La situazione della guerra in Ucraina è arrivata ad un punto in cui regna, soprattutto, una grande confusione. Le notizie sullo stato delle operazioni militari sono sempre più contraddittorie. E questo non solo perché chi di solito le fornisce deve ormai seguire una specie di canovaccio già prefissato. È un fatto che la grande offensiva russa c’è stata, ma è consistita soprattutto in distruzioni di impianti, specialmente elettrici, finalizzate a fiaccare più la resistenza del popolo che quella dell’esercito ucraino. Putin ha richiamato alle armi, pare, di 147mila nuovi soldati russi. E zittito Lukashenko, che l’ultimo giorno di marzo aveva chiesto una “tregua immediata”.



In campo ucraino stanno arrivando nuove armi sempre più sofisticate, insieme a specialisti, mandati in Occidente per imparare ad usarle. Nello stesso tempo le televisioni di tutto il mondo documentano una presenza spesso vittoriosa di moltissimi atleti ucraini, in molte competizioni. Tra quelli fuggiti comincia a notarsi la distinzione tra chi comunque non vuole tornare in patria e chi non vede l’ora di ritornare a casa, costi quel che costi.



I politici italiani si dividono tra loro, più che altro, sull’uso delle parole più adatte per parlare di queste vicende, ma nella stragrande maggioranza, una volta riaffermata l’amicizia con l’Ucraina, non vedono l’ora che questa storia finisca.

Comincia a finire anche la pazienza di alcune famiglie ospitanti, perché stanno finendo i soldi per ospitare. E l’aumento, per quanto contenuto, delle bollette non aiuta. Inoltre nell’incertezza della situazione è anche oggettivamente difficile pensare ad un serio piano di inserimento dei bambini nelle scuole e degli adulti nel lavoro.



Insomma, la situazione è al massimo della confusione, eppure tutti, a cominciare dagli ucraini, vorrebbero che la guerra finisse, e il prima possibile. Siamo tutti in attesa che qualche bambino dica che “il re è nudo”. Ma per ora tutti giocano una strana partita, come se a bridge tutti volessero “giocare contro”.

Eppure qualche segnale, non so se si può dire dal cielo, è già arrivato. Io non sono certo uno che crede facilmente a certe storie, ma se il Covid non fosse che la prima di una delle piaghe d’Egitto? Molto presto, per noi cattolici il 9 aprile, per gli ortodossi il 16, sarà Pasqua, Pasqua di Resurrezione.

Lo so che per molti, anche più o meno credenti, sarà soprattutto un weekend più lungo, con in più uova e colomba, e magari, una volta tanto, una Messa “presa” un po’ dove capita, ma cosa ne dite se, nonostante tutto, anche nonostante la nostra dimenticanza e le nostre debolezze, provassimo a fare una proposta, non dico a Putin, ma almeno al Signore: “Gesù, Salvatore di tutti gli uomini, Ti promettiamo non proprio di essere buoni, ma almeno di provarci. In cambio non pretendiamo che Putin entri in monastero (anche se non sarebbe male), che Zelensky la finisca di fare il san Tommaso (perché sappiamo bene che lui non si fida neanche di Biden), che i cinesi… (sui cinesi non saprei neanche che miracolo chiedere), ma comunque fa’ che almeno possiamo tornare a capire che abbiamo veramente bisogno di Te. Il resto, tutto il resto che speriamo, sarà una conseguenza”.

Sappiamo che molti vivono male, sono depressi, perché non si aspettano più nulla. A questi dedico gli ultimi versi di una nota poesia di Montale: “Un imprevisto è la sola speranza, ma mi dicono che è una stoltezza dirselo”.

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