Oltre quella di Peppone e don Camillo, la presenza praticamente costante, nei racconti della serie Mondo piccolo è senz’altro il Crocifisso dell’altar maggiore, cui il pretone si rivolge, sicuro di ottenere una risposta capace di dirimere qualsiasi questione. Un Cristo crocifisso che, scrive molto spesso Giovannino Guareschi, sorride. Ed è un sorriso davvero disarmante: don Camillo lamenta il fatto che alcuni “agenti segreti” di Peppone siano in missione, accuratamente nascosti e noti solo in un particolare registro.



“Gesù – disse a denti stretti don Camillo – fra tutta la brava gente che voi vedete sempre qui davanti a voi devota e compunta, ci sono sei mascalzoni che appartengono alla banda rossa e lo sanno soltanto i capi grossi perché non risultano iscritti, ma nel registro segreto sono segnati come in missione speciale”.



Il Cristo sorrise: “‘Don Camillo, tu hai la testa piena di romanzi’. Don Camillo era pieno d’ira e soffriva perché non poteva urlare: ‘Gesù – disse – secondo voi ha poca importanza anche il fatto che, assieme al registro segreto, ci fossero anche quattro mitra in perfetto stato di funzionamento?’ ‘Sì, don Camillo – rispose sorridendo il Cristo –. Anche questo non ha nessuna importanza perché quelle armi, adesso, sono nel solaio della canonica e, fra mezz’ora, saranno ridotte a informi rottami’. ‘Gesù – protestò don Camillo – io non…’. ‘Dio ti ha date due mani così forti perché tu le usi a fin di bene, don Camillo. La Divina Provvidenza ti farà trovare un grosso martello e qualcosa che serva da incudine e così tutto andrà al suo posto’. Don Camillo andò a cercare il grosso martello e qualcosa che funzionasse da incudine e, poco dopo, si sentirono colpi che avrebbero frantumato un pezzo da 305”.



Ecco il sorriso disarmante di Gesù, che risolve la situazione usando la coscienza di don Camillo che, in cuor suo, sa già quale sia la cosa giusta da fare. Ma è un Cristo molto umano, al quale il pretone inventato da Guareschi si rivolge come farebbe ognuno di noi. Un esempio è quello del battibecco che succede alla seconda sparizione di un mitra portato da Peppone.

“‘Reverendo – disse Peppone –. Il mio mitra!’ ‘Il tuo mitra?’ rispose sorridendo don Camillo. ‘Non capisco. L’avevi tu il tuo mitra’. ‘Sì, l’avevo io ma, quando siamo usciti, voi avete approfittato spudoratamente della confusione che avevo in testa per fregarmelo’. ‘Adesso che mi sovviene, pare anche a me’ rispose con delizioso candore don Camillo. ‘Scusami Peppone. Il guaio è che, sai, divento vecchio, e non riesco a ricordarmi dove l’ho ficcato’. ‘Reverendo – esclamò cupo Peppone – è il secondo che mi fregate!’. ‘Beh, figliolo, non ti inquietare. Te ne prendi un altro. Chi sa quanti ne hai ancora sparsi qua e là per la casa!’. ‘Voi siete uno di quei preti che, dagli e dagli, costringono un galantuomo di cristiano a farsi maomettano!’. ‘Forse – rispose don Camillo –. Ma tu non corri questo pericolo. Tu non sei un galantuomo’. Peppone buttò il cappello per terra. ‘Se tu fossi un galantuomo dovresti ringraziarmi per quello che ho fatto per te e per il popolo’. Peppone riprese il cappello, se lo ficcò sulla zucca e si avviò. Sulla porta si volse. ‘Voi potete fregarmi non due ma duecentomila mitra. Il giorno della riscossa troverò sempre un pezzo da 75 per aprire il fuoco su questa casa del diavolo!’. ‘E io troverò sempre un mortaio da 81 per fare la controbatteria’ rispose don Camillo tranquillo.

