Oltre al costo in vite umane e a quello riguardante gli edifici distrutti, c’è un altro prezzo che sta pagando l’Ucraina da quando è scoppiata la guerra, quello relativo ai danni ambientali. Il Guardian pone stamane l’accendo sulla vicenda, sottolineando come siano in corso delle indagini da parte di scienziati, ambientalisti ma anche avvocati e burocrati, con l”obiettivo di quantificare nel dettaglio i danni dei crimini ambientali che al momento si calcola siano pari ad almeno 50 miliardi di dollari. A riguardo il ministero dell’ambiente ha anche istituito un numero di telefono che permette ai cittadini di segnalare i casi di “ecocidio” russo: fino ad oggi ne sono stati individuati ben 2.303 ma l’elenco è in continuo aggiornamento.
Si pensi ad esempio a 230mila tonnellate di rottami metallici, ma anche alle mine nel Mar Nero, e ai 320mila ordigni esplosi che stanno mettendo a rischio 160 riserve naturale e due biosfere, con l’aggiunta di seicento specie di animali e 880 specie di piante. C’è poi una questione riguardante l’agricoltura, visto che un terzo del territorio ucraino risulta essere incolto o impossibile da coltivare, e tenendo conto che l’Ucraina è un Paese che vive di agricoltura è chiaro come il danno sia ingente. Secondo Oleksandr Stavniychuk, vice capo del dipartimento per il controllo e la metodologia ambientale, le perdite complessive dovute all’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria ammontano a 51,4 miliardi di dollari, così come spiegato in un recente seminario a Kiev. In un momento di forte slancio verso l’ambiente, sottolinea Il Guardian, il governo ucraino sa di poter conquistare il cuore e la mente delle persone sottolineando i gravi danni che sta subendo l’ambiente a causa della guerra.
GUERRA IN UCRAINA I DANNI AMBIENTALI: “QUANDO DOVREMO RICOSTRUIRE…”
E così che sono molti coloro che si stanno battendo al fianco di Kiev, come ad esempio Kateryna Polyanska, giovane ecologista che preleva campioni dai crateri delle bombe e fotografa i danni ambientali. Ciò richiede anche una grande dose di coraggio: “L’anno scorso ho iniziato a fare questa indagine al computer usando solo immagini satellitari, ma ho deciso che dovevo vederlo con i miei occhi – ha spiegato alla stampa britannica – la guerra non riguarda solo gli impatti diretti, è anche la distruzione della nostra natura e del nostro ambiente”.
E in vista di un’ipotetica fine del conflitto e di una ricostruzione, spiega: “Spero che possiamo fare le cose in modo più ecologico. Abbiamo bisogno di più tecnologia verde nei centri industriali e forse ci sono alcune dighe che non dovremmo ricostruire. Abbiamo bisogno di uno studio scientifico approfondito”.