Davide Assael, docente di Filosofia all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, ha parlato della guerra tra Hamas e Israele sulle pagine del Mattino, soffermandosi in particolare sulla diffusione sempre maggiore dei gesti, anche violenti, di odio nei confronti degli ebrei. “È il vecchio antisionismo“, spiega, “che riemerge in forma accentuata ogni volta che si apre una fase acuta nel conflitto arabo-israeliano”.
Secondo Assael, ora come ora “ci troviamo di fronte a una crisi drammaticamente acuta” con l’attacco perpetrato da Hamas che ricorda “episodi delle pagine più buie della storia europea, della Seconda guerra mondiale e verificatesi nell’ex Jugoslavia”. Una crisi che, peraltro, si è sviluppata “nelle debolezze delle élite intellettuali arabe e anche ebraiche e occidentali, nel loro silenzio sostanziale, nell’assenza di elementi critici di giudizio”. Così, secondo Assael, si è finiti per alimentare un circolo sempre più negativo di antisemitismo, al quale hanno contribuito anche “le associazioni e i sindacati di finto umanitarismo”, citando per esempio, Amnesty International.
Assael: “Le élite intellettuali mascherano l’odio con posizioni politiche”
L’associazione, che Assael ci tiene a sottolineare “ha per scopo istituzionale il fare del bene” che non vuole “mettere in discussione e, anzi, continuerò a sostenere”, nel momento in cui adotta “uno sguardo ideologico, esercita una funzione che favorisce il recupero di tutti gli stereotipi verso gli ebrei“, che a livello strategico finisce per “avvantaggiare Hamas” alimentando l’odio tra le masse islamiche e tra quelle occidentali “capitanate da un’élite intellettuale capace di mascherare il suo odio con pseudo posizioni politiche piene di distinguo”.
Per uscire da questa spirale infinita di odio, secondo Assael è importante “ripensare gli ideali egualitari e libertari, declinandoli in maniera diversa spogliandosi dalle tentazioni assimilatorie e mostrando cura per le identità specifiche”. Fino ad ora, infatti, ha regnato “una sorta di dogma in base al quale tutte le culture dovevano andare a concorrere in un unico paradigma, su una linea che conduceva allo sciogliersi di tutte le identità in una forma ideal-generica”, ma il punto di rottura, secondo Assael, è stato “accorgersi che non si era tenuto conto dell’esistenza irriducibile delle identità specifiche, del problema della minoranza, della salvaguardia delle differenze“.