Passando davanti alla chiesa, siccome la porta era spalancata e si vedeva l’altare, Peppone si cavò con rabbia il cappello e se lo mise subito perché non lo vedesse nessuno. Ma il Cristo lo aveva visto e, quando don Camillo andò in chiesa, glielo disse. ‘È passato Peppone e mi ha salutato’ disse allegramente il Cristo. ‘Attento, Gesù – rispose don Camillo –. Già altri vi ha addirittura baciato e poi per trenta lire vi ha venduto. Quello lì che vi ha salutato è uno che, tre minuti prima, mi aveva detto che il giorno della riscossa troverà sempre un pezzo da 75 per sparare addosso alla Casa di Dio!’ ‘E tu che gli hai risposto?’ ‘Che troverò sempre un mortaio da 81 per rispondergli sparando addosso alla Casa del Popolo’. ‘Capisco, don Camillo: il guaio è che tu il mortaio da 81 ce l’hai sul serio’. Don Camillo allargò le braccia. ‘Gesù – disse – ci sono delle cianfrusaglie che uno non riesce a buttarle via perché sono dei ricordi. Noi uomini siamo tutti un po’ sentimentali. E poi non è meglio che questa roba sia in casa mia piuttosto che in casa di altri?’. ‘Don Camillo ha sempre ragione’ rispose sorridendo il Cristo. ‘Fino a quando non farà qualche soperchieria’. ‘Per questo non ho paura; ho il miglior consigliere dell’universo’ rispose don Camillo. E così il Cristo non seppe più cosa rispondergli”.

E ancora quando il giornale comunica che metteranno all’asta le nuove macchine che Peppone non riusciva a pagare: “‘Gesù, come vedete, un Dio c’è!’. ‘Dillo a me’ rispose sorridendo il Cristo. ‘Gesù, egli ha bestemmiato il vostro nome ed è giusto che abbia una punizione. Tutta la brava gente del paese è convinta che questi guai gli siano accaduti perché ha respinto la benedizione della casa’. Il Cristo sospirò: ‘E cosa direbbe tutta la brava gente del paese se, invece, gli affari di Peppone fossero andati bene? Che ciò è accaduto perché ha rifiutato la benedizione della casa?’. Don Camillo allargò le braccia: ‘Gesù: relata refero… La gente…’. ‘La gente? Cosa significa la gente? In Paradiso la gente non entrerà mai perché Dio giudica ciascuno secondo i suoi meriti e le sue colpe e non esistono meriti o colpe di massa. Non esistono i peccati di comitiva, ma solo quelli personali. Non esistono anime collettive. Ognuno nasce e muore per conto proprio e Dio considera gli uomini uno per uno e non gregge per gregge. Guai a chi rinuncia alla sua coscienza personale per partecipare a una coscienza e a una responsabilità collettiva’. Don Camillo abbassò il capo: ‘Gesù, l’opinione pubblica ha un valore’. ‘Lo so: fu l’opinione pubblica a inchiodarmi sulla croce’”.

È definitiva la considerazione del Cristo, alla quale, stavolta, è don Camillo a non sapere cosa rispondere, anche perché, di lì a poco: “Venne il giorno della vendita all’asta e piombarono come falchi in paese gli avvoltoi della città: erano organizzati perfettamente e, con quattro soldi, si divisero le spoglie di Peppone. Don Camillo che, anche lui, era andato ad assistere al grande spettacolo, tornò piuttosto cupo. ‘Cosa dice la gente, don Camillo?’ gli domandò il Cristo. ‘È contenta?’. ‘No’ rispose don Camillo. ‘Trovano brutto che si rovini così un poveretto approfittando del fatto che è malato, lontano e non può occuparsi dei suoi affari’. ‘Don Camillo, sii sincero, cosa dice, con precisione, la gente?’. Don Camillo allargò le braccia: ‘Dice che, se ci fosse un Dio, queste cose non succederebbero’. Il Cristo sorrise: ‘Dall’osanna al crucifige il passo è breve, don Camillo’”.

Così, in tutte queste circostanze, il Cristo, il Crocifisso dell’altar maggiore, sorride, nel dire a don Camillo di stare attento a trinciare giudizi, di non fidarsi troppo del proprio buon senso, di non credere che la “gente” sia in grado di decidere quale debba essere il destino di un uomo, vittima non di sé stesso, ma delle circostanze. Questo è il Giovannino della sua personalissima “trinità”: Dio, Patria e famiglia, con la Provvidenza che, attraverso il sorriso, il sospiro o le lacrime del Crocifisso mette rimedio a tutte le situazioni.

Domenica 17 dicembre a Brescello (Reggio Emilia), organizzato dagli Amici di Giovannino Guareschi e dalla Pro Loco di Bescello si terrà l’evento “Don Camillo, Peppone e il Crocifisso che parla”. Una mattinata per anticipare il meeting 2024 in compagnia di Giorgio Vittadini, del Cristo di Don Camillo, di don Giancarlo Minotta, di Davide Barzi e di Egidio Bandini. Si comincia alle 10:15 in sala Prampolini. Ingresso libero

— — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI