Non era comunista, ma Afro Bettati rimane, per motivi squisitamente anagrafici, l’unico, vero “Peppone”. Morto a 102 anni, Bettati, socialista, è stato sindaco di Brescello dal 1951 al 1970, ovvero lungo tutti gli anni che videro girare nel paese della Bassa reggiana l’intera saga dei film tratti dai racconti di Guareschi, compreso l’inizio sfortunato del sesto film, mai completato.



Fu lui l’autore dell’arcinoto manifesto che venne affisso ai muri della cittadina il 3 settembre del 1951 e che recitava: “Cittadini, come molti di voi già sanno il nostro comune è stato scelto per la produzione di un grande film internazionale diretto dal regista francese Julien Duvivier e interpretato da attori noti in tutto il mondo. Facciamo appello al senso di cortesia e di buona volontà innata nella nostra popolazione perché a questi lavoratori italiani e stranieri, che presto verranno fra noi, sia riservata la migliore accoglienza e ogni possibile collaborazione”.



Bettati, classe 1920, ricordava benissimo quegli anni dal primo film con le conseguenti reazioni delle federazioni comuniste, compreso il dibattito che seguì all’annuncio della realizzazione del lungometraggio. “I film, però – ripeteva spesso – hanno portato lavoro e prosperità a Brescello, facendola diventare meta di migliaia e migliaia di turisti”. Turisti che da oltre settant’anni si immedesimano nei personaggi guareschiani e, da quando sono state collocate (una davanti la chiesa, l’altra dinnanzi al comune), scattano centinaia di fotografie accanto alle statue di bronzo raffiguranti Fernandel e Gino Cervi, che si salutano, ognuno sulla porta della propria “bottega”, come direbbe Lo Smilzo.



Allora, la bellezza di 72 anni fa, sulla porta della chiesa di S. Maria nascente e San Genesio c’era don Dino Alberici e su quella del municipio Afro Bettati: i primi, autentici don Camillo e Peppone. Infatti, fu don Alberici a chiedere e ottenere (dopo le riprese di “Don Camillo e l’onorevole Peppone”) che il famoso “Crocifisso parlante” venisse donato alla parrocchia brescellese. In un’intervista realizzata per il suo centesimo compleanno da “Il Resto del Carlino”, lo storico sindaco diceva: “Ricordo quando venne il regista Dudivier. Cercavano il paese dove girare i film. Arrivò in piazza e disse: Ici, ici, ici… Qui, qui, qui. E si accamparono a Brescello”.

Il paese trasse grandissimi benefici dalla serie di film basati sui racconti guareschiani, anche se non mancarono piccoli disguidi, come ricordava ancora Bettati: “Tutti in paese partecipavano come comparse. Ma qualche volta c’è stato da tribolare. Se un ambulante mi occupava una mattina un’area della piazza, doveva pagare il plateatico. La troupe, invece, spesso occupava un’intera strada per un giorno senza voler pagare. Dicevo: posso chiudere un occhio, ma non due”.

Sindaco sino in fondo, ricordava anche come cambiò la cittadina, durante il suo lungo periodo amministrativo: “Sono stato sindaco per quattro mandati, dal 1951 in poi. Quando sono stato eletto non c’era un centimetro quadrato di asfalto. Alla fine del mio mandato tutte le strade erano asfaltate”. Durante le pause fra le riprese dei film passeggiava per le strade del paese con Gino Cervi ma, mentre a parlare di cinema era il socialista Bettati, a discorrere di pubblica amministrazione era il liberale Cervi. Ora, senza tema di sbagliare, quando i tanti turisti arrivati in piazza chiederanno di nuovo dove si trovino le tombe di Peppone e don Camillo, i brescellesi, non potendo dare informazioni su quello di don Camillo potranno indicare con sicurezza il sepolcro di Peppone, quello vero: Afro Bettati!

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