C’è anche l’Iran dietro l’azione militare contro Israele: l’ammissione è arrivata da Hamas nelle ore successive al primo blitz. Ma i finanziatori del gruppo palestinese non sono solo a Teheran. Anzi, il sostegno all’organizzazione verrebbe principalmente dai Paesi del Golfo, soprattutto dall’Arabia Saudita. E anche, in qualche modo, dall’Occidente: gli aiuti umanitari arrivati in Palestina sarebbero stati usati, almeno in parte, anche per altri fini.
Per questo secondo Rony Hamaui, docente di scienze bancarie, finanziarie e assicurative all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, la riesplosione del conflitto tra Israele e Palestina va vista in un contesto più ampio rispetto a quello regionale: è una nuova puntata dell’attacco all’Occidente di cui pure la guerra in Ucraina rappresenta uno dei tasselli.
Professore, qual è il vero ruolo dell’Iran nella guerra israelo-palestinese?
Tradizionalmente Hamas è un’organizzazione sunnita, il cui legame con i Fratelli musulmani è molto forte. Con rapporti molto più stretti con i sunniti, quindi con l’Arabia Saudita, che è sempre stato il principale finanziatore del gruppo. Nel tempo i sauditi hanno fatto una qualche marcia indietro e l’Iran si è ritagliato uno spazio finanziando e aiutando militarmente Hamas, in parte direttamente, in parte attraverso gli Hezbollah, che sono di fatto il suo braccio operativo nella regione. Poi, recentemente, c’è stato questo accordo tra Iran e Arabia Saudita, voluto dalla Cina, che in qualche modo ha facilitato la questione. Certamente l’Iran ha svolto un ruolo importante. Anche se bisogna dire le cose come stanno: il primo finanziatore di Hamas rimane l’Arabia Saudita, insieme ad altri Paesi del Golfo. L’Iran ha un ruolo ma la responsabilità maggiore del bilancio l’hanno i Paesi sunniti.
Il ruolo dell’Arabia Saudita come principale finanziatore di Hamas è acclarato?
Non abbiamo dati certi, ma con ogni probabilità sì. Poi dal punto di vista delle armi gli iraniani sono molto forti, quindi più che soldi ad Hamas hanno spedito quelle.
I razzi usati per il massiccio attacco di sabato sono iraniani?
In parte sono fabbricati localmente, perché alcuni di questi hanno una tecnologia estremamente semplice, in parte vengono dall’Iran. Ma non nascondiamoci dietro un dito dicendo che è tutta colpa dell’Iran. Dopo l’Arabia Saudita anche gli Usa, l’Europa, l’Italia hanno contribuito: una grande parte degli aiuti umanitari ai palestinesi di fatto è servita per le armi. L’Occidente ha una parte di responsabilità, involontariamente ha finito per contribuire a questo disastro. Hamas, che a Gaza comanda da 17-18 anni, ha sempre avuto due anime, una sociale e una militare, l’una prodromica all’altra: entrambe finiscono per creare consenso, sono difficili da separare. Anche le Nazioni Unite, che hanno giocato un ruolo spesso molto criticato, non sono vergini da questo punto di vista, hanno una parte di responsabilità nella complicata gestione della questione. Comunque per organizzare un tale attacco ci sono voluti un sacco di soldi e sono arrivati per la maggior parte dai Paesi del Golfo, con l’Arabia Saudita che rappresenta il finanziatore più importante.
In questi mesi abbiamo parlato dell’accordo Iran-Arabia Saudita sponsorizzato dalla Cina e di quello, ancora in fieri, Arabia Saudita-Israele, voluto dagli Usa nel contesto di una sorta di normalizzazione dei rapporti in tutto il Medio Oriente. Come si spiega il contrasto tra questo processo di “pacificazione” e la guerra che ha preso il via in questi giorni?
Il problema è che l’Arabia Saudita si è via via trasformata in questi anni in maniera sempre più marcata: da Paese in cui l’ideologia islamica faceva da collante si è passati a mano a mano a una liturgia più nazionalista, dove la difesa della nazione è diventato l’elemento principale. I sauditi sono stati abbastanza scaltri da non tracciare più barriere di carattere ideologico e religioso, andando a sostenere in maniera opportunistica quelli che sono i loro interessi. Hanno tenuto il piede in due scarpe: sono entrati a far parte dei Brics, in cui ci sono Cina e Russia e anche Iran, hanno fatto degli accordi con lo stesso Iran e hanno seguito in parte l’amministrazione americana trattando con Israele con l’obiettivo di sviluppare un programma nucleare. A loro non interessa più di tanto firmare un accordo, l’importante è costruire centrali e arricchire l’uranio, in modo da poter realizzare un domani la bomba atomica.
Perché l’Arabia Saudita non ha firmato con Israele un accordo comprendente la questione palestinese?
Perché in realtà la priorità di Riyad è un’altra. I sauditi hanno un’opinione pubblica vicina ai palestinesi e devono stare attenti anche a questo, ma il cinismo del nazionalismo è anche più forte di quello che si basa sulla religione. Da cui una gigantesca ambiguità. Alla fine hanno continuato a finanziare Hamas, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi.
Tornando all’Iran, quale ruolo può giocare nella regione mediorientale?
L’Iran oggi si sente meno isolato di un tempo: ha un legame forte con la Cina e con la Russia, cui fornisce i droni, ma anche con l’Arabia Saudita. Sta riacquistando una sua centralità e il Paese si è sempre vissuto come una presenza importante, seconda forse solo all’Arabia Saudita in termini di ricchezza petrolifera e di altro. Poi, che vengano ammazzate le donne e non rispettati i diritti, a loro poco importa. I sauditi, invece, più furbescamente hanno liberalizzato un po’ di più, ma non tanto, sul fronte religioso e dei costumi, giocando poi su vari fronti esterni.
Ma come può essere letta, allora, complessivamente la situazione in Medio Oriente?
Diciamoci la verità. Si apre un nuovo fronte per l’Occidente, molto più divisivo di quello dell’Ucraina: un problema grosso, un ulteriore problema in una situazione difficile, di arroccamento, in cui i Paesi occidentali e democratici si trovano circondati da teocrazie e governi autoritari che si stanno coalizzando. Gli avvenimenti di questi giorni, al di là degli orrori a cui abbiamo assistito, rappresentano questo: dal punto di vista geopolitico è un nuovo attacco all’Occidente, questo è il messaggio più importante. Un contesto che include l’Arabia Saudita, la Turchia, che è sempre ambivalente, ma anche il Pakistan, il Brasile, per non parlare della Cina, della Russia, della Nord Corea.
La lettura che dobbiamo dare anche all’azione militare di Hamas, insomma, è quella di un attacco globale all’Occidente?
Sì. Esiste una questione locale che va vista, però, in uno scenario molto più ampio, dove oggettivamente l’Occidente è sotto attacco. Una situazione molto complicata, difficile da gestire, la più complicata degli ultimi 80 anni. Non c’è mai stato un assedio così forte: abbiamo una guerra in Europa, una in Medio Oriente, una pre-guerra in Asia: tensioni ovunque, almeno su tre continenti. Rimangono fuori Australia e America Latina, ma tutto il resto è una bomba incendiaria.
L’Occidente deve cambiare il suo approccio al resto del mondo per uscire da questo contrasto?
L’Occidente ha fatto molti errori e Trump in questo è stato un elemento dirompente, però bisogna rendersi conto di questo scenario geopolitico, di quanto queste autocrazie si stiano coalizzando, portando avanti ognuna interessi propri che hanno poco a che fare con i valori della democrazia e della libertà.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI