Caro direttore,
ho letto il commento di Dario Chiesa, che ringrazio per l’attenzione dedicatami, e che pone domande importanti per noi tutti. Devo premettere che la redazione dell’articolo pubblicato il 9 gennaio scorso mi è costata più fatica di quanto si possa immaginare. Questo perché il considerare i rischi derivanti dalla continuazione della guerra in Ucraina, soprattutto a uno studioso di storia militare, toglie il sonno da più di due anni. Chi conosce l’andamento delle guerre ne prova angoscia come un infettivologo che veda scoppiare una pandemia. Premetto anche che alcuni piani di pace formulati nei mesi scorsi, come quello esplicitato da Elon Musk (riconoscimento della Crimea come appartenente alla Russia e referendum garantiti nel Donbass) appaiono ragionevoli e ben fondati. Inoltre, deve essere sempre lasciato uno spazio alla diplomazia (ad es. scambio di prigionieri), mi risulta che i capi militari statunitensi e russi continuino a mantenere una linea di contatto e ciò è una buona notizia. Cerco di precisare i punti sui quali Dario Chiesa, con la sua esperienza sull’Europa orientale, ha posto la sua attenzione, basandomi sugli studi condotti nella redazione di un nuovo libro sull’argomento, di prossima uscita presso la casa editrice Ares.



Esiste una soluzione militare? La risposta, almeno nell’immediato futuro, è negativa. L’Ucraina ha subito distruzioni immani, con perdite calcolate (ad agosto 2023) in 70.000 morti e 120.000 feriti. Effettivi disponibili in calo, assenza di rincalzi ed età media dei militari molto alta (40 anni), mentre solo adesso l’età della coscrizione obbligatoria è stata abbassata da 27 a 25 anni. In definitiva l’Ucraina non ha risorse umane bastevoli per vincere la guerra ma solo per continuarla, a patto che venga rifornita di munizioni e di equipaggiamento. Da parte russa le perdite si aggirano sui 120.000 morti e 180.000 feriti, tenendo conto che gran parte di queste perdite hanno toccato l’esercito professionista schierato all’inizio dell’invasione. L’attuale esercito russo ha dimostrato di non saper compiere ampie manovre con mezzi corazzati ma solo dispendiosi attacchi di piccoli reparti di fanteria che stanno, effettivamente, erodendo le difese ucraine con costi altissimi. Allo stato l’unica soluzione militare possibile è quella del crollo del morale delle truppe per la Russia o di truppe e/o popolazione per l’Ucraina. Si tratta di una eventualità con tempi estremamente incerti. Tutto ciò a meno che Putin non decida di utilizzare armi chimiche o nucleari tattiche, come paventato in questi giorni dal colonnello Hamish de Bretton-Gordon. Ovviamente le conseguenze di una scelta simile sarebbero catastrofiche.



Più realistico, invece, prevedere che Putin possa insistere in un’offensiva convenzionale e conseguire la presa di Avdiivka entro le elezioni presidenziali di marzo. Per aggiornamenti è consigliabile la visione del canale Youtube “Parabellum” di Mirko Campochiari, il migliore sentito in questi mesi.

È certo, in ogni caso, che l’interruzione o anche solo la diminuzione delle forniture militari all’Ucraina porterà al crollo del fronte e del morale di un popolo che sta affrontando il secondo inverno sotto incessanti attacchi missilistici. Quando prevedevo l’arrivo delle forze russe al confine non intendevo nel 2024 ma anche solo entro la fine del decennio, quando l’esercito russo si sarà ricostituito, tornando ad essere una forza altamente addestrata. Domanda: se l’Europa continua a dormire e non effettua una riconversione mentale e culturale, ancor prima che industriale e militare, che deterrenza potremo opporre? Tutto ciò tenendo conto che, in caso di vittoria di Trump, l’Europa potrebbe essere abbandonata a sé stessa.



Esiste una soluzione politica? Risposta affermativa ma solo nel senso di un armistizio o di una tregua, sul modello coreano.

