La Siria è di nuovo nel caos. La presa di alcuni quartieri di Aleppo da parte dei miliziani islamisti di Hayat Tahrir al Sham, fin dalla guerra civile siriana all’opposizione di Assad, rappresenta un duro colpo per l’esercito e il governo di Damasco e accelera la confusione strategica e politica in un’area già compromessa. L’offensiva è partita dal nord-ovest siriano, dove le forze jihadiste sostenute da Ankara combattono di fatto in sinergia con le forze curde. Non va dimenticato che durante le operazioni a Gaza e in Libano, Israele non han mai smesso di colpire le guardie rivoluzionarie iraniane dislocate in Siria, a protezione del regime sciita di Assad. Il loro indebolimento potrebbe essere stato determinante nella riorganizzazione delle forze ostili a Damasco, che la scorsa settimana sono passate al contrattacco, prendendo di mira la città di Aleppo, nevralgica per il Paese. L’esercito siriano è apparso in grande difficoltà, mentre nella notte Assad, di ritorno da Mosca, ha smentito l’esistenza di un tentativo di colpo di Stato.
Non è difficile supporre che questo rapido, ulteriore peggioramento della crisi mediorientale sia anch’esso legato al tentativo dell’amministrazione Biden di ostacolare la transizione verso il nuovo corso della politica americana promesso da Donald Trump.
“In Medio Oriente, oggi più che mai, tutto appare legato” osserva Filippo Landi, già corrispondente Rai da Gerusalemme e poi inviato del Tg1 Esteri. “Non è certo un caso che all’indomani dell’inizio di una già fragile tregua in Libano, si scateni una nuova campagna militare in Siria”.
Con quale obiettivo?
Quello, evidente e in parte già realizzato, di indebolire e forse rovesciare il presidente siriano Bashar al Assad.
I gruppi coinvolti nell’avanzata di Aleppo sono i terroristi di Hayat Tahrir al Sham. Ci sarebbero anche militanti islamisti uzbeki e uiguri. Chi li sta coordinando e perché?
Le milizie islamiste che avevano combattuto il presidente siriano Assad negli anni passati ed erano state respinte e parzialmente sconfitte è evidente che oggi tentano un nuovo assalto, perché il principale sostenitore di Assad, il movimento Hezbollah, si trova fortemente indebolito sul piano militare.
E sappiamo che Hezbollah vuol dire Iran.
È altrettanto esplicito che colpire Assad e trasformare la Siria in un nuovo campo di battaglia vuole rendere più difficile all’Iran aiutare Hezbollah e lo stesso presidente siriano.
La Turchia ha sostenuto e foraggiato i miliziani jihadisti durante buona parte della guerra siriana. Qual è adesso il ruolo di Ankara?
Alla luce dei fatti sul campo appare semplicistico gettare sulla Turchia l’accusa di essere il mandante e il finanziatore delle milizie islamiste che stanno nuovamente attaccando Assad. Forse è uno dei mandanti, ma ne esistono anche altri, come quelli che hanno armato le milizie curde che combattono nuovamente in Siria e che hanno addirittura occupato l’aeroporto di Aleppo per poi consegnarlo alla milizie islamiste. I curdi, è noto, sono acerrimi nemici della Turchia di Erdogan ma hanno lunghi rapporti con l’Occidente, Stati Uniti in primo luogo, al punto di aver combattuto nel nord dell’Iraq contro il dittatore Saddam Hussein. Si impone una domanda.
Quale sarebbe?
Cosa è stato ora promesso al movimento curdo per spingerlo a combattere in Siria, contro Assad e indirettamente l’Iran, a fianco delle milizie islamiste?
In questo contesto, quali sono gli obiettivi di Israele?
Netanyahu ha detto, approvando la tregua in Libano, che ora il suo governo vuole concentrarsi sul “problema” Iran. Quello che accade in Siria sembra la premessa di questo nuovo scenario, proprio attraverso l’indebolimento della Siria, Stato fin qui alleato dell’Iran e strategicamente vicino ai confini israeliani.
Israele allenterà la stretta sulla Palestina?
Direi che in questo scenario mediorientale, la situazione a Gaza e in Cisgiordania rischia di essere abbandonata ad un tragico calvario. Nella colpevole impotenza della comunità internazionale, incapace di affrontare i bisogni più elementari di ben due milioni di persone a Gaza.
(Federico Ferraù)
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