Un attacco “telefonato” da parte dell’Iran, lanciato avvisando in anticipo amici e nemici, senza quindi una vera intenzione di danneggiare Israele. Biden che una volta tanto riesce a convincere Netanyahu che non è il caso di organizzare una reazione immediata. L’invio di centinaia fra droni e missili da parte di Teheran per vendicare l’attacco dell’IDF contro l’ambasciata iraniana a Damasco poteva essere l’inizio di una nuova tragedia, ma per il momento tutti sembrano non volere una drammatica escalation della guerra in Medio Oriente. Ieri sera l’esercito israeliano ha annunciato che una risposta sarà “inevitabile”, ma il generale Gantz, membro del gabinetto di guerra, ha subordinato l’operazione a un’intesa con una “coalizione regionale”, probabilmente con quei Paesi, cioè, che nella notte fra sabato e domenica hanno contribuito a neutralizzare l’attacco iraniano.



Il problema vero, messo in secondo piano per tre giorni, è che Gaza è ancora lì, sotto il tiro dei soldati israeliani, che sparano anche sui palestinesi che vogliono tornare nel Nord, e che rimane da sciogliere il nodo dell’operazione a Rafah. Se anche non ci sarà un allargamento del conflitto, spiega Ugo Tramballi, editorialista del Sole 24 ore e consigliere scientifico dell’ISPI, la mancata soluzione della questione palestinese può portare ad altre crisi come quelle dei giorni scorsi. E non è detto che si riesca sempre a controllare la situazione come stavolta.



L’IDF dice che non risponderà all’Iran, Netanyahu, invece, voleva rispondere subito ma è stato bloccato da Biden. Il gabinetto di guerra avrebbe annunciato una reazione, anche se non si capisce ancora bene di che tipo. Qual è la verità: Israele risponderà o no al primo attacco iraniano al suo territorio?

Bisogna sempre distinguere la retorica dai fatti e non andare dietro a tutte le dichiarazioni. Quello che è successo è che quella degli iraniani è stata un’operazione “telefonata”. Americani, sauditi e gli stessi israeliani sapevano già da un paio di giorni che ci sarebbe stata. Ecco perché non ci sono stati morti, anche se è stata ferita gravemente una bambina beduina di 7 anni. Era una sorta di atto dovuto in questa tauromachia classica: gli israeliani avevano provocato e gli iraniani dovevano rispondere, ma senza fare una guerra, perché sapevano che gli USA avrebbero reagito. Quello di sabato è stato il primo loro intervento nel conflitto, fino ad allora hanno mandato avanti i proxy. Controllano gli avvenimenti nello Yemen, in Siria, in Libano e in Iraq, tutto grazie alle loro milizie: non hanno interesse a scatenare una guerra, anche se, vista la gravità del raid di Damasco, qualcosa dovevano fare.



Gli iraniani hanno attaccato direttamente anche perché adesso si sentono forti dell’appoggio di Russia e Cina?

No. Mosca e Pechino vogliono le stesse cose degli americani e degli europei: fine della guerra e Stato palestinese. Gli iraniani servono a russi e cinesi per altre cose.

Alla fine erano tutti d’accordo, quindi, nell’accettare questo copione?

Forse gli unici a non esserlo erano Bibi Netanyahu e i suoi alleati estremisti, senza i quali lui non governa. Essi avrebbero voluto una classica reazione israeliana, anche perché sono convinti che più c’è “casino” in Medio Oriente più ci sono possibilità di realizzare la grande Israele, dal Mediterraneo al Giordano, cacciando via i palestinesi. La spinta americana perché non si rispondesse all’Iran, però, è stata troppo forte.

Hanno vinto tutti?

Lo dicono gli iraniani perché hanno bombardato Israele e anche gli israeliani perché hanno abbattuto il 99% dei droni. Tutti e due hanno ragione. I primi hanno dimostrato di essere una potenza regionale, gli altri hanno mantenuto intatta la loro capacità di deterrenza. Ma soprattutto si è avuta la prova che si è creata un’alleanza: gli americani hanno difeso gli israeliani abbattendo dei droni, stessa cosa ha fatto la Giordania (che avrebbe anche chiesto alla Francia di intercettare i droni, nda) e probabilmente i sauditi. Si è creato un fronte di solidarietà per cui Israele non può più dire di essere isolato. Per questo Benny Gantz in riferimento a una possibile risposta di Israele all’Iran ha detto: “Risponderemo solo all’interno di un’alleanza”.

