Cosa può aver spinto Kiev a ideare un attacco con i droni contro le navi della flotta russa di stanza a Sebastopoli? Secondo la ricostruzione effettuata dall’intelligence di Mosca, i droni per arrivare a bersaglio avrebbero attraversato il canale di sicurezza del corridoio del grano, usato per portare i cereali fuori del Mar Nero.
Era ovvio che Mosca avrebbe reagito a una tale provocazione, sospendendo l’accordo in corso per il trasporto dei cereali. “Un attacco avventato quello ucraino” ci ha detto in questa intervista il generale Giuseppe Morabito, diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, “che si può spiegare come reazione agli incessanti bombardamenti russi sulle centrali elettriche del paese, che stanno lasciando la popolazione al freddo e al buio”. Una guerra che si avvita, quindi, sempre più su se stessa, lasciando sempre meno spiragli a una trattativa, o al contrario è proprio l’accanimento russo di queste ultime settimane (nelle ultime ore è risuonato l’allarme nelle regioni di Zhytomyr, Vinnitsa, Cherkasy, Chernivtsi, Kirovograd, Nikolaev e Odessa, come pure sulla capitale Kiev) a far presagire una possibilità di trattative?
Che senso ha questo attacco ucraino alle navi nel porto di Sebastopoli? Danni di poco conto e la conseguenza, prevedibile, del blocco dell’esportazione di cereali da parte russa, con il prezzo del grano che vola sui mercati internazionali.
L’unica spiegazione è che l’Ucraina abbia voluto mandare un segnale a Mosca per far capire che possono colpire nei posti considerati più sicuri dai russi. Non dimentichiamo che in seguito a un accordo del 1997 l’Ucraina ha concesso alla Russia l’utilizzo di parte del porto alla flotta militare, che è quindi insediata qui ben prima dell’occupazione della Crimea del 2014.
Se questo è il motivo, appare come una mossa piuttosto avventata. Ed era ovvio che la Russia avrebbe fatto scattare il blocco dell’esportazione dei cereali, non crede?
Infatti sono mosse che si giustificano solo per via dell’inasprimento della guerra in corso. La Russia da settimane sta bombardando senza sosta, colpendo gran parte delle centrali elettriche ucraine, almeno il 40% della popolazione è senza energia elettrica. Si tratta di danni pesanti, che se anche non hanno conseguenze sui combattimenti al fronte, gettano la popolazione in un profondo stato di disagio e prostrazione.
Come insegnano tutte le tattiche militari, il momento in cui i combattimenti si fanno più intensi è il momento in cui ci si avvicina alle trattative, perché si cerca di arrivarci con il massimo vantaggio militare. Una Ucraina messa in ginocchio farebbe comodo a Mosca in vista di possibili negoziati? Mosca, tra l’altro, è da giorni che si dichiara disponibile ad aprire un dialogo.
Certamente, considerando che sta per arrivare l’inverno, anche se più lentamente del solito, distruggere le centrali elettriche ucraine ha conseguenze devastanti. Non so se ci stiamo avvicinando a un tavolo di trattative, che comunque esistono sempre, come dimostrano i recenti scambi di prigionieri. Se avvengono, vuol dire che le due parti si parlano e tentano di accordarsi.
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, col quale ha discusso lo stato delle relazioni bilaterali e le ricadute del conflitto in Ucraina sulla sicurezza e sulla stabilità economica globale. Si possono aprire nuovi spiragli diplomatici?
Alla Cina la guerra crea grossi problemi, riduce i mercati economici, mette a repentaglio la Nuova Via della seta. Con le sanzioni americane che subisce, Pechino ha bisogno di fare affari con l’Europa e questa situazione bellica non lo favorisce.
Che carte ha in mano Pechino per convincere Putin a trattare?
Cina e Russia hanno un accordo strategico di reciproco sostegno, però, come dicevo, la guerra danneggia Pechino. E’ nel loro interesse che si arrivi a un cessate il fuoco e a una trattativa. La Cina in cambio di un passo in avanti del Cremlino verso il dialogo può promettere, come in parte già sta facendo, di assorbire il surplus di energia che la Russia, avendo quasi del tutto fermato le forniture energetiche verso l’Europa, non riesce a vendere.
Tornando al blocco dei cereali, il presidente turco Erdogan si è mosso immediatamente per riportare le due parti agli accordi firmati lo scorso luglio. Ha ancora potere di intermediazione?
Lo ha, infatti almeno una dozzina di navi cariche di cereali, grazie al controllo turco e delle Nazioni Unite, hanno potuto lasciare i porti ucraini. Sappiamo bene che la Russia non può permettersi per ragioni economiche di non vendere il suo grano.
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