Nonostante gli sforzi per ottenere una tregua, è stata una Pasqua di sangue in Ucraina. Appare ormai evidente che i russi hanno lanciato la seconda fase della loro offensiva con l’obiettivo, come detto ieri, di strappare a Kiev tutta la fascia costiera, cosa che peserebbe enormemente dal punto di vista economico e non solo. Dal canto loro, Zelenski e il suo vertice parlano di controffensiva, obiettivo ambizioso e tutto da vedere se possibile, come ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battistigià comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan: “L’esercito ucraino era preparato per una guerra di posizione difensiva, hanno difeso bene Kiev e altre città. È tutto da vedere se hanno una capacità di comando e controllo su scala nazionale che permetta di coordinare gli sforzi in modo sincronizzato per scegliere dove esercitare lo sforzo principale”.



È stata riaperta a sorpresa l’offensiva su Odessa. Quello di conquistare tutta la fascia costiera dalla Transnistria alla Crimea fino al Mare di Azov è un obiettivo realistico questo per i russi? Ci vorranno anni di combattimento per realizzarlo?

Anni credo di no. Sicuramente Odessa è tornata a essere obiettivo primario dei russi, la sua conquista permetterebbe di spingere e arrivare alla Transnistria dove c’è un contingente di qualche migliaio di soldati russi. È infatti un’altra di quelle regioni che all’atto del disfacimento dell’Unione Sovietica si è dichiarata autonoma, un po’ come le due repubbliche del Donbass. È difficile dire il tempo necessario, bisogna prima vedere come procede l’offensiva nel Donbass: sono quasi 500 chilometri di linea di contatto.



Che idea si sta facendo dell’attuale situazione?

Dalle informazioni che arrivano apparentemente l’offensiva in Donbass non è ancora cominciata, si procede con bombardamenti di artiglieria a lunga gittata e con missili anch’essi a lunga gittata e con attacchi al suolo degli aerei per bloccare gli ucraini. Bombardare Odessa rientra in questa campagna di lancio di missili che non risparmia ormai più nessuna città.

Infatti, ci sono state negli ultimi giorni anche le prime vittime civili a Leopoli, nell’estremo ovest dell’Ucraina.

Nei primi giorni della guerra sembrava che non tutte le città fossero obiettivo, mentre adesso, dopo i problemi avuti nella prima fase, i russi hanno esteso il lancio a tutte le principali città. Non tanto per creare panico nella popolazione, ma per colpire i depositi e le fabbriche di armi e dove sembra che arrivino gli aiuti occidentali.



Facciamo il punto sull’offensiva sulle coste del Mar Nero. Qui come è la situazione?

Come detto, Odessa rimane l’obiettivo più ambito in quanto è il principale porto insieme a Mariupol anche per il commercio. Mariupol è già russa; Odessa difficilmente può ricevere aiuti con la chiusura attuata dalla marina russa. Conquistarla sarebbe un grosso risultato anche propagandistico, insieme a Mariupol, in vista della grande sfilata a Mosca del 9 maggio per festeggiare la vittoria sui tedeschi nella seconda guerra mondiale.

A Mariupol però ci combatte ancora nell’acciaieria Azovstal dove si nascondono gli ultimi nazionalisti ucraini.

Sì, ma nessuno li va a cercare tunnel per tunnel, sarebbe dispendioso in termini di vite umane anche se il leader ceceno ha detto che li staneranno e li sgozzeranno uno a uno. Conoscendoli, i ceceni sarebbero capaci di farlo, sono dei tagliole incalliti abituati a combattere in Siria e in Cecenia. Tornando alla situazione costiera, bisogna vedere se e quando intendano lanciare questa offensiva sul fronte del Donbass e se riescono a sfondare, per capire cosa vogliano fare. Le forze russe schierate su questo lungo fronte non sono così numerose e così massicce come la propaganda di Mosca vuol far credere.

Si parla anche di morale molto basso delle truppe russe e della difficoltà di riorganizzare le forze dopo la prima fase. Lei quali punti deboli vede nei due opposti schieramenti?

Facendo delle supposizioni, la mia idea è che la prima fase cominciata del 24 febbraio sia fallita perché i russi pensavano di far cadere tutte le istituzioni governative e di avere l’appoggio della popolazione. Hanno invece avuto problemi di coordinamento fra le forze terrestri e quelle aeree che dovevano proteggere l’avanzata a terra e anticipare le informazioni che avrebbero potuto vedere sul terreno.