Il pericolo di escalation, quindi, almeno per il momento, sembra scongiurato?

Netanyahu con i suoi ministri non ha la forza per attaccare l’Iran e forse si è indebolito ulteriormente, ma alla fine la situazione va bene anche a lui. Penso che non ci sarà una ritorsione da parte di Israele. Il primo ministro, anche con il supporto di Smotrich e Ben Gvir, non può dare un ordine del genere: i militari non si presterebbero. Credo che questa vicenda si sia chiusa: tutti contenti e ci vediamo alla prossima provocazione di qualcuno.

Guterres però dice che siamo sull’orlo del tracollo. Dunque non è proprio così?

Lo eravamo nella notte di sabato e domenica, ma allora non sapevamo che gli iraniani avevano informato tutti, amici e nemici, nell’imminenza dell’operazione.

Ma chi esce meglio da questa situazione?

Secondo me Joe Biden: è lui che ha ordinato a Netanyahu di non reagire. Il primo ministro israeliano è stato costretto ad ascoltare il presidente americano perché la posta era troppo alta. L’altro vincitore è Gantz che ha parlato di reazione solo in un’alleanza.

Vuol dire che, se c’è una sorta di alleanza, Israele non deciderà più sempre di testa sua?

Certo, questo è un elemento fondamentale. Da oggi, però, si torna all’antico, al massacro di Gaza.

L’IDF ha sparato sui palestinesi che stavano cercando di tornare al Nord di Gaza, i residenti che sono tornati a Khan Younis hanno trovato solo macerie: la crisi con l’Iran ha fatto dimenticare che bisogna risolvere la questione palestinese?

Per tre giorni lo abbiamo dimenticato, ma non è che nel frattempo gli israeliani hanno smesso di sparare sui palestinesi e questi ultimi si sono riempiti la pancia di cibo. Tutto quello che è successo è evidentemente figlio della guerra di Gaza, che ancora continua: fino a che non finisce potrebbe generare altre crisi.

Israele, quindi, tornerà a pianificare l’attacco a Rafah? Con gli sfollati come si comporterà? Non sembra voglia accettare il loro ritorno ai luoghi di origine, per quanto distrutti siano.

Non solo: ci sono anche i cecchini che sparano ai civili. Non credo che Netanyahu abbia negoziato il diritto di attaccare Rafah con la rinuncia alla risposta all’Iran, però gli israeliani potrebbero anche pensare di essere liberi di procedere nella cittadina vicina al confine con l’Egitto. Non per niente vogliono piantare delle tende sulle spiagge vicino a Rafah, ma credo che la pressione di Biden e della comunità internazionale su questo rimanga forte: nei primi quattro mesi hanno bombardato anche i civili per colpire i miliziani di Hamas, la stessa cosa dovrebbero fare anche qui. Sarebbe un altro massacro.

La rinuncia all’escalation con l’Iran potrebbe favorire una svolta su Gaza?

Non credo ma è possibile. Smotrich e Ben Gvir potrebbero anche dire a Netanyahu: “Se non hai attaccato l’Iran noi ci ritiriamo”. Non lo credo, perché stare al potere ha permesso loro di lasciare il segno in diversi ambiti: hanno liberamente armato i coloni, costretto lo Stato ad aiutare le scuole ultrareligiose. Ci sono sempre stati rappresentanti ultrareligiosi al governo, perché agendo a favore della propria gente si conquistano voti.

Non è che, proprio per tenere buona l’ultradestra che è al governo e visto che gli viene impedito di attaccare l’Iran, Netanyahu ripieghi su Hezbollah in Libano, realizzando l’obiettivo di una zona cuscinetto fra i due Paesi?

È possibile, ma in tal modo si torna a quel conflitto a bassa intensità ammesso dagli uni e dagli altri. Fino a che non finisce la guerra di Gaza e il mondo arabo non ha la prova che Israele è intenzionato a iniziare la trattativa per far nascere uno Stato palestinese, Hezbollah non si ritirerà mai oltre il Litani. È importante sottolineare il fatto che Hezbollah non ha partecipato all’operazione anti-iraniana di sabato.

(Paolo Rossetti)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI