In questi giorni abbiamo sentito dalle massime autorità politiche americane la necessità che Israele, durante la sua offensiva a Gaza, salvaguardi la vita dei civili. È una raccomandazione certamente comprensibile, ma quantomeno inconsueta rispetto al modo di operare delle forze armate americane, ad esempio in Afghanistan. Durante la guerra in Afghanistan, infatti, come abbiamo saputo grazie soprattutto alle rivelazioni di WikiLeaks, confermate dai principali quotidiani internazionali, le forze armate americane hanno operato in dispregio di qualunque rispetto dei diritti umani. Grazie al saggio di Kevin Gosztola Il caso Assange (Piemme 2023) abbiamo una visione chiara degli abusi posti in essere da Obama e da Trump – oltre che dell’FBI e della CIA – nei confronti di Snowden e Assange, ma anche nei confronti dei civili iracheni.



Stando a quanto rivelato dal Guardian, per esempio, una pattuglia americana avrebbe “mitragliato un autobus” uccidendo o ferendo quindici passeggeri. Rachel Reid, una ricercatrice di Human Rights Watch, ha detto che “l’occultamento delle vittime civili” era “una tendenza costante” delle forze americane e Nato. Una delle rivelazioni più scottanti riguardava la squadra nota come Task Force 373, alla quale Der Spiegel ha dedicato una storia di copertina. La squadra era composta da Navy Seals e membri della Delta Force e aveva una lista segreta di obiettivi nemici nota come “Joint Prioritized Effects List”. Durante una missione organizzata per uccidere l’esponente di spicco di al-Qaida Abu Laith al-Libi la Task Force 373 stava sorvegliando una scuola coranica nella quale riteneva che al-Libi fosse nascosto da diversi giorni. Quando è arrivato l’ordine di attacco, la squadra ha ucciso sette bambini con cinque missili americani. Al-Libi non è stato ucciso.



Ma ci sono rapporti che contengono dettagli relativi a Frago 242, un ordine militare che vi compare più di mille volte. Come riportato a giugno dal Guardian, si tratta di un ordine emanato nel 2004 che istruiva le truppe della coalizione a non indagare su violazioni delle regole di ingaggio, quali gli abusi sui detenuti, a meno che non coinvolgessero direttamente le truppe della coalizione. Se gli abusi erano stati commessi da forze irachene contro civili iracheni, era sufficiente stendere un primo rapporto. Non era richiesta alcuna indagine ulteriore a meno che non fosse ordinata dagli ufficiali in comando. Grazie a questa norma, le forze americane potevano fare affidamento sulla brutalità sistematica delle agenzie di sicurezza irachene, una caratteristica del regime del presidente Saddam Hussein, e approfittare delle torture inflitte dalle forze irachene.



Le truppe della coalizione mantenevano la sicurezza facendo affidamento sulla brutalità caotica dei nuovi gruppi criminali, politici e confessionali emersi dopo l’invasione. Questi gruppi avevano infiltrato la polizia e l’esercito dell’Iraq e usavano le prigioni irachene per le loro vendette private. I torturatori sapevano che non vi sarebbero state conseguenze in caso di trattamenti brutali ai danni di iracheni inermi. Legati, imbavagliati, bendati e isolati, riportava il Guardian, gli iracheni venivano percossi da uomini in divisa con cavi elettrici, sbarre metalliche, tubi di gomma, bastoni di legno, antenne della televisione, tubi idraulici in plastica, cinghie di ventole di motori o catene. I detenuti sopportavano molestie e stupri o venivano torturati con acidi, sigarette, pinze, acqua bollente o peperoncini piccanti.

I documenti contenevano anche rivelazioni che riguardavano la “Wolf Brigade” (o Batallion), una squadra di torturatori creata e sostenuta dalle forze americane nel tentativo di reimpiegare membri della guardia repubblicana di Saddam Hussein. Gli appartenenti alla brigata indossavano berretti rossi, occhiali da sole e passamontagna e si spostavano in convogli di Toyota Land Cruisers, sempre secondo il Guardian, che ha rivelato che picchiavano i prigionieri, traumatizzavano i detenuti con trapani elettrici e a volte giustiziavano le loro vittime. Un rapporto del 14 dicembre 2005 rivela che gli americani, quando interrogavano i detenuti, li minacciavano di consegnarli alla Wolf Brigade. Secondo il Bureau of Investigative Journalism sono stati più di 1.300 i casi individuali di torture e abusi praticati da iracheni su detenuti iracheni all’interno di stazioni di polizia e basi militari che implicavano le forze della coalizione per aver assistito agli episodi o fatto rapporto in merito.

Un iracheno maschio su cinquanta era stato catturato dalle forze irachene spalleggiate dagli americani. Più di 300 rapporti riservati documentavano casi di torture e abusi commessi dopo lo scandalo di Abu Ghraib dell’aprile del 2004. I rapporti che parlavano di torture da parte delle forze irachene presso i centri di detenzione hanno dato il via a una indagine del Guardian e di BBC Arabic che ha rivelato che il colonnello James Steele, un veterano delle forze speciali in pensione, noto per la sua partecipazione a guerre sporche in America Centrale, era il responsabile dei centri detenzione in cui le unità commando della polizia praticavano le torture che hanno accelerato la discesa (dell’Iraq) nella guerra civile. Steele era stato incaricato dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld di contribuire a organizzare i paramilitari allo scopo di soffocare un’insurrezione sunnita. L’indagine ha scoperto anche il ruolo avuto nelle torture da James H. Coffman, un consulente del generale David Petraeus. Coffman, un colonnello in pensione, è stato mandato in Iraq nel giugno del 2004 per organizzare e addestrare le nuove forze di sicurezza irachene. Accanto a questi casi documentati ce ne sono altrettanti di soggetti che sono stati sottoposti a torture in prigioni segrete.

Uno di questi testimoni era Abu Zubaydah, sottoposto ottantatré volte a waterboarding in una prigione segreta della CIA in Thailandia. Ha trascorso diversi anni sotto il controllo della CIA prima di essere trasferito a Guantanamo nel 2006. Nel febbraio del 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Polonia a versare un risarcimento di 100mila euro per il suo coinvolgimento nella detenzione di Zubaydah. Abd al Rahim al Nashiri è stato torturato nella stessa prigione di Zubaydah. Ibn al-Shaykh al-Libi è stato prelevato dalla CIA in Egitto e poi torturato.

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