Come mai è successo questo?

Perché i russi operavano con la dottrina della guerra fredda.

Sarebbe?

L’uso di una grande massa corazzata e del fuoco di artiglieria, binomio della Seconda guerra mondiale, è sempre stato la parte prevalente della strategia militare russa. Questa carenza di coordinamento e di informazioni è costata a cara. Teniamo conto che siamo nell’era di quella che gli anglosassoni chiamano “Information age conflict”, che si potrebbe tradurre con “era dei conflitti di informazione”. Significa che qualsiasi decisione operativa deve tener conto del maggior numero di informazioni sull’avversario e sul terreno. Queste informazioni devono essere sincronizzate e capite dalla linea della catena di comando. Probabilmente c’è stata una postura da guerra fredda che ha fatto ritenere ai russi di poter condurre l’offensiva, si sono accorti invece che il coordinamento mancava e anche il supporto logistico.

Insomma, hanno agito sottovalutando la realtà?

In Ucraina le strade sono poche e le condizioni climatiche con un disgelo anticipato hanno reso impossibile ai mezzi corazzati russi di procedere fuori delle strade asfaltate. Se andiamo indietro nella storia, troviamo una situazione analoga durante l’operazione Market Garden che gli Alleati condussero nel settembre del 1944 per cercare di arrivare dall’Olanda al Reno. Trovarono poche strade asfaltate, i terreni olandesi erano paludosi o erano stati allagati dai tedeschi, il materiale da ponte per attraversare i fiumi olandesi dopo che i tedeschi avevano distrutto i ponti rimase in coda per uno scarso coordinamento della parte logistica.

È stato il limite in cui si sono trovati coinvolti anche i russi, quindi?

Sì. Bisogna dire, guardando al conflitto russo-finlandese del 1939-40, all’operazione Barbarossa nazista e all’Afghanistan, che i russi imparano combattendo, anche perché hanno una minore sensibilità rispetto a noi nei confronti dei propri soldati. Imparano cioè sulla pelle dei propri soldati.

Lei che è stato in Afghanistan, che differenza trova rispetto all’Ucraina? Si dice che i russi in due mesi abbiano perso il doppio degli uomini rispetto a dieci anni di guerra in Afghanistan. Allora però le perdite furono tra ia motivi che provocarono il crollo dell’Urss, adesso sembra che Putin sia stabilmente al potere.

È molto difficile dire cosa succeda. Dovrebbe accadere un’altra Rivoluzione di Ottobre. Da quello che ci dicono sembrerebbe che la maggioranza dei russi sostenga Putin. Bisogna anche dire che il conflitto afgano era di contro-guerriglia, questo è un conflitto tradizionale.

Degli ucraini invece individua qualche punto debole?

Ne 2014 quello ucraino era un esercito scarsamente preparato. Poi l’assistenza americana e inglese hanno creato una coordinazione militare forte, preparata e ben equipaggiata. Forse la carenza principale sta nel fatto che stati preparati per una guerra di posizione difensiva. Hanno difeso bene Kiev e altre città. Bisogna vedere se adesso hanno una capacità di comando e controllo su scala nazionale che permetta di coordinare gli sforzi in modo sincronizzato e scegliere dove e come esercitare lo sforzo principale. Un altro aspetto è che nel 2014 l’equipaggiamento era di origine sovietica con mezzi superati. Adesso con i rifornimenti occidentali stanno integrando e migliorando la capacità reattiva. Bisognerà vedere se arriveranno i pezzi pesanti occidentali e in quanto tempo riusciranno ad addestrarsi.

Zelensky e il suo stato maggiore promettono controffensive: saranno in grado?

C’è anche il problema di coordinare le forze regolari, la guardia nazionale, le milizie e i civili partigiani. Serve una struttura di comando molto forte e capillare. Il dubbio è se hanno la capacità offensiva. Avendo il mare chiuso le possibilità di ricevere armi passano da alcuni punti ben precisi, stradali e ferroviari, sul territorio e quindi dalla loro capacità di riuscire a mantenere libere queste vie di comunicazione. È chiaro che i russi sanno bene dove arrivano i rifornimenti.

(Paolo Vites) 

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI