livello internazionale, e se non si possono accettare le annessioni territoriali senza accordi o trattati internazionali, non si può pensare che gli USA strappino un territorio semi-indipendente ma giuridicamente danese dalle mani di un’altra nazione, come se fosse un giocattolo.
La Groenlandia è il punto di intersezione di molteplici interessi geopolitici, e con altri toni, pressioni, aiuti economici forse Trump potrebbe avvicinarsi al suo obiettivo con l’adesione degli stessi interessati, o almeno potendo godere su quel territorio di basi militari e presenza economica che gli permetterebbero di raggiungere “in pace” gli stessi risultati.
“Non penso che l’uso della forza sarà mai necessario”, ha detto ieri il vicepresidente americano JD Vance, in visita in Groenlandia, aggiungendo di puntare sull’autodeterminazione dell’isola e la sua indipendenza dalla Danimarca. Dunque ridimensionando, ma non smentendo il disegno annessionistico di Trump. Il cambio di registro è un fatto positivo, ma va detto che il viaggio, giocato in altre circostanze, sarebbe stato un ottimo primo passo per stabilire relazioni di buon vicinato.
È vero che all’ultimo momento la visita di Vance si è limitata a un saluto ai militari americani in una base USA evitando uscite pubbliche, ma davvero non si capisce come la diplomazia americana si stia trasformando in un’antipatica (e inutile) dimostrazione di muscoli.
La stampa si è ormai abituata a etichettare Trump come presidente “businessman”. Ma al mercato, se si punta ad un oggetto e si fa capire al commerciante che si è interessati all’acquisto, costui alzerà il prezzo, mentre una qualsiasi trattativa basata sulla legge della domanda e dell’offerta porta a pagare molto meno se l’acquisto viene trasformato quasi in un’opportunità che si vuol dare al venditore.
Tradotto in politica, i circa 50mila abitanti di quell’isola sterminata (e che solo due settimane fa hanno bocciato il governo nazionalista ed irredentista uscente) sarebbero stati forse anche propensi ad ascoltare le richieste USA; ma dopo le frasi di Trump è chiaro che hanno per ora chiuso ogni possibilità, decisamente sconcertati e diventando così anche potenzialmente ostili all’indebita pressione yankee. Lo dimostra il governo di coalizione a guida Jens-Frederik Nielsen, varato, guarda caso, proprio ieri, giorno della visita di Vance.
Insomma, furbizia zero alla Casa Bianca, che ora apre un varco proprio all’Unione Europea, la quale dovrebbe approfittare del momento offrendosi come potenziale alternativa agli USA per stringere maggiori rapporti con quest’area che già faceva parte ufficialmente dell’Europa “politica”, salvo andarsene per propria scelta alcuni anni fa pur restando formalmente territorio danese.
Chissà se qualcuno a Bruxelles avrà la capacità di cogliere l’occasione. Altrimenti prima o poi gli americani – recuperata l’intelligenza – punteranno alla soluzione più logica, con la Groenlandia che resterà autonoma o danese, ma nulla vieta che con rapporti di buon vicinato, convenienze reciproche e tanti soldi si potrebbero concedere agli USA spazi importanti dell’immenso territorio per basi od installazioni militari e con più stretti rapporti economici.
Strano che nessuno abbia spiegato questo a Trump, che in altre situazioni (vedi Messico o Canada) può avere pure il coltello dalla parte del manico, ma non con la Groenlandia, salvo un’assurda prova di forza, che sarebbe ovviamente contro ogni principio di diritto internazionale.
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