“Il governo è al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche” ed “è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia”: così Mario Draghi davanti al Parlamento. In pratica, è ufficialmente partita la caccia a nuove fonti di approvvigionamento per cercare di non farsi travolgere da un’eventuale emergenza energetica.
Sfida che si può vincere? “In giro per il mondo di gas sotto terra ce n’è tantissimo – risponde Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia -. Il problema è che ci serve adesso. Ma per averlo a disposizione serviranno anni. E’ una situazione drammatica”.
Ci sono, secondo lei, segnali di possibili interruzioni di gas dalla Russia?
Per fortuna non abbiamo avuto alcuna interruzione fisica di flussi, eccetto un forte calo nell’immediata vigilia dell’inizio dell’invasione russa: tra il 21 e il 23 febbraio le forniture erano scese intorno ai 20 milioni di metri cubi di gas. Negli ultimi giorni, però, siamo tornati ai soliti livelli molto elevati, intorno ai 70-80 milioni di metri cubi di gas al giorno.
E se si verificassero, andremmo incontro a problemi di forniture energetiche nel breve?
Se dovessero venir meno queste forniture, sarebbe un disastro, per noi sarebbe il collasso energetico.
L’Italia riceve dalla Russia il 40% del gas che utilizza. Possiamo sganciarci dalla dipendenza da Mosca?
La Russia, che ci consegna ogni anno 29 miliardi di metri cubi, è il nostro primo fornitore di energia ed è per noi impossibile sostituirli tutti.
Non saremmo quindi in grado di sostituirlo, perché non abbiamo una tale capacità di importazione?
Non sapremmo dove andare subito a prendere tutto quel gas, pur avendo una grande capacità di importazione di energia dall’estero. Mettendo insieme tutte le possibili alternative, potremmo arrivare a importarne 5, massimo 6 miliardi di metri cubi.
Dove sta il problema?
Il tempo gioca a sfavore. Nel campo energetico i tempi sono lunghissimi e viaggia su infrastrutture gigantesche, che collegano continenti e sono il risultato di investimenti ultradecennali. Fare tutto questo dall’oggi al domani è impossibile.
Per questo – ha detto Draghi nel suo intervento davanti al Parlamento – “dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili”. E’ la strada giusta?
Oggi ci troviamo tutti in questa carenza di capacità perché abbiamo creduto che fosse facile e sufficiente affidarsi alle rinnovabili, ma queste non ci sono nelle stesse quantità di cui avremmo bisogno. E’ un problema drammatico.
Già il prossimo inverno rischia di essere complicato e difficile?
Certo, questa è la prima preoccupazione. Qualora dovessero imporre alla Russia, già dalla prossima settimana, delle sanzioni dure, lo scenario cambierebbe di colpo. In peggio.
Di Maio è stato recentemente in Algeria, da cui già riceviamo gas. Il gasdotto Transmed può essere sfruttato meglio?
L’Algeria è ricca di gas, ne ha per l’eternità, ma è tutto sotto terra e per estrarlo bisogna affrontare ingenti investimenti. Ma nessuno se li è sobbarcati in questi anni, pertanto siamo un po’ scoperti. Tutt’al più se ne può ricavare qualcosa.
Non potremmo potenziare subito gli approvvigionamenti energetici dal Nordafrica e nel Mediterraneo?
Certo, possiamo e lo faremo sicuramente, anche dalla Libia, ma ci vorranno anni, è una soluzione difficilissima, di lungo termine.
La presenza dei russi in Libia potrebbe essere un ostacolo?
Non aiuta, è vero, ma non sarebbe un problema così insormontabile.
Il gas liquido dal Qatar potrebbe essere una valida alternativa in caso venisse a mancare il gas russo?
Anche nel caso del Qatar vale lo stesso discorso: hanno enormi riserve, ma bisogna andarle a prendere e per portarla a produzione si stima che ci vogliano non meno di 5 anni. Ad oggi potremmo ricavarne solo un mezzo miliardo di metri cubi all’anno.
Draghi ha detto che dobbiamo aumentare la nostra capacità di rigassificazione. Come?
Realizzando altri rigassificatori, come quello che già abbiamo a Rovigo, a Panigaglia. nel golfo di La Spezia, a Livorno. Abbiamo in piedi un progetto a Porto Empedocle e un altro a Brindisi. Attenzione però: è sempre un problema di tempo, i rigassificatori sono strutture complicatissime, richiedono un notevole utilizzo di acciaio e oggi in giro per il mondo di acciaio, che tra l’altro potrebbe arrivare anche dalla Russia e dall’Ucraina, non se ne trova molto. Prenda, per esempio, il progetto di Porto Empedocle, che è in fase molto avanzata: l’Enel ha già fatto sapere che ci vorranno almeno tre anni prima che sia perfettamente funzionante.
E sul raddoppio del gasdotto Tap, cui ha accennato Draghi?
Bene, ma anche per il Tap serviranno minimo due anni: si tratta di mettere altre turbine più potenti, per aumentarne la pressione, non di installare un altro tubo.
Nomisma Energia ha stimato in 55 miliardi di euro il costo extra che dovrà sopportare l’Italia per i prevedibili aumenti del prezzo del gas. In più lo stesso Draghi ha avvertito che “se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico”. Andremo incontro anche a possibili contingentamenti delle attività produttive?
Potremmo trovarci nella situazione che le centrali termoelettriche debbano essere alimentate anche a carbone e che a certe industrie possa essere richiesto di restare ferme, ricevendo dallo Stato delle compensazioni.
(Marco Biscella)
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