Il mondo teme con preoccupazione una possibile invasione dell’Ucraina da parte russa, ma siamo sicuri che sia così? Tutte le informazioni che abbiamo vengono dai servizi segreti americani, che ci hanno detto che tale invasione sarebbe già dovuta accadere. In realtà ben pochi media anche italiani ricordano il tradimento perpetuato dall’Occidente nei confronti della Russia, quando dopo la caduta del Muro di Berlino, Stati Uniti e Nato promisero che i paesi dell’ex blocco sovietico non sarebbero mai entrati a far parte dell’Alleanza atlantica. Fu una promessa tradita. La Polonia entra nella Nato nel 1999;  la Romania nel 2004; la Bulgaria nello steso anno; la Repubblica ceca nel 1999; la Repubblica slovacca nel 2004; Lettonia, Lituania e Estonia nello stesso anno. Considerarsi circondati per Mosca è ovvio, ma anche umiliati e trattati come nullità, per quello che è uno dei paesi con una delle storie più importanti al mondo.



Un comportamento arrogante, quello degli Stati Uniti, che è parte della loro storia.

Che siano democratici o repubblicani, per i presidenti americani quando si tratta di politica estera non fa differenza. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la vittoria su Germania e Giappone, gli Stati Uniti divennero automaticamente il paese più potente del globo, auto assegnandosi il ruolo di “poliziotti del mondo”. Unico avversario era l’Unione sovietica.



D’altro canto per un paese che era nato da una guerra, quella di indipendenza dall’Inghilterra, causata da motivi puramente commerciali e non per mancanza di libertà dato che le colonie americane avevano un trattamento autonomo che nessuna altra colonia aveva, e che costruirono il loro paese con guerre e genocidi devastanti nei confronti dei nativi e degli spagnoli (invasione e conquista di Texas e California, di Cuba e delle Filippine), la strada delle armi era segnata.

Anche al loro interno gli americani avevano dovuto combattere una sanguinosa guerra civile, anche questa, seppur sbandierata come abolizionismo della schiavitù, in realtà una guerra commerciale per far prevalere il modello industriale degli stati del nord su quello agricolo di quelli del sud.



Dalla fine della Seconda guerra mondiale, ogni presidente americano ha dovuto avere la sua guerra: per difendere il ruolo di prima potenza al mondo, per ottenere il consenso popolare, per biechi interessi commerciali.

Presidente democratico in carica dal 1945 al 1953, Harry Truman fu quello che diede inizio alla Guerra di Corea. Quando la Corea del Nord, comunista, invase quella del Sud, alleata degli Stati Uniti, gli Usa intervennero con altri paesi a difesa di questa. Truman fu obbligato a destituire il generale MacArthur, eroe della Seconda guerra mondiale, per il suo proposito di utilizzare bombe atomiche. Il conflitto causò quasi tre milioni di morti, almeno la metà dei quali civili.

Il repubblicano Dwight D. Eisenhower (1953-1961) portò a conclusione la Guerra di Corea con un armistizio ma fu colui che diede vita alla cosiddetta Guerra fredda: gli americani dovevano essere più potenti e aggressivi dell’Unione Sovietica, individuata come il paese nemico per eccellenza, dando vita alla escalation nucleare che tenne tutto il mondo sull’orlo del precipizio per decenni.

John Fitzgerlad Kennedy (1961-1963, democratico) considerato il rifondatore degli Stati Uniti, il presidente dei Diritti civili, l’uomo delle uguali opportunità per tutti gli americani, fu di fatto colui che iniziò la guerra in Vietnam, portando in pochi mesi i consiglieri militari statunitensi in Vietnam da qualche centinaio a 16.000 e, di fatto, iniziando il conflitto che avrebbe segnato l’America per generazioni. Fu anche il presidente della Baia dei Porci, tentativo, fallito, di invadere la Cuba di Fidel Castro.

Lyndon Johnson (1963-1969, democratico) fu autore della devastante escalation della Guerra del Vietnam. Nel 1965, ordinò anche l’invasione della Repubblica Domenicana per rovesciare il governo socialista di Juan Bosch Gavino. 

