Se lo dicono gli americani, deve essere vero. Dopo che circa una settimana fa fonti di Tripoli avevano annunciato l’arrivo di diversi Mig-29 russi a sostegno di Haftar, adesso il Comando delle forze statunitensi per l’Africa ha emesso un comunicato in cui afferma che Mosca ha fatto volare, da una base aerea siriana, diversi jet militari russi “camuffati con le insegne dell’aeronautica siriana”. Ieri mattina, poi, questi velivoli sarebbero entrati in azione, prendendo di mira “obiettivi turchi” nella zona di Tripoli e un paio di imbarcazioni sospettate di trasportare armi al governo di Serraj. “Non siamo ancora davanti a una escalation” spiega in questa intervista Mauro Indelicato, giornalista e inviato de Il Giornale, esperto di strategie militari. “La Russia sta cercando di bilanciare la forte avanzata delle milizie filo-turche delle ultime settimane, ma non ha intenzione di entrare in una guerra che ormai è diventata completamente una questione interna al mondo islamico, con Qatar e Turchia a sostegno della Fratellanza musulmana a Tripoli ed Emirati Arabi e Egitto a favore di Haftar”.
Si parla di raid aerei da parte dei Mig-29 russi arrivati in Libia da pochi giorni, è una notizia confermata?
Non ancora ufficialmente. Ci sono stati sì alcuni raid, si tratterebbe di bombardamenti nella zona di Tripoli contro obiettivi turchi, che però non fanno ancora pensare a un’escalation. Possono preparare il campo a una situazione del genere, ma non siamo davanti a un raid di tale importanza.
Le forze di Serraj, grazie alle milizie filo-turche, hanno raccolto importanti vittorie. Dobbiamo aspettarci la controffensiva di Haftar?
Haftar è in grande difficoltà, ha perso basi militari vicino al confine con la Tunisia e la sua iniziativa su Tripoli da forza assediante è diventata forza assediata. L’unico modo per riprendersi è avere nuovi mezzi e nuove armi dai suoi alleati, la Russia per prima. Va detto che la Russia potrebbe avere come obiettivo non tanto quello di sostenere Haftar, quanto di contenere la Turchia.
Ci spieghi.
La Turchia, grazie ai successi ottenuti dalle sue milizie, in qualche modo sta prendendo molto territorio in Tripolitania, e questo allarma i russi. La volontà di Mosca è frenare l’avanzata filo-turca e in questo modo trovare un equilibrio con Ankara.
L’aver camuffato i jet e l’uso di milizie siriane è la prova che la Russia non vuole farsi coinvolgere direttamente?
È una guerra per procura e allo stesso modo si comporta la Turchia, che si avvale di mercenari prelevati dalla provincia di Idlib, mentre la Russia utilizza quelli dell’agenzia Wagner e i mezzi che ha già impiegato in Siria. Sostanzialmente la Russia vuole controbilanciare le forze turche senza entrare direttamente in campo, sia perché, a livello politico, con il fronte siriano ancora aperto non può permetterselo, sia perché non vuole aiutare Haftar come ha aiutato Assad.
Anche perché chi preme di più a sostegno di Haftar sono gli Emirati Arabi?
Sì, bisogna ricordare che quello che era un conflitto tra Italia e Francia è diventato un conflitto interno al mondo islamico: da una parte, Fratelli musulmani, Qatar e Turchia; dall’altra, Emirati Arabi ed Egitto con Haftar. Alla Russia non conviene entrare in un conflitto tutto islamico.
Ci sono due ipotesi sul dopo conflitto. La prima prevede una spartizione turco-russa della Libia. La seconda invece che la Turchia ottenga tutti i privilegi sulle zone marittime attorno a Cipro ricche di gas e petrolio. Facendo vincere Serraj, nostro alleato, la Turchia otterrebbe di trattare per le acque intorno a Cipro.
Sono entrambe ipotesi plausibili. L’obbiettivo russo è controbilanciare lo strapotere turco e fare come in Siria, che oggi è spartita in zone di appartenenza filo-russe, filo-turche, filo-americane, filo- curde. La Russia potrebbe impiantare in Cirenaica una nuova base marittima sul Mediterraneo, oltre quella di cui già dispone in Siria, e sarebbe per Mosca un grande risultato. La Tripolitania andrebbe invece ai filo-turchi.
L’altra ipotesi?
La Turchia guarda già con molto fervore al braccio di ferro in corso su Cipro. Basta vedere il memorandum firmato tra Ankara e Tripoli, dove si sono concordati nuovi confini che tagliano fuori la Grecia e Cipro. La zona economica libica si troverebbe a fianco di quella turca, che così metterebbe le mani su una buona fetta di acque del Mediterraneo orientale.
E l’Italia?
In entrambi gli scenari rischia parecchio. Se la Tripolitania diventa filo-turca, perdiamo lo storico primato che abbiamo sempre avuto nel rinnovo delle concessioni petrolifere, che così rischieremmo di perdere. L’Eni ha avuto dal governo cipriota molti lotti che rivendica la Turchia. Ricordiamo che già nel febbraio 2018 la marina turca cacciò la nostra nave e abbiamo dovuto rinunciare ad alcune aree di trivellazione.