Le ultime telefonate intercorse tra Macron, Scholz e Draghi con Putin rappresentano non solo una riapertura del dialogo, ma soprattutto il tentativo di sbloccare quella guerra del grano che spaventa tutto il mondo. Con i 22 milioni di tonnellate di cereali ferme sulle navi mercantili bloccate nel porto di Odessa, infatti, la paura è quella di una carestia mondiale che possa cominciare da quei paesi del Nord Africa come Egitto e Tunisia, arrivare in Siria e Libano che già soffrono di problemi enormi, e poi dilagare nel resto del mondo.



Per questo l’attività della diplomazia occidentale si è fatta frenetica: l’Unione Europea ha messo a punto una missione navale per aiutare a esportare il grano ucraino, a cui dovrebbe partecipare anche l’Italia inviando due unità specializzate nello sminamento. Putin, che si è dimostrato aperto alla discussione di queste eventualità, ha però detto in modo categorico che per aprire un canale di passaggio delle navi mercantili è necessario fermare l’invio delle armi in Ucraina. Ne abbiamo parlato con il generale Giuseppe Morabitodiverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation. 



Diventa sempre più impellente riaprire la via del commercio dei cereali, ma per far ciò è necessario sbloccare il porto di Odessa.

Si tratta di aprire una striscia di percorso marino per l’esportazione di cereali dal porto di Odessa, ma ovviamente Putin vuole qualcosa in cambio.

Anche l’Italia si è impegnata in questa operazione, promettendo l’invio di due unità specializzate nello sminamento.

È una cosa molto positiva. Gli italiani sono tra i migliori al mondo in questo genere di operazioni, sicuramente il nostro Paese farebbe una bella figura, però bisogna sapere che condizioni di sicurezza ci sono. Si tratta di un tipo di operazione molto pericolosa. Per essere fatta in sicurezza ci vogliono accordi chiari: occorre che le navi impegnate a sminare non siano minacciate da una parte e dall’altra.



Questo è il problema: sappiamo che il porto di Odessa è stato minato dagli ucraini per impedire ai russi di avvicinarsi o addirittura di sbarcare. Allo stesso tempo altre fonti parlano di almeno 500 mine di fabbricazione sovietica gettate in tutto il Mar Nero. Nel porto di Odessa sarebbero bloccate almeno 84 navi mercantili e nei silos 20 milioni di tonnellate di cereali. Come risolvere questa situazione?

Il porto è stato minato a inizio guerra dagli ucraini, che diffusero anche un bollettino ufficiale per avvisare i naviganti del pericolo. Una operazione per far sì che le navi russe non entrassero nel porto. È impossibile sminare l’intero Mar Nero, basterebbe fare una striscia di mare libero in cui le navi mercantili possono passare.

Che tipo di mine vengono usate in queste situazioni?

Ce ne sono essenzialmente di due tipi. Alcune vengono posate sul fondo e esplodono quando i sensori avvertono il passaggio di una nave nel vicinanze. Altre più economiche sono ancorate sul fondo e vengono trattenute quasi a pelo d’acqua da una catena che impedisce loro di galleggiare ed essere quindi scoperte. Il Mar Nero, nella parte settentrionale e occidentale, quella di Odessa, è poco profondo, e spesso queste mine si staccano e sono state viste galleggiare alla deriva.

C’è poi il problema che la Turchia in base al vecchio trattato del 1936 ha chiuso il passaggio del Bosforo e dei Dardanelli a qualunque nave.

La Turchia ha le chiavi dello stretto, bisogna vere cosa chiede in cambio. In questo momento è interesse precipuo anche della Turchia che si riaprano le rotte commerciali, avendo anch’essa molte navi ferme a Odessa.

Tornando al problema principale, Putin si è detto pronto a collaborare per riaprire il passaggio delle navi a patto che l’occidente non mandi più armi a Kiev. Dunque?

Il nodo della questione sono i missili a medio raggio, che hanno 500 chilometri di gittata. Possono arrivare a colpire i centri logistici su territorio russo e sarebbe una escalation imperdonabile. Infatti lo stesso Biden ha detto nelle ultime ore che non invieranno questo tipo di armamenti. 

In questo quadro di guerra del grano non solo l’Ucraina non può esportare i cereali, ma neanche la Russia, non è così?

Intanto la Russia lo può usare per il proprio fabbisogno interno, visto che è colpita da sanzioni molto forti ne ha bisogno. Poi può usare la Via della seta, la rete ferroviaria che dalla Cina, passando dalla Russia, arrivava in Ucraina e in Germania. Adesso possono inviare il proprio cereale in Cina che non avrà problemi a smerciarlo nel mondo.

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