Le informazioni che arrivano dal fronte sono ovviamente confuse e contraddittorie. Secondo analisti americani e inglesi, i russi si starebbero preparando a ritirarsi da Kherson. Lo confermerebbero le parole del generale Surovikin, da poco nominato comandante delle forze russe in Ucraina, il quale avrebbe detto che “è emersa una situazione difficile”. Una dichiarazione insolita da parte russa, ma secondo altre fonti i russi si starebbero trincerando proprio a ridosso di Kherson.



Secondo il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo e all’Afghanistan, “le parti al fronte si sono invertite: i russi sono finiti sulla difensiva, mentre gli ucraini attaccano. Questo non vuol dire che ci troviamo davanti a un momento di svolta decisivo. Teniamo conto che per entrambe le parti, con l’arrivo dell’inverno, inizierà fra poco un periodo molto difficile”.



Cosa succede a Kherson? Ci stiamo avvicinando a una battaglia campale definitiva?

È cambiata la postura del fronte di combattimento. Quella russa è diventata difensiva, stanno fortificando le loro posizioni per difendere il confine dei territori annessi con i referendum. Tutto questo mentre l’Ucraina ha assunto un atteggiamento offensivo, dovuto al momento favorevole che sta attraversando. Ma non credo davvero che siamo davanti all’operazione finale.

Anche perché fra poco comincerà l’inverno, che in quelle zone è solitamente rigidissimo, e combattere diventa difficile se non impossibile.



Va detto che dall’inizio del conflitto nel Donbass non ci sono mai state vere grandi avanzate. Questo perché le forze ucraine erano preparate e si erano trincerate con intelligenza. Adesso siamo nella situazione opposta, sono le unità russe che, dopo aver raggiunto un certo livello di occupazione, si stanno fortificando. Certamente l’inverno creerà una situazione che può peggiorare le condizioni operative, ma questo vale per entrambi gli eserciti.

Nei territori annessi con i referendum Putin ha proclamato la legge marziale. Per Biden si tratta di un gesto disperato. Secondo lei, che significato ha questa decisione?

La legge marziale implica automaticamente una mobilitazione generale o parziale delle truppe, ma da questo punto di vista non cambia nulla: Mosca sta già arruolando gli abitanti dei territori occupati.

Costringere i civili a prestare servizio nelle forze armate di una potenza occupante non è definito come una violazione delle Convenzioni di Ginevra sulla condotta in guerra?

La legge marziale consente anche l’evacuazione della popolazione civile. Il capo dell’amministrazione filorussa Vladimir Saldo ha annunciato di prevedere l’evacuazione di 50-60mila persone entro sei giorni. Sta di fatto che Putin e i suoi hanno preso atto che quella che doveva essere una operazione speciale breve adesso è una vera guerra. Non possono delegare a un piccolo contingente militare di 180mila uomini il controllo dei territori occupati. La legge marziale coinvolge tutta la società nel farsi carico della guerra, non solo i militari.

Intanto in Bielorussia sono stati dispiegati nelle basi aeree i temibili Mig-31, armati di missili ipersonici, ma anche di missili aria-aria a lunghissimo raggio. A cosa potrebbero servire?

La Bielorussia era già stata usata a inizio operazioni per dislocare le forze russe che sono entrate in Ucraina da nord, poi respinte. Usare le basi aeree significa aumentare la pressione sull’Ucraina, non più solo a est e a sud, ma anche da nord. Schierando questi sistemi d’arma si conferma l’escalation in atto, che sarà formata da tanti piccoli provvedimenti di carattere operativo come questo e di carattere normativo come appunto la legge marziale. È una corsa verso la guerra totale con le conseguenze del caso, anche nucleari.

Avendo fornito droni a Mosca, l’Iran si trova coinvolto nel conflitto. Non rischiamo di allargare il conflitto in Medio Oriente?

L’Iran è un alleato della Russia già in Siria da anni. Questa alleanza si è rafforzata con la guerra in Ucraina, perché l’Iran è uno dei Paesi asiatici che appoggiano Mosca e che non applicano le sanzioni. Guarda caso in Iran è in atto una rivolta cominciata per una questione abbastanza marginale, il velo delle donne, il cui obbligo è in vigore da decenni, però improvvisamente si sono accorti che è inaccettabile. L’Iran è in una posizione delicata e anche pericolosa, eppure ha accettato di cavalcare questo rischio per sue ragioni politiche. D’altro canto non avrebbe mai potuto schierarsi con l’Occidente, vista la presenza di Israele.

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