Il “Mondo piccolo”, come lo immaginiamo nelle descrizioni guareschiane ricalca, più o meno, la carta geografica dell’ex Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, comprendendo tutta la fascia del Po che, appunto, “comincia a Piacenza” e la Via Emilia, anch’essa originata a Piacenza, fino alla provincia di Reggio Emilia dove, guarda caso, si trova Brescello, il paese cinematografico di don Camillo e del sindaco Peppone.



Passati i lunghi giorni di “arresti domiciliari”, finalmente si può tornare a viaggiare e, così, riaprono anche i musei: non fa eccezione il museo “Peppone e don Camillo” di Brescello, riaperto assieme al ritorno, sotto il portico di via Giglioli, della campana “Sputnik”, danneggiata lo scorso Capodanno e restaurata gratuitamente da Omar Tagliavini. Siccome anch’io sentivo un bel po’ di nostalgia, sono andato a Brescello e, prima di tornare al museo, mi sono fermato con l’amico Gabriele, presidente della Pro Loco, alla trattoria “La bottega di don Camillo”, per gustare la cucina della mia terra, della quale pure sentivo una grande nostalgia.



Tutto questo per dirvi che, nel “Mondo piccolo”, si scoprono sempre nuove cose, semplici e straordinarie al tempo stesso: cose che non ti aspetteresti di vedere e invece arrivano all’improvviso a illuminare la giornata. Mi spiego: a tavola c’era poca gente e tutta debitamente distanziata. Inevitabile, perciò, scambiare qualche chiacchiera, scoprendo, seduti al tavolo vicino, marito e moglie provenienti da Guastalla: lui fratello della giovane “regina” della trattoria, la Marisa, lei sposa di un artista che, lasciato il seminario, si è scoperto imprenditore-architetto del verde ed è tornato pure a fare lo scultore. Una parola tira l’altra e spunta un ritratto a tutto tondo del pretone guareschiano a cavallo dell’inseparabile bicicletta. Autore proprio lui: Paolo Codeluppi che, ci spiega, ha scolpito quel don Camillo per un grande Presepio, che è costato qualcosa come cinque anni di lavoro.



“Ho pensato di far riscoprire la nascita di Gesù in una stalla, mentre, d’inverno, si faceva ‘filoss’, come accadeva fino agli anni 20 del secolo scorso, ossia le famiglie contadine si ritrovavano, quando c’era freddo, nella stalla riscaldata dal calore degli animali, a ‘raccontarsela su’, come si dice dalle nostre parti. Così ho realizzato una settantina di statue – dice Paolo – i giovani genitori contadini del bambino che stava per venire al mondo, i parenti e le famiglie dei ‘casanti’ riuniti nella stalla, il bestiame e l’intera corte colonica. Ognuno dei personaggi che ho creato nei cinque anni di lavoro per realizzare il Presepio, ha un nome e ho anche scritto un testo, di una cinquantina di pagine, con il racconto della storia di questa corte di campagna, che vive il rinnovarsi del miracolo della nascita di Gesù. Una donna anziana, proprio la notte di Natale, racconta a tutti, come facevano i vecchi nella stalla, cosa era accaduto a Betlemme moltissimi anni prima. In quel mentre, nasce il piccolo contadinello e tutti vedono una grande luce, meravigliandosi ma, allo stesso tempo, comprendendo che, nel miracolo del rinnovarsi della vita, si ripeteva, come in ogni bambino che nasce, la venuta di Gesù in mezzo a noi”.

Ovvio che, a quel punto, la domanda mi sia venuta spontanea: don Camillo cosa c’entra? “Don Camillo, con la sua bicicletta – mi ha detto Paolo – rappresenta il sacerdote che, nel passato, andava nelle corti coloniche a celebrare la Messa nella cappella privata dei signori. Quella sera, il pretone di Mondo piccolo era rimasto a cena, come accadeva di frequente, nelle case signorili di un tempo. Finito di cenare, era andato a salutare i contadini nella stalla, fermandosi ad ascoltare la vecchina che raccontava del primo Natale di tanti anni fa e così aveva assistito anch’egli alla nascita del contadinello che, manco a dirlo, i genitori avrebbero chiamato Natale Camillo, proprio come se ci si ritrovasse in un racconto di Guareschi”.

Beh, questa è la Bassa, dove ancora oggi puoi ritrovarti a tavola con un artista che ti racconta di un Presepio di campagna e del miracolo di un Natale lontano. Qui, come diceva Giovannino, basta guardare una casa dipinta di rosso, di giallo o di blu oltremare, circondata dai campi di grano e subito nasce una favola…