“Ora nel mio ristorante a Kiev ci sono circa 30 persone. La metà si protegge dalle bombe, l’altra metà cucina per i militari. Poi dipende dai giorni, quando suonano le sirene il numero aumenta”. A parlare è Levgen Klopogenko, unico ucraino nella lista “50 Next”, i talenti del futuro prossimo in cucina, che così racconta all’Ansa come in poche settimane la sua vita sia radicalmente cambiata. E come da una cucina fine dining, che proponeva menu creativi per poche persone ogni sera, sia passato a sfornare pasti per migliaia di persone, confezionati peraltro con i pochi ingredienti a disposizione in uno scenario bellico difficilissimo. “Per i primi tre giorni – ha detto Klopogenko sempre all’Ansa – abbiamo utilizzato gli ingredienti stoccati nelle celle frigo, ora sono i fornitori che ci aiutano con quello che possono. Un giorno pollo, un altro orate congelate, a volte solo verdure… Non sappiamo cosa cucineremo domani, dipende da quello che ci viene fornito. I negozi sono quasi vuoti e il poco che si trova è destinato alla popolazione. È già un problema trovare farina e cereali, perché sono i primi prodotti che tutta la gente ha accumulato in dispensa all’inizio degli attacchi”.



La storia di Klopogenko è però solo una delle tante che ci confermano come (anche) il mondo della ristorazione in Ucraina stia dando il proprio contributo alla resistenza e all’assistenza umanitaria. Un contributo dei singoli chef, certo, ma non solo. A scendere in campo in questi giorni ci sono infatti anche i volontari di World Central Kitchen (Wck), la rete che assiste i ristoranti partner nel mondo nelle grandi emergenze. L’associazione sta supportando i ristoranti locali nella preparazione dei pasti in cinque città ucraine, comprese Odessa e Leopoli. Ma i team di Wck sono presenti anche in Romania, Moldova, Ungheria e arriveranno presto in Slovacchia. Ma naturalmente alla lista non manca la frontiera più esposta, quella polacca. “Insieme a 26 ristoranti – fa sapere World Central Kitchen – abbiamo servito finora oltre 41.000 pasti e stiamo continuando a espandere i nostri sforzi nel Paese. A sostegno del gruppo locale Master’s Catering, il team sta poi allestendo una cucina a Krościenko dove avremo la capacità di cucinare 10.000 piatti di cibo ogni giorno”.



Intanto, dall’altro lato del conflitto, gli chef russi fanno i conti con le prese di posizione adottate a livello internazionale anche sul fronte della ristorazione. Nel Paese infatti, i ristoranti sono aperti, ma sono stati ufficialmente privati delle Stelle Michelin. E i loro cuochi sono stati esclusi dalla lista dei “The World’s 50 Best chefs”. Va detto però che chef, ristoratori, bartender, pasticceri e critici gastronomici non hanno mancato di esprimere il proprio dissenso alla guerra. In centinaia hanno firmato una lettera aperta per chiedere al Governo di Mosca che il conflitto “fratricida” venga fermato. Tra loro, gli autori Dmitry Grozny, critico gastronomico che lavora per l’agenzia di stampa MarketMedia, che ha sede a Mosca, e la collega Ekaterina Drozdova, giornalista, ristoratrice e attivista gastronomica. 



Ma la lista è lunga: tra chi ha deciso di sostenere la causa si contano tanti nomi di peso. Ci sono i professionisti che lavorano in ristoranti premiati negli scorsi giorni da Where To Eat Russia 2022, come Dmitry Blinov, Kristina Veselova, Igor Grishechkin. E ancora, ci sono la pastry chef di Beluga, Daria Shmarova, e lo chef Andrei Shmakov di Savva, entrambi ristoranti neo-stellati a Mosca nella prima edizione della Guida Michelin presentata lo scorso ottobre.

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