Richard Nixon (1969-1974, repubblicano) pose fine alla guerra nel Vietnam ma non prima di aver ordinato sanguinosi bombardamenti a tappeto su Hanoi, in Cambogia e in Laos colpendo e massacrando persone civili e allargando così il conflitto.

Subentrato a Nixon per via dello scandalo Watergate, Gerald Ford (1974 -1977, repubblicano) non riuscì a fare la sua guerra solo perché il Parlamento americano glielo impedì. Nonostante gli accordi di Parigi del 1973, l’anno dopo le truppe nord vietnamite invasero il Vietnam del Sud: Ford voleva intervenire militarmente ma il Congresso disse di no.

Considerato uomo di pace e simbolo della pace stessa il democratico Jimmy Carter (1977-1981) per combattere i russi che avevano invaso l’Afghanistan sostenne militarmente e di fatto creò i mujaheddin e i talebani, che poi si sarebbero rivoltati contro gli stessi americani. Fu protagonista dell’imbarazzante blitz militare (fallito) per liberare gli ostaggi dell’ambasciata americana a Teheran.

Il repubblicano Ronald Reagan (1981-1989) si concentrò sull’America centrale e latina, per impedire che governi comunisti prendessero il potere. Invase Grenada nel 1983, perché un regime filo marxista non si affiancasse a quello cubano in quell’area; sostenne militarmente i più sanguinari regimi di destra in Nicaragua e El Salvador e bombardò Tripoli nel 1986 per uccidere senza riuscirci Gheddafi.

George H. W. Bush (1989-1993, repubblicano) combatté e vinse la prima guerra del Golfo, dopo l’invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait. Diede anche l’ordine di invadere Panama: nel dicembre del 1989, 24.000 soldati americani sbarcarono nel piccolo, ma importantissimo stato del Centroamerica per abbattere il dittatore Manuel Noriega.

Un altro campione die diritti umani, Bill Clinton (1993-2001) fu autore dei cosiddetti “bombardamenti umanitari” contro i serbi di Bosnia e a Belgrado, oltre 500 raid aerei e 2700 tonnellate di bombe anche sui civili. Clinton riuscì a ignorar ben due trattati internazionali: quello di Helsinki secondo cui i confini degli stati continentali devono essere considerati intangibili e la Carta dell’Onu, intervenire militarmente senza mandato del Consiglio di sicurezza (per la cronaca, in quella guerra vi prese parte anche l’Italia che così violò l’articolo 11 della Costituzione, che vieta al nostro paese azioni di guerra che comunque devono essere autorizzate dal Parlamento, che non lo fece; quando l’allora presidente della Repubblica Scalfaro osò obbiettare che si trattava di una iniziativa illegittima, fu messo a tacere).

Poco da dire di George W. Bush Jr. (2001-2009. repubblicano). Se l’invasione dell’Afghanistan alla luce degli attentati alle Torri Gemelle può apparire giustificata, del tutto senza giustificazione fu l’invasione dell’Iraq che portò alla nascita dello Stato Islamico.

Barack Obama (2009-2017, democratico), vincitore del Nobel per la Pace, oltre ai noti interventi in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan, ha bombardato anche lo Yemen, la Somalia e il Pakistan. Secondo alcuni analisti è stato il presidente americano che ha tenuto in guerra gli Stati Uniti per più tempo. 

Benché abbia cercato di riportare gli Stati Uniti all’isolazionismo precedente la Seconda guerra mondiale, il repubblicano, se così si può definire visto quanto gran parte degli stessi repubblicani non lo considerino tale, Donald Trump (2017-2021) ha in tutti i modi provocato l’Iran com bombardamenti mirati e ritirando l’America dagli accordi sul nucleare, cercando di trascinarlo in una guerra.

Alla luce di tutta questa cronistoria appare alquanto evidente che il democratico Joe Biden sia disperatamente alla ricerca di una sua guerra anche lui, visto il livello bassissimo del consenso popolare da parte dei suoi cittadini. L’Ucraina è lì pronta alla bisogna.