I Governi europei sono pronti a varare nuove sanzioni contro la Russia, ma restano divisi sull’opportunità di includervi anche le forniture di gas. Vi sono infatti Paesi, come l’Italia e la Germania, che rischiano di subire pesanti ripercussioni economiche, oltre a quelle già rese evidenti dal calo delle stime di crescita per l’anno in corso e dal continuo rialzo dell’inflazione.
Dall’Olanda è intanto arrivata, tramite il ministro delle Finanze Sigrid Kaag, un’apertura sulla possibilità di estendere la sospensione delle regole del Patto di stabilità anche al 2023. Abbiamo fatto il punto con Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale.
L’Europa può realmente pensare a nuove sanzioni contro la Russia senza subirne troppo i contraccolpi?
La scoperta nei giorni scorsi delle enormi atrocità compiute dai militari russi in Ucraina impone di intensificare la stretta delle sanzioni. Quelle adottate finora, infatti, non hanno portato al collasso finanziario di Mosca prospettato dall’Occidente, anzi, il rublo si è persino ripreso dopo il crollo iniziale. L’opinione pubblica occidentale richiede alla politica l’introduzione di nuove sanzioni sulle forniture energetiche, quelle che garantiscono, mediante introiti pari a circa 800 milioni di euro al giorno, linfa vitale alla campagna militare di Putin. Si tratta di misure che avranno ricadute anche sull’economia europea e anche per questo l’approccio che si va delineando è colpire petrolio e carbone piuttosto che il gas. Non solo per il più basso livello di dipendenza, ma anche per la minore difficoltà a trovare alternative, sia pure più costose.
I Paesi che sono più dipendenti dal gas russo sono Italia e Germania. Sono realmente sullo stesso piano?
No, la Germania ha un duplice vantaggio sull’Italia. Il primo è uno spazio fiscale assai più ampio, avendo un debito pubblico su Pil tra i più bassi in Europa. Il secondo, meno evidente nelle statistiche, è la maggiore efficienza del sistema-Paese che le consentirà in un tempo relativamente breve di ricalibrare la propria politica energetica meglio e più di altri Paesi, tra cui l’Italia.
Dunque la nostra è la situazione peggiore…
L’Italia sconta una difficoltà maggiore rispetto agli altri Paesi non solo per una ripresa più fragile e un’alta dipendenza dal gas russo, ma soprattutto per l’inefficienza del sistema-Paese che rende più difficile ristrutturare la sua politica energetica in breve tempo. Proprio su questo tema cruciale, dall’esterno si ha la percezione di un Governo in difficoltà. La priorità è la crisi energetica, ma il dibattito pare incentrato su altri temi come la riforma fiscale – tema senz’altro importante ma in questo preciso momento meno strategico della crisi energetica che, nostro malgrado, rischia di investirci a breve. Sembra, sempre dall’esterno, che non venga data la dovuta importanza a una questione di assoluta priorità, oppure se viene data vi è forse un deficit di comunicazione.
La questione energetica deve essere però al centro dell’agenda europea.
Assolutamente. Nonostante le sanzioni e la reazione dei Governi occidentali, la guerra si va inasprendo e occorre prepararsi a una sua durata più estesa che magari prima non era ipotizzabile. La ricalibrazione del mix energetico, che avrà implicazioni di lungo termine, con investimenti e contratti pluriennali, deve avvenire anche tramite una collaborazione tra Ue e Usa, senza dimenticare che le forniture di Gnl via nave avvantaggiano gli Stati Uniti che diventano beneficiari netti di questa ricalibrazione. È necessario, quindi, che vi sia una qualche forma di ribilanciamento degli oneri, di una compensazione. In altre parole, per sostenere nel tempo la coesione del fronte occidentale contro la Russia occorre che non si creino asimmetrie eccessive tra le due sponde dell’Atlantico.
Il rialzo dei prezzi energetici sta intanto continuando ad alimentare la fiammata inflazionistica in Europa. La Bce dovrà rivedere le sue scelte?
Occorre un po’ di lungimiranza da parte dell’autorità monetaria, perché la crescita dell’inflazione ha una precisa matrice, una dinamica molto specifica, che ha origine nel mercato dell’energia, dove anche la speculazione contribuisce al rialzo dei prezzi. Un rialzo che non sembra essersi esteso al mercato del lavoro, anzi, il rallentamento della crescita, particolarmente visibile in Italia, probabilmente dovrebbe portare la Bce a una maggiore cautela rispetto alla volontà di imboccare la strada della normalizzazione della politica monetaria in tempi brevi: una prudenza che, a mio avviso, non ha caratterizzato l’ultimo incontro del Consiglio direttivo a marzo.
Cosa pensa dell’apertura arrivata dall’Olanda sul prolungamento della sospensione delle regole del Patto di stabilità anche nel 2023?
Credo che l’Olanda abbia esercitato una buona dose di realismo, dovuta a una lettura dell’economia europea che non è particolarmente rosea. Probabilmente si temono i contraccolpi della guerra sulle prospettive di crescita al punto di eliminare qualsiasi riserva finora avuta sulla sospensione delle regole del Patto di stabilità per il prossimo anno. È nell’interesse di tutti mitigare i contraccolpi della guerra e dell’incertezza che le è associata sulle prospettive di crescita. Se guardiamo al taglio delle stime relative al Pil di quest’anno (da quasi il 5% a meno del 3%), per l’Italia tutto questo si traduce almeno in due punti percentuali di crescita in meno, un gap destinato ad aumentare se la crisi non si stabilizza a breve.
Pensa che se la Bce rivedesse le sue decisioni e la Commissione europea sospendesse le regole del Patto di stabilità anche per l’anno prossimo sarebbe più facile superare le divisioni tra i Paesi membri e varare sanzioni relative anche al gas russo?
Credo che l’ondata di indignazione generata dalle immagini di Bucha faccia sì che l’opinione pubblica occidentale sia disposta a sopportare dei sacrifici che fino all’altro giorno avrebbe accettato con maggiore difficoltà. Poiché stiamo entrando in una nuova fase del conflitto, apprestandoci a considerare sanzioni in aree che fino a oggi erano state escluse, è importante che venga attivata una cintura di protezione, un argine, quanto più elevato possibile, da parte della Commissione europea e della Bce. Sospendere il Patto di stabilità anche per il prossimo anno sarebbe una decisione improntata al realismo. Il mio auspicio è che anche la Bce possa agire con maggiore prudenza rispetto a quanto accaduto a marzo perché occorre proteggere l’economia dell’Eurozona dalla crisi in atto, le cui conseguenze, a mio avviso, sono state inizialmente sottovalutate.
Anche con questo argine europeo resterebbe poi il problema per l’Italia di agire per non trovarsi in difficoltà una volta finita la fase degli aiuti e dei sostegni…
Esattamente. Le istituzioni europee possono creare un contesto che faciliti e renda più efficaci le iniziative nazionali. Spetterà poi al Governo italiano mettere in campo una politica energetica che soddisfi le esigenze della nostra sicurezza economica nazionale, per esempio attivando tutte le possibilità estrattive che il sottosuolo italiano presenta e cercando di alleggerire il fardello burocratico riguardante la costruzione di nuovi impianti. Tuttavia, come dicevo prima, si ha la percezione che il Governo italiano sia un po’ in affanno e non abbia quindi la forza di adottare le iniziative più efficaci su questo fronte, nei tempi serrati dettati dalla grave crisi che stiamo fronteggiando.
(Lorenzo Torrisi)
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