Aumento di spese militari. Anche nel caso si adotti una soluzione “coreana” va ricordato che la Corea del Sud dispone di un esercito modernissimo e spende il 3% del proprio Pil mentre i Paesi europei della NATO non arrivano al 2%. L’Italia spende l’1,4%. Teniamo conto che, negli anni Ottanta, le spese militari italiane erano il 2,1%. Quando ero ufficiale di complemento, nel 1984, l’esercito italiano era composto da 250.000 uomini di cui 187.000 di leva e con mezzo milione di riserva. Oggi abbiamo un esercito di 90.000 uomini e donne con 30.000 nella riserva. Considerati gli scenari che si prospettano sarà utile premunirsi. Secondo il capo dell’intelligence tedesca “La Russia è una tempesta, la Cina è un cambiamento climatico” (Difesa on line, 29 dic. 2023). E allora il buon padre di famiglia si assicura contro gli eventi: le forze armate sono una assicurazione. Se spendi poco è probabile che non vi siano garanzie sufficienti al momento del bisogno.

“Forse è la continuazione della guerra che porta a un aumento esponenziale delle spese militari”. In effetti se l’Ucraina si arrendesse avremmo sicuramente una drastica diminuzione di spese militari. Tuttavia non possiamo dire che la guerra è finita fino a che l’altro non ha finito. E che non sia affatto finita è stato proprio Putin a dirlo più volte in queste settimane.

La Russia può assoggettare l’Europa? L’eventualità pare impossibile ed è ridicolo immaginare i carri russi che arrivino a Lisbona. Se, tuttavia, dopo la caduta dell’Ucraina, ci ponessimo la domanda “Morire per Tallin? Per Riga?” vedremmo la disintegrazione della NATO con Ungheria e Slovacchia già pronte per cambiare di campo. L’occupazione russa dei Paesi baltici, facile e breve, date le poche truppe poste a difesa, comporterebbe una controffensiva NATO che li trasformerebbe in campi di battaglia. Una battaglia, moralmente, già persa in partenza dall’Occidente. E questo di fronte a un regime spietato come e più dell’URSS. Il 14 novembre 2023 l’artista Aleksandra Skocilenko è stata condannata 7 anni di carcere per aver sostituito alcuni segnaprezzi di un supermercato con adesivi che riportavano il bombardamento di Mariupol e altri crimini di guerra russi (La Nuova Europa, 28 novembre 2023). Un regime che vede l’Occidente come il nemico esistenziale e sistemico, come efficacemente descritto da Timothy Snyder nel suo La paura e la ragione. Con la disintegrazione della NATO e dell’Unione Europea l’unica potenza egemone sul continente sarebbe la Russia imperiale.

Deterrenza della NATO prima della guerra. Dario Chiesa, giustamente, chiede quale deterrenza abbia posto la NATO alla vigilia dell’invasione. Risposta: nessuna. L’Ucraina non era membro della NATO e Biden lo precisò nel dicembre 2021. Una posizione giuridicamente corretta ma che diede il via libera a Putin. Da quest’ultimo punto vorrei trarre alcune conclusioni a costo di ripetermi. Noi occidentali siamo autoreferenziali. Pensiamo che tutti ragionino come noi. Putin non avrebbe invaso l’Ucraina perché era impossibile potesse vincere. Hamas non avrebbe attaccato perché i lavoratori palestinesi mantenevano, col proprio lavoro in Israele, centomila famiglie a Gaza. I coloni israeliani continuano a commettere crimini contro i palestinesi infischiandosene del fatto che ciò sta isolando progressivamente Israele. Se la Cina attaccasse Taiwan provocherebbe danni catastrofici anche alla propria economia. Ebbene è ora che ci rendiamo conto che non esiste solo la nostra razionalità e che altri governi possono avere priorità diverse dalle nostre. Se i suprematisti ebrei hanno deciso che Israele è soltanto loro porteranno tutto il proprio paese alla rovina, ma ciò non è da essi preso in considerazione. Se Xi Jinping ha statuito che Taiwan tornerà cinese, e vorrà farlo sicuramente prima della propria morte, il disastro economico che ne seguirà è secondario rispetto al compimento dell’unità e alla rottura della prima catena di isole che circondano la Cina impedendole di espandersi nel Pacifico. Forse bisogna diventare davvero un poco multipolaristi, almeno per sapere come la pensa chi non la pensa come noi. O si fa troppa fatica?

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