Emendamento approvato su forte spinta di Enrico Letta alla Commissione esteri e difesa, in vista del voto alla Camera sull’aumento del finanziamento per addestrare la guardia costiera libica (aumento che poi la Camera ha approvato), che in realtà risulta molto vago ed è stato contestato da molti, anche da esponenti del Pd: “Impegna il governo a verificare dalla prossima programmazione le condizioni per il superamento della suddetta missione”. Lo scopo di Letta è affidare l’addestramento della guardia costiera libica all’Unione Europea, ma non c’è alcuna indicazione e garanzia in proposito.
Non solo: ci sono molti esponenti della sinistra, come Laura Boldrini, associazioni di volontari e Ong che hanno chiesto la cessazione del versamento di fondi alla Libia, un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno dell’accordo Italia-Libia, anche perché viene criticato l’aspetto umanitario, il fatto cioè che i libici riportino i migranti fermati nel Mediterraneo nei centri di detenzione noti per le torture e le condizioni disumane. “Sicuramente non possiamo continuare a dare soldi a pioggia come abbiamo fatto anche con altri paesi come il Niger e sicuramente ci sono aspetti deludenti in quanto fatto fino a oggi” ci ha detto Michela Mercuri, docente di storia contemporanea dei paesi mediterranei all’Università di Macerata ed esperta di Libia (e autrice, insieme a Paolo Quercia, di Naufragio Mediterraneo. Come e perché abbiamo perso il Mare Nostrum). “L’Unione Europea inoltre fino a oggi ha sempre dimostrato di essere molto poco interessata alla questione libica. Bisogna lavorare invece sul rafforzamento delle istituzioni libiche perché questo si riflette sulla questione migranti: ridistribuire il petrolio, riportare l’elettricità, riprendere a investire, insomma è un processo lungo e complesso”.
L’emendamento approvato in Commissione esteri appare molto vago, si potrebbe tradurre con un “di fatto, con il nostro impegno il governo termina la missione dal prossimo anno”. E intanto? C’è già la missione Irini a cui partecipa l’Europa, si spinge perché si occupi dell’addestramento della guardia costiera, ma è fattibile?
Sì, l’emendamento approvato è estremamente vago, ma ci sono diversi aspetti da considerare, il primo dei quali è che se davvero si vuole delegare l’addestramento all’Europa tramite la missione Irini – che ha come scopo quello di controllare il traffico di armi, ricordiamoci che questa missione è a guida italiana – l’Italia potrebbe far valere il suo ruolo all’interno dell’Unione Europea. Ma perché accada questo vi devono essere delle regole molto chiare e una Ue molto coesa che accetti la guida italiana. Viceversa l’addestramento, se non si baserà su questi principi di una guida italiana molto forte, allora è il caso che rimanga all’Italia.
L’Unione Europea accetterà mai tutto questo?
Giustamente Lia Quartapelle, responsabile Esteri dem, ha detto che non si sta parlando di un disimpegno in Libia, ma di una strategia diversa e di un impegno europeo maggiore per un rafforzamento delle istituzioni libiche. Purtroppo però i paesi europei fino a ora hanno dimostrato che della questione libica non si interessano. L’unico impegno tangibile sono stati gli accordi di Malta che hanno portato a risultati a dir poco risibili.
Quindi?
L’Unione Europea dovrà cambiare la sua proiezione nei confronti della Libia. In questo momento abbiamo un governo di transizione che dovrebbe rappresentare tutta la Libia mentre nell’est spadroneggia Haftar. Il primo step prima di allargare il mandato di Irini è trovare un accordo con le parti, però le criticità sono molte e non parlo di attori esterni, parlo delle difficoltà interne al paese. L’addestramento da parte di Irini dovrà essere accettato soprattutto dai libici dell’ovest, dove ci sono milizie che non sostengono il nuovo governo.
La missione italiana è molto criticata per i sodi spesi con scarsi risultati. È davvero un fallimento?
Indubbiamente abbiamo dato decine di milioni per l’addestramento spesso con risultasti deludenti, altre volte meno, sicuramente è vero che i migranti vengono spesso portati nei centri di detenzione. Questi soldi dovrebbero essere spesi per stabilizzare la Libia, riportare la gestione dei centri di detenzione al governo centrale espellendo le milizie, lavorare sui rimpatri volontari e il ricollocamento di chi ha diritto. Se spendessimo i soldi in questo modo riusciremmo a fare passi avanti.
Si dice anche che noi finanziamo la guardia costiera, ma sono i turchi a gestire le operazioni. È così?
La parte ovest della Libia da alcuni analisti di fama viene chiamata Turkistan perché la Turchia non controlla solo basi e porti come Misurata e importanti affari, ma anche, in parte, i flussi migratori. Non escludo che la Turchia abbia fatto capire di applicare il modello tedesco: dateci dei soldi e noi teniamo i migranti. Non dobbiamo cedere a questo ricatto.
Non sarebbe meglio aspettare le elezioni del 24 dicembre e poi ridiscutere tutto con il nuovo governo?
Sarebbe sicuramente un atteggiamento importante e coerente, ma non sappiamo se queste elezioni ci saranno e dobbiamo cercare di frenare i flussi migratori prima delle elezioni, altrimenti non ci saranno elezioni.
(Paolo Vites)
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