Caro direttore,
leggo sempre con molto interesse gli articoli di Alberto Leoni e le sue analisi storiche, ma il suo ultimo articolo sulla guerra in Ucraina ha sollevato in me una serie di domande. Le propongo qui sotto, nell’illusione che non siano solo mie e che possano quindi meritare un approfondimento.

“Qualora l’Occidente non aiuti più a sufficienza l’Ucraina questa crollerà e avremo le forze russe ai confini con i paesi della Nato”.



Non vi sono dubbi che occorra sostenere l’Ucraina, ma credo occorra essere chiari sugli obiettivi. La vittoria di cui parla, o parlava, Zelensky? Non sono un esperto di cose militari, ma mi sembra un obiettivo difficilmente raggiungibile, a meno di un coinvolgimento diretto della Nato e conseguente conflitto globale.



Per impedire che Putin cerchi ancora di arrivare a Kyiv? Non credo che a Mosca si consideri ancora questa ipotesi, ma che si ritengano sufficienti i risultati finora raggiunti, visti anche i non indifferenti costi. La vera questione mi sembra sia se, con negoziati condotti direttamente da Washington, si possano ridurre le perdite territoriali ucraine e cominciare a pensare al pesante problema della ricostruzione del Paese.

Inoltre, non mi pare che la Russia abbia bisogno di conquistare l’Ucraina per avere le sue forze armate ai confini della Nato. Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia hanno già confini con la Federazione Russa. L’unico Paese veramente a rischio, ma già prima dell’invasione dell’Ucraina, è la Moldavia, dove fin dalla creazione dello Stato, dopo il crollo dell’URSS, vi è una repubblica separatista, la Transnistria, nella quale vi sono truppe russe.



“La cessazione o l’inadeguatezza degli aiuti all’Ucraina potrà portare non solo catastrofi geopolitiche, ma un aumento esponenziale delle spese militari”.

Secondo le stime del SIPRI di Stoccolma la spesa mondiale militare nel 2022 ha raggiunto la cifra di 2.240 miliardi di dollari e, grazie ai rifornimenti di armi all’Ucraina, i depositi di munizioni in Occidente sono in via di esaurimento. Forse è la continuazione della guerra che porta a un aumento esponenziale delle spese militari.

“Continuare a sostenere l’Ucraina e rendere la Nato uno strumento di deterrenza credibile, altrimenti saremo assoggettati da questa Russia”.

Se non ricordo male, si è parlato per mesi dello schieramento di truppe russe al confine con l’Ucraina e della possibilità di un attacco. Con che modalità si è svolta allora l’azione di deterrenza della Nato? Mi chiedo inoltre: come mai dopo la sostanziale inazione prima dell’invasione, la Nato ha cominciato a sostenere concretamente e militarmente l’Ucraina solo a guerra iniziata? Sarò un ottimista, ma che noi (Italia, Europa, Nato?) si possa essere assoggettati dalla Russia mi sembra improbabile. Il nemico più pericoloso non è la Cina? Non era conveniente cercare di separare la Russia dalla Cina? Non mi pare che si sia fatto molto in questa direzione. E il pericolo di essere “assoggettati”, almeno per noi europei, non viene particolarmente dalla minaccia islamica, portata in primo piano dalla guerra a Gaza?

Tuttavia, la domanda fondamentale che mi pone l’articolo di Leoni è la sua drastica esclusione della possibilità di una tregua o di trattative per porre fine alla guerra. Ne concludo che l’unica possibilità sia quella di continuare con questa guerra, ma fino a quando? Quando la Russia sarà costretta a ritirarsi dall’Ucraina? È un’ipotesi credibile senza un intervento diretto della Nato? Oppure fino a quando l’attuale regime russo crollerà sotto il peso della guerra? E quanto ci vorrà perché questo accada? E cosa avverrà poi in Russia? L’avvento di un governo democratico all’occidentale o di un regime ancor più spietato, o il collasso della Federazione Russa? Tranne il caso della prima ipotesi, temo non molto probabile nel breve termine, le altre due eventualità si presentano come peggiori rispetto all’attuale situazione.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI