La guerra energetica con la Russia ha affossato l’economia e l’industria europea. Inoltre, gli shock di offerta del gas si sono rivelati, nel lungo periodo, di gran lunga più deleteri di quelli legato al petrolio. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, la crisi nella fornitura di metano vissuta dall’Unione europea ha avuto un impatto pari al doppio rispetto alla crisi del greggio, in termini di aumento dei prezzi e proiettandola nell’orizzonte di un anno. Queste sono alcune delle conclusioni dello studio di Banca d’Italia “Gas naturale e macroeconomia: non tutti gli shock energetici sono uguali“, che ha esaminato gli effetti della crisi dell’energia in due anni. Se pensiamo al taglio di spedizioni di greggio adottato da alcuni Paesi del Medio Oriente in passato durante le molteplici tensioni geopolitiche, allora i tagli alle forniture della Russia contro l’Ue in risposta alle sanzioni si sono rivelate ben più distruttive.
Per la prima volta rispetto al passato, l’Europa ha sperimentato l’improvvisa carenza di forniture di gas, che ha colpito famiglie e imprese europee. Lo studio di Bankitalia evidenzia che gli shock negativi sulle forniture di metano sono “stagflazionistici“. Il loro impatto si manifesta in maniera più graduale rispetto alle crisi petrolifere, da cui discende un aumento di prezzi di benzina e carburanti. Anche se progressivi, gli effetti legati al metano sono maggiori, duraturi e difficili da curare. “Gli shock petroliferi provocano un improvviso aumento dei prezzi dell’energia che si propaga alla componente ‘core’ dell’indice dei prezzi al consumo nel giro di pochi mesi“, è scritto nello studio di Bankitalia. Invece, gli shock del gas “provocano un lento aumento dei prezzi dell’energia e un aumento ancora più lento dei prezzi dei beni primari, con un picco che si verifica quasi due anni dopo lo shock“.
LA PORTATA DELLA CRISI DEL GAS
I tempi di propagazione degli effetti causati da uno shock sono diversi. Nel caso del metano, ad esempio, possono continuare a manifestarsi anche due anni dopo la crisi, ed è il motivo per il quale l’inflazione è ancora alta e i tassi praticati dalla Bce resteranno alti a lungo. Nel frattempo, l’Ue ha sostituito le forniture di gas russo e riempito gli stoccaggi in anticipo, ma la gradualità della propagazione è legata alla struttura del mercato del gas, in cui gli scambi sono regolati da contratti a lungo termine e i prezzi all’ingrosso non condizionano subito quelli al dettaglio, sia all’uso del gas nella produzione di energia elettrica, i cui prezzi si adeguano con ritardo alle variazioni dei costi degli input energetici.
Entrando nel merito dei numeri, un aumento del 5% dei prezzi del gas sul mercato europeo di Amsterdam TTF causa un aumento del 2% della componente energetica dei prezzi al consumo, una crescita dello 0,2% dell’inflazione di fondo e una contrazione dello 0,5% della produzione industriale. Sembra poco, ma il costo del gas prima della guerra era sui 20 euro per megawattora, mentre al picco ad agosto 2022 è arrivato a 340 euro per megawattora, quasi il 1000% in più. Questo incremento non è rimasto stabile durante la crisi, ma ciò aiuta a capire la portata della crisi del gas e come questa abbia prodotto conseguenze su prezzi e produzione industriale così forti da non essersi esaurite ancora.
“SCARSITA’ GAS FATTORE CHIAVE DELL’INFLAZIONE”
Il documento degli esperti di Bankitalia segnala, comunque, che le stime “vanno interpretate con cautela date le difficoltà del modello (lineare) nel catturare le dinamiche esplosive del prezzo del gas tra il 2021 e il 2022“. Resta però il fatto che “la trasmissione complessiva all’inflazione core, definita come il rapporto tra le risposte cumulative dei prezzi core e dell’energia sull’orizzonte di un anno, è di circa l’8% per gli shock del gas e del 4% per gli shock petroliferi“. Pertanto, l’impatto della crisi del gas è pari al doppio rispetto a una crisi del greggio, in quanto nel secondo caso si creano reazioni immediate e di breve periodo, che si attenuano altrettanto rapidamente, “lasciando l’inflazione core relativamente inalterata“. Invece, gli shock del gas aumentano in maniera significativa i prezzi dell’energia e dei beni primari su orizzonti più lunghi.
E gli effetti sono deleteri anche sulla produzione industriale, visto che alcuni Paesi, soprattutto quelli che dipendono di più dal metano per la produzione di energia elettrica, pagano un costo maggiore, come Italia, Grecia e Spagna. “Le nostre stime suggeriscono che la scarsità di gas causata dalla guerra sia stata un fattore chiave all’origine dell’impennata dell’inflazione in Europa nel 2022, e che probabilmente le sue ripercussioni si faranno sentire per tutto il 2023“, aggiungono gli esperti di Bankitalia autori dello studio.