Ehud Olmert, ex premier israeliano, ha riflettuto sulla guerra tra Israele e Hamas sulle pagine del quotidiano La Stampa, puntando il dito contro l’attuale presidente Netanyahu che avrebbe innescato la crisi con le sua decisioni politiche. Ritiene, inoltre, che “parlare di compromesso diplomatico oggi non ha senso, non ci sarà altro che un’operazione brutale e sanguinaria, rispetto alla quale spero che Israele sappia creare le condizioni per ridurre al minimo i danni collaterali”.
Di contro, però, non crede che l’espansione della guerra tra Israele e Hamas sia così tanto vicina come molti credono, pur ammettendo che “il pericolo in Medio Oriente esiste per definizione”. Tuttavia, sottolinea che “la persona più interessata a evitare la rivolta [in Cisgiordania] sia il presidente palestinese, perché se le piazze si sollevassero sarebbe in primo luogo per rimuovere lui e portare al potere Hamas”. Positiva, in tal senso, secondo Olmert è la posizione degli USA che hanno apertamente minacciato l’Iran e Hezbollah di intervenire nel caso se schierassero contro Israele e a sostegno di Hamas, sottolineando come dubiti “che il regime iraniano voglia davvero i missili americani a Teheran”.
Olmert: “La crisi tra Israele e Hamas è stata causata da Netanyahu”
Analizzando, invece, quali siano le cause effettive del conflitto tra Israele e Hamas, Olmert punta direttamente il dito contro il presidente israeliano Netanyahu, accusando la sua retorica di essere “estremamente esasperata e inadeguata. La sua minaccia di distruggere tutto parla soprattutto alla sua base politica, profondamente frustrata dall’incapacità del governo nel prevenire l’attacco di Hamas. Sta provando a costruirsi una credibilità”, sostiene, “ma è al capolinea“.
Il fallimento dell’intelligence di Israele nel prevenire l’attacco di Hamas, secondo Olmert, sarebbe da imputare a “Netanyahu stesso, che ha preferito squalificare l’unico candidato reale per il negoziato, ossia l’Autorità Palestinese, e, rimuovendo Abu Mazen dalla scena, ha promosso i terroristi”, consentendo nel frattempo “l’afflusso di enormi quantità di denaro qatariano a Gaza”. Inoltre, secondo l’ex premier israeliano “il problema d’Israele oggi non è militare ma politico”, perché “pianificare la distruzione di Hamas per poi riprendere i negoziati per la soluzione due popoli per due stati sarebbe un discorso. Ma sappiamo tutti che dopo aver combattuto Hamas questo governo non farà nulla se non attendere la prossima guerra“.