Si è aperto un nuovo fronte nella guerra di Ucraina, che nessuno, tantomeno i russi, si aspettava. Da diversi giorni proseguono attacchi di droni kamikaze che stanno creando seri problemi.
Uno di loro addirittura in pieno giorno, senza che la contraerea russa riuscisse a eliminarlo, ha colpito il quartier generale della Marina russa in Crimea, vicino al villaggio di Belbek, sulla costa sud-occidentale vicino a Sebastopoli. La settimana scorsa ben due aeroporti militari sempre in Crimea erano stati al centro di attacchi che hanno dimostrato la capacità di Kiev di colpire la logistica russa.
Secondo il ministero della Difesa britannico più della metà dei jet da combattimento della flotta del Mar Nero della marina russa sono stati messi fuori combattimento, tanto che il comandante della flotta russa nel Mar Nero è stato destituito.
Secondo Vincenzo Giallongo, colonnello dei Carabinieri, esperto di sicurezza, numerose missioni estere, in Iraq durante la missione Antica Babilonia, da noi intervistato, “si tratta di una manovra per distrarre l’attenzione russa dal fronte nel Donbass in modo tale da riposizionare le proprie truppe. Teniamo conto che fra poco comincerà l’autunno e poi l’inverno e in quei paesi l’inverno significa l’impossibilità di combattere”.
Nuovo attacco di droni ucraini in Crimea: è stato centrato un obiettivo strategicamente e simbolicamente importante. Cosa c’è dietro questa serie di attacchi che sembrano aprire un nuovo fronte?
Gli ucraini stanno, a mio avviso, cercando di distrarre l’attenzione russa dal Donbass, colpendo un obiettivo nuovo che i russi non si aspettavano.
Anche perché Putin ha sempre dichiarato che qualunque attacco alla Crimea sarebbe stato considerato un attacco alla Russia, in quanto ormai considerata territorio russo. Non c’è il rischio di conseguenze imprevedibili?
Certamente, ma ricordiamo che per Kiev la Crimea è invece sempre Ucraina, tanto che lo stesso Zelensky ha più volte detto che la guerra non finirà fino alla riconquista della regione.
Dal punto di vista strettamente militare, che cosa ottengono gli ucraini con queste missioni kamikaze?
Obbligano i russi a concentrarsi sulla Crimea, anche spostando truppe dal Donbass, in questo modo permettendo a Kiev di riposizionare le proprie sul territorio. È un tentativo non sappiamo se disperato, sicuramente in questo periodo ci sono più movimenti diplomatici che militari, in Donbass non è cambiato molto e non ci sono nuove armi occidentali in arrivo.
Un momento di stallo?
La Russia ha dimostrato di non essere forte abbastanza da chiudere il conflitto. Probabilmente stanno abbassando i toni e arriveranno ad accettare qualche compromesso. Doveva essere una guerra lampo, siamo invece quasi al 180esimo giorno e le forze russe cominciano a logorarsi. Si avvicina l’inverno e le guerre in questi Paesi devono cominciare in primavera e finire prima dell’inverno. Là si scende sotto zero, arrivano pioggia, fango e neve e le truppe rimangono bloccate. Teniamo conto poi che una gran parte dei soldati russi sono ragazzini di 18 anni buttati allo sbaraglio.
Avevamo già visto l’importanza dei droni quando la colonna di carri armati russi diretta a Kiev era stata distrutta. Si può dire che si sta rivelando l’arma vincente del conflitto?
Il drone è un’arma importantissima. Non dimentichiamo che Israele e Stati Uniti li usano da una decina di anni, grazie ai droni Israele riesce a colpire covi terroristici difficilmente raggiungibili.
Come mai i russi non fanno lo stesso?
Perché i droni costano molto. L’esercito russo non ha una armamento bellico convenzionale di grande livello. Mosca ha tante armi atomiche, che ovviamente speriamo non vengano usate. I russi si sono fissati con una politica che è sempre stata avere armi a medio e lungo raggio che abbiano come obbiettivo arrivare agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Francia. Ma il drone lo usi a breve distanza, una battaglia di questo tipo non l’avevano mai considerata. Pensavano di fare una passeggiata, che la popolazione ucraina sarebbe scesa in piazza a accoglierli come liberatori, cosa che non è successa neanche nel Donbass dove dicono che la popolazione russa sia la maggioranza.
Quindi?
Non hanno mai ritenuto di avere necessità di questo tipo di armamento. Quando si fa un acquisto militare, si fa in relazione alla strategia militare in atto. E la loro strategia ha sempre previsto che il nemico è molto lontano, per questo non usano i droni. Paesi come Israele li usano perché i nemici sono a breve distanza. Gli Usa hanno sviluppato l’utilizzo dei droni non tanto per usarlo contro i russi o ipotetici avversari come la Cina, ma perché andando a occupare territori, in aiuto o meno, avevano necessità dei droni per colpire le sacche di resistenza nelle immediate vicinanze. I russi stanno pagando le conseguenze di questa mancanza di visione strategica.
Sarebbe cambiato qualcosa se i russi avessero avuto a disposizione i droni?
Certamente. Pensiamo ai punti di arrivo delle armi occidentali, al confine con Polonia e Romania. Dai territori occupati li avrebbero potuti lanciare distruggendo anche l’80% delle armi in arrivo.
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