La guerra sull‘import di chip tra Stati Uniti e Cina, provocherà grandi danni economici secondo il Ceo di Nvidia, senza l’apporto del mercato cinese sarà crisi. Jen-Hsun Huang, presidente taiwanese della compagnia tecnologica, ha dichiarato al Financial Times che “i controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti introdotti dall’amministrazione Biden per rallentare la produzione di semiconduttori cinesi hanno lasciato il gruppo della Silicon Valley con le mani legate dietro la schiena”.



Il manager avverte inoltre che la Cina, a causa di queste restrizioni da tempo sta investendo per competere a livello mondiale nella produzione, ed ultimamente le industrie di Pechino sono arrivate ad uno sviluppo tale da paragonare i prodotti a quelli commercializzati dalla Nvidia, leader di mercato soprattutto per quanto riguarda chip e processori usati nella grafica dei videogames o i nuovi software di intelligenza artificiale. Perdere la quota di export cinese quindi equivale a creare conseguenze ben peggiori di quelle provocate sulla Cina, che a differenza delle industrie Usa, può contare su prodotti alternativi equivalenti per l’apprivvigionamento, senza troppe ripercussioni economiche.



Guerra dei chip Usa-Cina, Ceo Nvidia: “Il mercato cinese non può essere sostituito”

Jen-Hsun Huang, il presidente della compagnia Nvidia, colosso dell’hi-tech statunitense, ha commentato al Financial Times le ultime decisioni del governo Usa di voler imporre veti all’export di processori verso Pechino. Soprattutto dopo la risposta della Cina, che a sua volta ha decretato il ban ai chip della Micron,  ha detto Huang, che “C’è un serio rischio di mettere in crisi un intero settore, che conta sul mercato cinese per riprendersi, dopo il fallimento della SVB Bank“.



La Cina infatti rappresenta circa un terzo di tutte le esportazioni da parte dell’America e quindi, ha dichiarato il manager “Non possiamo farne a meno, sia per la vendita di componenti che per i prodotti finiti“. Ed ha aggiunto ” Non possiamo perderla nè sostituirla con nessun altro paese. Di Cina ce ne è una sola“. Inoltre, conclude, “Così si rischia anche di accelerare lo sviluppo tecnologico del paese che punta sempre più ad essere indipendente“.