In una dichiarazione che ha sollevato tanti interrogativi quanto clamore, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha recentemente accusato Israele di finanziare il gruppo militante Hamas. Questa affermazione, sebbene audace, non emerge in un vuoto politico, ma riflette una complessa rete di strategie e contraddizioni nella regione. Durante una cerimonia all’Università di Valladolid, Borrell ha delineato una narrativa in cui Israele, ironicamente, avrebbe finanziato il suo nemico giurato per indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese. Tale mossa, suggerisce Borrell, è una strategia calcolata per mantenere un equilibrio di potere frazionato all’interno dei territori palestinesi.



Il governo israeliano, guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, ha rapidamente respinto queste accuse. Ophir Falk, consigliere per la politica estera di Netanyahu, ha sottolineato le operazioni militari su larga scala contro Hamas come prova dell’opposto. Tuttavia l’analisi di questa dinamica richiede una comprensione più sfumata. L’accettazione di finanziamenti qatarioti a Gaza, che il governo di Netanyahu ha permesso dal 2018, solleva questioni complesse. Ufficialmente, questa strategia è stata presentata come un tentativo di moderare Hamas, incentivando il gruppo a concentrarsi sulla governance piuttosto che sulla componente militante. Tuttavia, questa politica potrebbe anche essere interpretata come un tentativo di dividere ulteriormente il panorama politico palestinese, consolidando la divisione tra Hamas e l’Autorità Palestinese.



Queste mosse di Israele, e le conseguenti reazioni internazionali, si inseriscono in un contesto più ampio di equilibri geopolitici in Medio Oriente. La dichiarazione di Borrell, sebbene controversa, mette in luce la complessità delle strategie israeliane nella regione, nonché la difficoltà di trovare una soluzione sostenibile al conflitto israelo-palestinese.

In questo intricato contesto, le recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, su una possibile soluzione a due Stati, anche sotto la leadership di Netanyahu, sembrano quasi utopiche. La realtà, come sempre in Medio oriente, è assai più complicata e sfuggente. Mentre gli osservatori internazionali continuano a seguire con attenzione gli sviluppi, le parole di Borrell rimangono un campanello d’allarme su una realtà politica che, seppur celata, influenza profondamente la vita quotidiana in questa regione sempre più turbolenta.



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