Alle dichiarazioni di Mosca sulla fine delle operazioni militari a Kyiv, Stati Uniti e Ucraina non hanno dato credito, anche perché non sono cessati i bombardamenti sulla zona periferica della capitale e sulla città di Chernihiv. Secondo gli esperti occidentali, l’esercito russo starebbe solo riposizionandosi, portando le truppe che finora hanno combattuto in prima linea verso la Bielorussia per sostituirle con contingenti più freschi. A conferma di ciò ci sarebbe la segnalazione dell’arrivo di duemila soldati dalla Georgia.
Secondo Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver, “quello che sta succedendo in queste ore può essere letto in due modi: o le truppe russe stanno mettendo in atto una sorta di tregua per riposizionarsi con nuovi elementi o davvero si stanno per concentrare in vista di un attacco definitivo nel Donbass”. Putin, ci ha detto ancora Indelicato, “deve portare a casa almeno un obiettivo in occasione del 9 maggio, la Giornata in cui si celebra la vittoria nella Seconda guerra mondiale, un appuntamento che ha un significato simbolico di primo piano per la nomenklatura russa”.
È fallita la strategia dei russi di accerchiare Kyiv? Che idea si è fatto, visto che sia l’esercito ucraino che il Pentagono hanno definito “ingannevole” quanto dichiarato da Mosca?
Mosca e Washington usano due termini diversi per descrivere la stessa situazione. A livello di fatto concreto, è vero che c’è un rimescolamento delle carte intorno alla capitale, quindi è vero, come dice Mosca, che diversi reparti sono stati allontanati da quella zona. Se questo per Mosca corrisponde alla volontà di non attaccare Kyiv, per gli Stati Uniti significa invece solo un riposizionamento delle truppe al fronte. Quello che per Mosca è la dimostrazione che non vogliono attaccare ma concentrarsi sul Donbass, per gli Usa corrisponde a un non-cambiamento delle sorti del conflitto.
Infatti continuano i bombardamenti sulla capitale: anche questo smentisce quanto detto da Mosca?
È vero, i bombardamenti non si sono fermati, ma anche qui possiamo trovarci di fronte a due facce della stessa medaglia: o la Russia continua a bombardare per continuare a fare pressioni su Kyiv, oppure si tratta di raid che servono a proteggere il parziale dietrofront delle proprie truppe. Se i carri armati percorrono le strade di un paese occupato, è chiaro che è interesse del proprio comando proteggere queste truppe. I bombardamenti possono essere letti in questo senso, come un fuoco di protezione per le proprie truppe.
Sempre a proposito delle intenzioni di Mosca, è stato detto che i russi vogliono concentrarsi sulla conquista del Donbass. Ritiene plausibile la dichiarazione secondo la quale il conflitto cesserà il prossimo 9 maggio, data della celebrazione della vittoria contro la Germania nazista? Putin riuscirà a celebrare la “liberazione” del Donbass per quel giorno?
Si tratta di un obiettivo, il 9 maggio è una data importante soprattutto per la nomenklatura e per la retorica politica di Putin, che ne fa una ricorrenza cardine dell’identità nazionale russa, in quanto ricorda e celebra il giorno della vittoria sui nazisti tedeschi nella Seconda guerra mondiale. È una festa molto sentita ed è quindi plausibile pensare che per quella data Putin voglia annunciare il raggiungimento quanto meno di un obiettivo.
Quale?
Questo può essere la demilitarizzazione dell’Ucraina, la cosiddetta denazificazione o, appunto, la conquista definitiva del Donbass. Ma non è detto che a quel punto la guerra finisca. Se le trattative non dovessero andare avanti e i rapporti con gli Usa non dovessero migliorare, Mosca potrebbe proseguire con la sua “operazione speciale” per raggiungere altri obiettivi.
Ma la conquista del Donbass è l’obiettivo primario?
Il Donbass è l’area da cui tutto è partito. È la regione tradizionalmente abitata da russofoni, la Russia non vuole perderla e quindi inizierà ad annettere territori conquistati o aumenterà la sua presenza militare al fine di ottenere un accordo che protegga l’identità russa della regione e ne faccia una zona cuscinetto fra Ucraina e Russia.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha incontrato i colleghi di Iran, Cina e Pakistan. È in atto un tentativo di costituire un blocco di paesi non ostili alla Russia?
Indubbiamente si tratta di un incontro tra paesi non ostili a Mosca. La Russia sa di avere degli interlocutori e non governi ostili alla sua operazione in Ucraina, però non è detto che si formi un blocco.
Perché?
Non è detto che questi paesi aiutino la Russia in maniera attiva, sia nella guerra, sia nel superare le difficoltà economiche derivanti dalle sanzioni. Sappiamo che la Cina è molto titubante nell’offrire un chiaro sostegno militare, così come l’Iran nell’ottica di un passo avanti nelle trattative sul nucleare con gli Stati Uniti. Per questo difficilmente prenderà un atteggiamento chiaramente favorevole alla Russia. Lavrov ha incontrato ministri non ostili, ma non è detto che siano un blocco di amici.
(Paolo Vites)
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