“Nessuno adesso potrà più dire che la Libia è un porto sicuro per i migranti, cosa che comunque non era neanche prima del bombardamento avvenuto ieri contro il centro di detenzione” avverte subito in questa intervista Gian Micalessin, inviato di guerra e profondo conoscitore delle geopolitiche del Nord Africa e del Medio Oriente. Quasi un centinaio le vittime, tra cui molte donne e bambini, massacrate da un bombardamento aereo compiuto dalle forze del generale Haftar. Il fatto che vicino al centro ci fosse una base militare delle forze di Misurata e di Tripoli, “ci dice – spiega Micalessin – del modo assolutamente confusionario e velleitario con cui viene condotta questa guerra”. E aggiunge: “Dopo questo bombardamento è sempre più evidente tutta l’incapacità del nostro governo a gestire l’agenda libica: non è per nulla chiaro chi se ne occupa veramente, se il ministro degli Esteri o Salvini, a dimostrazione di una competizione interna al governo stesso, che non giova al nostro Paese”.
Una delle ipotesi al vaglio dopo il bombardamento è che si sia trattato di un errore: si voleva in realtà colpire la base militare poco distante di Daman, è così?
Quello che è successo dimostra una volta di più che la precisione non è certo un elemento primario in questo conflitto. E’ chiaro che è stato un tentato attacco alla base militare contigua al centro migranti, ma questo dimostra proprio come sia devastante il conflitto libico, soprattutto per gli interessi italiani.
Perché?
La morte dei migranti è anche la morte di tutti i tentativi di contenere sulle coste libiche i flussi migratori. D’ora in poi qualsiasi tentativo di sostenere che la Libia sia un porto sicuro, cosa che non era neanche prima del bombardamento, crollerà miseramente.
Con quali conseguenze?
I migranti cercheranno in tutti i modi di abbandonare i centri di raccolta e questo finirà per alimentare i traffici di uomini. Sarà difficile per l’Italia contenere questi flussi migratori. Siamo di fronte al fallimento delle politiche di questo governo, che oltre al problema dei migranti doveva esercitare un’azione politica capace di limitare le velleità di Haftar e di Serraj.
Il bombardamento giunge dopo che Haftar nei giorni scorsi ha dovuto abbandonare la città di Ghanian ripresa dalle forze di Tripoli dopo essere stata occupata da quelle di Tobruk. C’è un legame diretto tra i due fatti?
Sì, certo. Ma è anche l’ennesimo segnale di quanto questa guerra sia velleitaria e di quanto Haftar abbia fatto il passo più lungo della gamba. Rappresaglie come questa dimostrano come nessuno dei due contendenti sia in grado di vincere, bensì siano al servizio di potenze che hanno ben altri interessi, a partire dalla possibilità di dominare l’area, a causa di un disordine mondiale su cui il nostro paese e la comunità internazionale non hanno alcuna capacità o volontà di intervenire.
L’incontro avvenuto tra Serraj e Salvini centra qualcosa? Cosa può succedere ora?
L’incontro tra Serraj e Salvini è un altro tassello che conferma la mancanza di una politica estera italiana. Chi segue l’agenda libica? Il ministro degli Esteri? O il ministro dell’Interno, Salvini? Evidentemente c’è una spartizione dei compiti e una competizione all’interno del governo sulla questione libica che non aiuta certo. E questo è grave, soprattutto in vista di quanto potrà succedere in futuro.
(Paolo Vites)