Troppo spesso quando si parla di 5G a livello di competizione globale fra Usa e Cina si dimentica che la tecnologia del 5G dipende strettamente dalla presenza e dall’estrazione delle terre rare il cui monopolio, almeno fino a questo momento, è esercitato dalla Cina e non dagli Stati Uniti.

Lo sfruttamento delle terre rare incominciò all’incirca nel 1940. Come è noto, da un punto di vista geologico ma anche strettamente tecnologico le terre rare contengono minerali presenti in minuscole quantità sulla crosta terrestre e sono naturalmente miscelati con altri metalli più abbondanti come per esempio il ferro o l’alluminio. Di conseguenza per ottenere qualche chilo di terre rare è necessario estrarre tonnellate di materia dal suolo con implicazioni, a livello di impatto ecologico, estremamente rilevanti.



Quando negli anni 80 la coscienza ecologica degli occidentali si svegliò, nacque l’interrogativo sulla compatibilità ecologica delle operazioni di estrazione.

Infatti l’estrazione di terre rare è estremamente inquinante, costosa e consuma molta energia. Il processo di estrazione utilizza molta acqua e sostanze chimiche, nonché una quantità significativa di sostanze radioattive come uranio, torio o altre sostanze ugualmente dannose che determiniamo inquinamento del suolo e delle acque. Inoltre i rifiuti di questa estrazione contengono sostanze altamente inquinanti e cancerogene. Proprio per questa ragione la Cina sta pagando un prezzo altissimo: alludiamo per esempio alla esistenza di vere propri “villaggi del cancro” abitati da operai che, lavorando per l’estrazione di terre rare, sono condannati almeno fino a questo momento ad avere malattie cancerogene per la presenza di un’altissima concentrazione di metalli pesanti nel suolo.



Sotto il profilo della competitività globale gli Stati Uniti stanno gradualmente perdendo il loro monopolio a favore dei cinesi, che controllano il 90% della produzione di terre rare a livello globale.

La Cina, pienamente consapevole da un punto di vista strategico del ruolo fondamentale delle terre rare, ha come suo obiettivo non solo il controllo delle esportazioni ma soprattutto – tenendo presente che le terre rare sono onnipresenti a livello tecnologico sia nell’ambito civile che nell’ambito industriale – può, attraverso l’embargo, esercitare una pressione di natura economica fondamentale.



A tale proposito pensiamo proprio all’embargo del 2010 nei confronti del Giappone, determinato da una una delle ricorrenti e sempre più frequenti crisi diplomatiche fra il Giappone e la Cina. L’economia giapponese, come ampiamente noto, si concentra prevalentemente sulle innovazioni tecnologiche e quindi dipende dalle terre rare. Inoltre, sempre nel contesto della competizione globale, la Cina essendo stata in grado di conseguire il monopolio alla fine degli anni 90 anche delle tecnologie dei magneti, che fino a quel momento era stato nelle mani degli Usa, esercita di fatto un controllo implicito sull’innovazione tecnologica in ambito militare.

Se infatti la Cina decidesse in modo unilaterale di ridurre le proprie esportazioni di terre rare, per esempio verso gli Stati Uniti, l’impatto sarebbe considerevole sull’economia della prima potenza e sui membri della Nato, che si trovano in questo momento in una situazione di evidente dipendenza strategica. Insomma la Cina è in possesso di una formidabile arma di pressione economica proprio in un momento molto delicato in relazione all’uso della tecnologia del 5G.