Il nuovo focolaio di guerra in Siria è la saldatura fra i conflitti dell’Ucraina e del Medio Oriente. L’obiettivo è la Russia, che in questo nuovo scenario sarebbe costretta a impegnarsi su un nuovo fronte per difendere il suo alleato Assad. Potrebbe essere letto così, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, l’attacco di Hayat Tahrir al Sham ad Aleppo, che obiettivamente mette in difficoltà Mosca, ma anche l’Iran, storici alleati dell’attuale leader siriano, che hanno contribuito a salvarlo sostenendolo nella guerra civile che lo voleva detronizzare. Un’iniziativa che certo non dispiace agli USA e che punta, come quelle prese in Ucraina, a mettere il nuovo presidente Donald Trump di fronte al fatto compiuto di una guerra con i russi che non si può troncare. Intanto si susseguono voci di golpe a Damasco. E sarebbe stato ucciso Abu Mohammad al-Julani, il leader dei ribelli. Che intanto, però avanzano verso Hama.



Generale, la ripresa della guerra in Siria salda tra di loro i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente? Un colpo di coda di Biden per mettere in difficoltà i russi?

Non so se è Biden stesso che vuole una situazione del genere, ma si inquadra in una conflittualità che non è nata con la guerra in Ucraina e neanche con l’Euromaidan, la cui origine è antecedente. Bisogna ricordare la storia della Siria. Dopo l’invasione dell’Iraq era rimasta l’unico alleato dei russi in Medio Oriente. Dopodiché è iniziata la stagione delle primavere arabe, che dal 2011 hanno interessato la Libia e l’Egitto, senza toccare la Giordania ma non lasciando indenne la Siria.



Perché tutto nasce da lì?

Bisogna proseguire nell’analisi storica: nel 2014 improvvisamente compare sulla scena l’Isil, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, che muove dal nord del Paese su Bagdad, trasformandosi poi in Isis, lo Stato islamico dell’Iraq e dello Sham (che sarebbe come dire il Medio Oriente in generale), che comincia ad agire in Siria, a questo punto completamente travolta dai fatti. Quando gli americani minacciarono un intervento proprio in Siria, accusando Assad di usare i gas contro la sua stessa popolazione, dovettero recedere perché una squadra navale russa uscì da Sebastopoli, in Crimea, e si portò davanti alla costa siriana dove Mosca ha una base, a Tartus. Poi i russi nel 2015 intervennero direttamente nel Paese, con Hezbollah diedero all’esercito siriano la possibilità di riconquistare il territorio sulla riva destra dell’Eufrate. Quello sulla sinistra rimase appannaggio dei curdi, appoggiati dagli americani.



L’Isis, in quel momento, era stato sconfitto. Come è riuscito a sopravvivere?

Sulla riva destra dell’Eufrate i siriani sono riusciti a eliminare la minaccia dell’Isis e di Hayat Tahrir al Sham (HTS), che altro non sarebbe che il precedente fronte Al Nusra, una costola di Al Qaeda. A HTS e Isis, man mano che si arrendevano, veniva concesso di ritirarsi nella provincia nordoccidentale dell’Idlib, di fatto sotto occupazione turca, vicina ad Aleppo. Questa situazione, all’insegna di un equilibrio instabile, si è protratta fino all’altro giorno.

Perché i fatti di questi giorni dovrebbero portarci a concludere per una saldatura in Siria delle guerre in Ucraina e a Gaza?

Una saldatura c’è già stata nel 2013, come ho spiegato, quando la guerra in Siria non vide un’escalation perché da Sebastopoli le navi russe raggiunsero le coste siriane. Tre mesi dopo, a novembre, iniziò la crisi di Euromaidan e nell’aprile 2014 di fatto cominciò la guerra in Ucraina, con la Russia che si riprese la Crimea. Sono fatti collegati, se non altro dal punto di vista cronologico: in quel periodo si è creata questa instabilità in due aree, Medio Oriente e Ucraina.

