Lo slittamento della votazione che avrebbe messo al bando i motori termici nel 2035, fortemente voluta in seno all’Ue, ha fatto tirare un sospiro di sollievo a non poche imprese italiane.

L’Italia si è messa di traverso (con al seguito Polonia e altri Paesi dell’Est) e la Germania ha fatto altrettanto: i due Paesi, infatti, stanno puntando sui biocarburanti che potrebbero mettere ko il mercato dell’elettrico. Un colpo che porterebbe aziende produttrici come Eni all’apice della piramide economica europea e soprattutto tale scelta darebbe all’Italia l’opportunità di diventare un vero e proprio hub energetico.



Cosa sono efuel e biocarburanti?

I carburanti sintetici (efuel) usano energia per scomporre l’acqua in ossigeno e idrogeno, ricombinandolo con CO2 per ottenere e-metanolo. I biocarburanti invece utilizzano le biomasse ricavate dagli scarti vegetali e alimentari. La CP2 necessaria a generarli arriva dall’atmosfera e terminato il ciclo tornerà da dove viene, di fatto proponendo una notevole sostenibilità ed emissioni fortemente ridotte.



La convenienza

Per l’utilizzo non serve modificare le auto, non sono necessarie colonnine ad hoc, il trasporto costa poco e permette lunghi tragitti. L’emissione d’ossidi d’azoto e particolato è ridotta rispetto alla normale benzina o diesel. Questa soluzione non è una panacea ecologia, ma ci eviterà la distruzione industriale, in attesa di poter utilizzare delle batterie migliori, smaltibili senza i processi odierni e soprattutto in grado d’interessare il traffico pesante commerciale (cosa oggi praticamente impossibile).

In Italia l’Eni ha lanciato (già presente in pompa) un biodisel che si chiama HVOlution ed è composto al 100% da olio vegetale e idrogenato. Rappresenta un gasolio rinnovabile prodotto da materie prime di scarto, residui vegetali e da oli generati da colture (non in competizione con la filiera alimentare), oltre a olio esausto (altro brevetto italiano che l’Ue ha sempre snobbato, datato anni ’80, che di fatto ricicla l’olio esausto, eliminato tramite inquinante combustione da Germania e Francia…).



Per ottenere questa miscela speciale, Eni ha siglato accordi e partnership mondiali in diversi Paesi dell’Africa, come Kenya, Mozambico e Congo. In queste aree, la società sta sviluppando alcuni agri-hub che serviranno per produrre parte del carburante che verrà successivamente trattato nelle raffinerie italiane, com quella di  Gela. HVOlution non è un carburante a zero impronta carbonica, ma la stima di riduzione dell’emissione di CO2 è tra il 65% e il 94% con i motori di nuova generazione che verranno prodotti (se l’Ue non blocca il tutto…). Attualmente il prezzo alla pompa equivale al diesel, ma è “retto” dagli attuali euro 5 e 6 diesel. Le stime che davano gli efuel tra i 3 e i 4 euro al litro sono state disattese, anzi il prezzo potrebbe scendere già nei prossimi mesi.

L’asse Italia-Germania

Eni ha messo l’Italia in una posizione di vantaggio tecnologico e visto che anche la Germania produce biocarburanti la partita potrebbe essere giocata da Berlino e Roma, in vantaggio su Parigi (il resto d’Europa sarebbe solo mercato di vendita, produzioni e brevetti sono saldamente in mano italiana e tedesca).

Per fare questo salto serve un passaggio legislativo in seno all’Ue, la nostra governance politica deve impegnarsi mettendo al centro dell’agenda l’interesse nazionale.

Non è solo una questione di biocarburanti, Eni e Leonardo in partnership stanno lavorando a un propellente per i razzi spaziali, altro aspetto d’interesse nazionale che proietta il nostro Paese tra i leader della space economy, che ormai è la vera sfida del prossimo decennio.

Serve riportare l’Italia al centro dell’Europa, serve visione e applicazione della nostra genialità.

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