In un mondo impazzito a causa della volontà di potenza e dell’ideologia di dominio ritorna prepotentemente sulla scena il dramma della sofferenza innocente. Bambini uccisi in Ucraina da bombardamenti indiscriminati, bambini vittime dell’azione terroristica di Hamas volutamente diretta contro civili inermi e bambini colpiti dalla risposta militare israeliana senza limiti. Indifesi senza colpa, insomma, che vengono sacrificati dal Minotauro cieco.
Ma niente può giustificare la sofferenza di un solo innocente: né una volontà imperialistica, né un azzardo irrazionale, né una necessità morale. Il cuore di ogni uomo sente, infatti, una profonda ribellione e ripugnanza per la sofferenza imposta dall’assurdo ai piccoli. Ivan Karamazov ne I fratelli Karamazov e Rieux ne La peste, perciò, si oppongono fino in fondo sia alla logica del male stesso che a quella del bene superiore, arrivando a una rivolta morale e metafisica completa.
“Essi hanno mangiato del frutto proibito, conosciuto il bene e il male, ma i bambini, i bambini no e dunque di cosa sono colpevoli per soffrire a volte terribilmente qui sulla terra? Sono forse castigati per la colpa dei loro padri?” (Dostoevskij).
La rivolta morale di Ivan Karamazov e di Rieux non tiene conto però fino in fondo della domanda che la sofferenza innocente suscita, perché non l’attraversa fino ad arrivare al suo centro: che fine fa la sofferenza dell’innocente? Dov’è quel singolo bambino vittima della nostra crudeltà? Non basta, perciò, restituire il proprio biglietto a Dio, è necessario tutt’altro.
Vasilij Grossman ne La Madonna a Treblinka (Medusa, Milano 2021) ci accompagna come Virgilio dall’inferno della protesta accusatoria e dell’impossibilità di risposta alla certezza drammatica di un percorso dello sguardo. Nel 1955 in via Volchonka a Mosca nel mese di marzo ebbe l’opportunità di vedere la Madonna Sistina di Raffaello, dopo che era stata portata in Unione Sovietica insieme ad altri dipinti della Pinacoteca di Dresda. Accadde allo scrittore qualcosa di inaspettato e imprevedibile. Un avvenimento misterioso in grado di ristrutturare la conoscenza stessa della storia e di dare una traiettoria diversa all’incomprensibile.
Il grande scrittore ci rende partecipi, infatti, nel commovente testo della sua esperienza di un incontro con una realtà inspiegabile, ma presente e attiva. Il viso della Madonna – visto con gli occhi del cuore –, è la sua stessa anima, la sua ineguagliabile luminosità, la sua inarrivabile bellezza. La Madonna di Raffaello è immortale e con il suo ineffabile silenzio dice una parola segreta e inaudita, diretta al nostro centro interiore.
La Madonna Sistina per Florenskij, peraltro, non era solo lo straordinario dipinto di un genio artistico, ma il frutto di una visione autentica, di una rivelazione profonda. “Una volta, la notte, mentre nel sonno pregava la Vergine Santissima, come spesso gli accadeva, si destò di colpo, preso da una forte agitazione. Nella tenebra notturna lo sguardo di Raffaello fu attratto da una luminosa visione sulla parete, davanti al suo giaciglio; la fissò e vide che, ecco, sul muro un’immagine della Madonna splendeva di un mite fulgore e somigliava in tutto a una figura viva; manifestava la sua divinità in modo tale che gli occhi dell’esterrefatto Raffaello furono inondati di lacrime” (Pavel Florenskij, Le porte regali. Saggio sull’icona, Adelphi, 1981).
Il prezioso dipinto di Raffaello è una manifestazione divina destinata all’umano con un annuncio decisivo per la vita, dunque. Grossman intercetta quello sguardo profondo che dà energia vivente all’opera, con la sua sensibilità. Si tratta di uno sguardo rivelatore di un destino drammatico. “I volti della madre e del figlio sono mansueti e dolenti. Vedono forse le colline del Golgota, la strada pietrosa e polverosa”. Tuttavia, il volto della Madonna non è afflitto dal terrore, non vuole tenere il figlio per sé e liberarlo dal suo destino. È contemporanea alla sua vita e a quella di tutti gli uomini: presente in modo sommesso.
Nel tempo dei lupi che ha visto i figli dei contadini morti per la grande carestia, che ha sentito le grida e le lacrime amare per le vittime dei pogrom e che ha sofferto per i disastri umani di ogni genere, c’è, allora, uno sguardo in cui ci si può riconoscere e in cui essere ospitati. È uno sguardo triste e dolente in cui l’uomo si rivede, riconoscendo la sua croce e sentendo “il suo legame con tutti coloro che vivono nel suo tempo, con chi ha già vissuto ed è scomparso e con quelli che verranno”. E la memoria dello scrittore, perciò, improvvisamente, torna a Treblinka: l’esperienza dell’insopportabile, del peso dell’inconcepibile crudeltà nell’anima. Erano come Lei e suo Figlio “le madri e i bambini a Treblinka”. E come Lei erano i deportati sconvolti dal terrore, con un dolore straziante. “E scopersi il segreto di quei volti, li aveva dipinti Raffaello quattro secoli fa; così l’essere umano va incontro al suo destino”.
La madre e il figlio, dunque, sono uguali a chi soffre. Sono rivolti agli uomini di tutti i tempi che sono distrutti dalla crudeltà e dall’ottusità del potere. La madre e il figlio sono la viva testimonianza di una vita più grande che non può essere assoggettata dal tiranno di turno: “La forza della vita, dell’umanità è enorme, e neppure la violenza più feroce e sistematica è in grado di sottometterla, può solo ucciderla. Ecco la ragione della serenità che appare sui volti della madre e del figlio: sono invincibili. Anche nelle epoche più terribili la distruzione della vita non significa la sua sconfitta”.
Non si tratta qui di una consolazione cordiale ed empatica, ma della diretta e misteriosa partecipazione della vita sorgiva alla vita storica, della comunione profonda del segreto ultimo all’angosciata domanda. E la cosa più interessante è il cammino del segreto che si fa strada dentro le lacrime. Nelle campagne ucraine, bielorusse e russe, per lo scrittore, la Madonna stessa soffre con chi soffre, fino a far cogliere a chi è spezzato dal dolore che lei e suo figlio non sono solo dentro lui, ma sono lui.
Come Grossman, nel nostro tempo non dobbiamo permettere che nel genere umano si estingua l’umanità. Siamo, infatti, incisi e segnati dentro dalla sua scrittura, diventando testimoni della sua firma che non conclude il testo, ma lo apre e lo consegna proprio a noi. “Contemplando la Madonna Sistina manteniamo la nostra fede nel fatto che vita e libertà siano inscindibili e non vi sia nulla di più alto dell’umanità dell’uomo. Questa umanità sopravviverà in eterno, e vincerà”.
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