Perché l’attacco in Siria è arrivato subito dopo la tregua in Libano?

Hezbollah è stato protagonista della guerra in Siria, appoggiando Assad insieme alla Russia. Nella guerra con Israele ha perso il suo capo carismatico, Nasrallah, e anche molti quadri, subendo attacchi a Beirut e nella valle della Bekaa. La crisi di Hezbollah ha dato la possibilità ai terroristi di HTS di riprendersi Aleppo, liberata dall’esercito siriano a dicembre 2016 dopo che era stata teatro, da parte dei terroristi islamici, di uccisioni, crocifissioni, decapitazioni che dovrebbero ancora farci indignare.

Ma qual è allora l’obiettivo vero di questo nuovo fronte del conflitto mediorientale?

L’offensiva di questi giorni si inquadra nella necessità di ottenere l’allargamento di un conflitto che coinvolge la Russia, impegnata in Siria ad aiutare i siriani nel fronteggiare un attacco che punta verso il sud del Paese. La finalità è far aprire a Mosca un fronte in Medio Oriente mentre sta avanzando in Ucraina. Si vuole provocare un allargamento per fare in modo che la Russia debba distogliere delle forze da quel teatro, sfruttando il fatto che ora Hezbollah è in crisi.

Hayat Tahrir al Sham ha il sostegno degli USA? In fondo gli americani hanno già provato a usare a loro vantaggio i fondamentalisti islamici: con i talebani era successo così.

L’azione di HTS avviene dopo molti interventi aerei israeliani in Siria, contemporaneamente al risveglio del Free Syrian Army ospitato nell’area di Al Tanf, occupata dagli americani. Gli israeliani si confrontano continuamente con i siriani sulle alture del Golan. Non possono essere coincidenze. L’unico dubbio riguarda la Turchia: l’operazione di questi giorni è partita da un territorio sotto controllo turco, anche se Ankara ha detto che non permetterà mai che ai suoi confini si instauri uno stato terrorista.

La Turchia, però, sta cercando un accordo con Assad. Come entra questo elemento in questo contesto?

Si è parlato di un riavvicinamento ad Assad, anzi, di un’alleanza, proprio contro HTS. Questo, secondo alcuni, è il motivo dell’offensiva su Aleppo. Resta il fatto che l’iniziativa di questi giorni è partita da un territorio sotto controllo turco. Sospendo, comunque, il giudizio sui turchi: a giorni sapremo veramente quale sia la situazione.

Gli israeliani hanno interesse che si apra un nuovo fronte, per colpire Hezbollah e l’Iran?

Hezbollah è una realtà molto piccola, espressione di un Paese che fa 4 milioni di abitanti. Resta il fatto, invece, che Assad è l’unico alleato della Russia rimasto nell’area. Secondo un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale USA la situazione attuale in Siria si è creata per la sua dipendenza da Russia e Iran.

L’attacco ad Aleppo, quindi, è principalmente per mettere in difficoltà i russi?

Sì, per togliere alla Russia un alleato importantissimo come la Siria: senza una base nel Mediterraneo come quella di Tartus viene ridotta significativamente anche l’operatività della flotta russa in Crimea. L’altro motivo è che la Russia è impegnata con le sue forze in Ucraina e aprire un secondo fronte la danneggia. Credo che Mosca sia molto preoccupata. E poi c’è sempre il pericolo di un coinvolgimento dell’Iran.

Tutto quello che sta succedendo, però, non ha niente a che vedere con quello che ha in mente Trump?

Quello che sta succedendo è per mettere Trump di fronte al fatto compiuto. L’ideale da questo punto di vista sarebbe stata la guerra aperta in Ucraina, ma Putin non ci sta a farsi tirare dentro: ha risposto agli attacchi portati con armi occidentali lanciando un missile ipersonico a medio raggio, ma non ha elevato il livello dello scontro e va avanti con i suoi programmi. L’escalation lì non c’è stata, ora tentano in Siria.

(Paolo Rossetti)

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