Sta per esplodere un allarme privacy di grandi proporzioni e ad essere coinvolti sarebbero gli utenti appassionati di siti porno ma che frequentano assiduamente anche Facebook e Google. Ebbene, secondo uno studio condotto da Elena Maris, ricercatrice Microsoft, Timothy Libert della Carnegie Mellon University, e Jennifer Henrichsen dell’University di Pennsylvania e riportato dal New York Times, sono oltre 22mila i siti a luci rosse infestati dai trackers del motore di ricerca e del social di Zuckerberg. Ciò significa che durante la navigazione anche su siti porno, vengono inviati i dati dei visitatori a siti esterni e proprio Google così come Facebook riceverebbero le fatidiche informazioni. Ciò avviene anche una volta usciti dalla modalità di navigazione in incognito. “Secondo lo studio Google monitora il 74% dei siti pornografici, Oracle il 24% e Facebook, nonostante non consenta la pubblicazione di immagini di nudo o sesso sulle sue piattaforme, traccia il 10% dei siti”, ha rivelato lo studio. Ovviamente, le informazioni raccolte riguardano aspetti sensibili e la salute degli stessi utenti.



SITI PORNO: FACEBOOK E GOOGLE SANNO COSA GUARDANO GLI UTENTI

Insomma, pare proprio che la gran parte dei siti porno non sia crittografato (lo sarebbe solo una piccola percentuale pari al 17%), quindi la maggior parte di essi espone i dati dei propri utenti a rischio hacker. La raccolta di questi dati avviene al fine di proporci annunci pubblicitari su misura dei nostri gusti ma ciò che inquieta, spiegano gli esperti, è proprio la risposta data da Google e Facebook che ovviamente smentiscono: “La faccenda risulta più inquietante se si considera che la portavoce di Google è appena intervenuta per chiarire che la società non autorizza pubblicità sul web con contenuti per adulti e che sono proibiti annunci e profili pubblicitari basati sugli interessi sessuali online degli utenti o attività correlate. Lo stesso ha fatto Facebook, che ha riferito le linee guida della comunità vietano ai siti web pornografici di utilizzare gli strumenti di tracciamento di Facebook per la pubblicità”. Oracle non si sarebbe ancora espresso, ma la domanda sorge spontanea: “se queste informazioni sensibili non servono per gli annunci pubblicitari, per cosa servono?”.

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