Ma non deve passare una mosca. Ora quella frase pronunciata in diretta streaming da Vladimir Putin al suo ministro della Difesa, seguita all’ordine di sospendere l’attacco finale contro l’acciaieria Azovstal di Mariupol, assume tutto un altro senso. Perché l’uomo che autorizzò i blitz al teatro Dubrovka e a Beslan, di colpo decide mostrare pubblicamente un supplemento di pazienza nei confronti dei suoi più acerrimi nemici, ovvero le forze speciali ucraine e il battaglione Azov?
Si è parlato poco di questa decisione. E ora il motivo è chiaro. Tanto chiaro da potersi racchiudere in una singola domanda: cosa si nasconde dentro quell’enorme acciaieria, a livello umano ma anche, forse, di armi e documentazione? Perché aspettare nell’assalto finale, ma rendere ben noto a tutti che, comunque, da quella struttura l’esercito russo non farà uscire nemmeno una mosca? E perché il numero uno dell’Onu ha deciso di alzare le sue nobili ma pesantissime terga, soprattutto quando la situazione presuppone dei rischi reali e non la comoda permanenza al Palazzo di Vetro e recarsi prima ad Ankara in cerca dell’unica mediazione credibile e poi proprio a Mosca e Kiev?
Quale inconfessabile verità si cela fra quel cemento, perché le Nazioni Unite – finora limitatesi a un atteggiamento di unilaterale condanna e marginalizzazione della Russia, ivi compreso il negare una seduta straordinaria per smontare la narrativa ufficiale su Bucha – ora sentano l’impellente esigenza di spendersi in prima persona per giungere a un epilogo che garantisca il passaggio degli assediati oltre le linee attraverso un corridoio umanitario? E non pensiate che l’Onu si scomodi per i civili presenti nell’acciaieria, visto che finora non aveva mosso un dito per tutti gli altri, ivi compresi 5 milioni di sfollati.
Non deve passare una mosca. A occhio e croce, Vladimir Putin ha identificato in quella struttura il suo cavallo di Troia, la sua arma segreta. E pur non rivelando nulla, comincia a centellinare i messaggi in codice. Uno dei quali è arrivato proprio nel fine settimana, oltretutto per via ufficiale. Il Cremlino, infatti, ha avvisato palazzo Chigi dell’uccisione in Ucraina di 11 mercenari italiani affiliatisi alle milizie di Kiev e ha reso altresì noto che sarebbero in totale una sessantina i nostri connazionali in armi contro Mosca: per i rimanenti in vita, il Governo russo oltre a non escludere possibili e analoghi epiloghi tragici, rende noto fin d’ora che non sarà applicata alcuna convenzione o norma relativa al diritto umanitario internazionale. Fonti dell’intelligence italiana contattate dall’Ansa hanno smentito la versione del Cremlino, limitandosi però a un non ci risulta.
Al netto della guerra di versioni, una cosa è certa. Anzi, due. Primo, si tratta quantomeno di una mezza verità, poiché certamente Mosca non utilizza platealmente una bugia per via diplomatica ufficiale e rendendola nota alla stampa, salvo vedersi sbugiardata e accreditando così la nomea di disinformatore seriale. Secondo, la scadenza temporale che mette in successione quell’ordine relativo alla blindatura totale e assoluta dell’acciaieria di Mariupol e questa indiscrezione. Come dire, dentro quella fabbrica si parlano molte lingue e non solo l’ucraino. E il sospetto è che il nodo del contendere non siano eventuali foreign fighters animati da non si sa quale sacro fuoco, bensì la presenza di addestratori di eserciti stranieri o, peggio, membri di agenzie di intelligence. A quel punto, il problema non sarebbe l’eventuale scoperchiamento del vaso di Pandora dell’assistenza militare occidentale all’Ucraina, stante i carichi di armi in continua e pubblica consegna, bensì il rischio di un’attivazione de facto di protocolli militari. Ovvero, la possibilità che per Mosca si configuri un atto di guerra da parte di Paesi membri Nato operanti su suolo ucraino in modalità offensiva verso il suo esercito. Sarà per questo che l’Onu ha scomodato le pesanti terga del suo Segretario generale? E sarà per mettere le mani avanti che il presidente Zelensky, prima ancora che Guterres atterri a Kiev quest’oggi, lo ha ammonito a non pensare di poter parlare o trattare a nome dell’Ucraina?
Cosa vuole Zelensky, solo armi e soldi? Allora sia chiaro, dopo settimane di invocazione delle Nazioni Unite: chi respinge la mediazione, persino quella massima prevista che si incarna proprio nell’Onu, è Kiev. E non Mosca, visto che Vladimir Putin ha accettato di buon grado l’incontro con Guterres, nonostante – appunto – il non certo tenero approccio tenuto finora dal palazzo di Vetro verso Mosca. Non sarà che l’attore prestato alla destabilizzazione per conto terzi sia obbligato a disconoscere ex ante una possibile soluzione negoziale che Guterres ottenga da Mosca per sbloccare il caso Azovstal, poiché la sfilata di uomini e mezzi che ne uscirebbe sotto scorta dell’esercito russo svelerebbe al mondo un segreto capace di mandare in frantumi sessanta giorni di efficacissima narrativa resistenziale?
Se avete notato, di colpo sono spariti a tempo di record dalla stampa con l’elmetto i forni crematori mobili e le farsesche ricostruzioni della missione russa a Bergamo durante la prima ondata di Covid. Resistono, anzi tendono a moltiplicarsi, le fosse comuni. Ma anche qui, si comincia timidamente a far balenare l’ipotesi che siano soltanto dei campi santi di massa improvvisati per la necessità di dare sepoltura a poveri corpi. E non luoghi-simbolo di massacri pre-ordinati e di massa. E, soprattutto, alla luce di quella poco piacevole comunicazione del Cremlino a palazzo Chigi, cominciano a diventare parecchie le voci che ritengono quantomeno strano ed eccessivo il tasso di servilismo italiano verso i desiderata statunitensi, non foss’altro alla luce dell’atteggiamento di altri governi europei, Germania e Francia in testa. Non a caso, sfruttando l’odierna riunione del Consiglio Nato a Rammstein, Roma si prepara a un terzo decreto interministeriale per nuovo invio di armamenti a Kiev. Questa volta pesanti, compresi gli obici.
Nel frattempo, dall’acciaieria di Mariupol non deve uscire nemmeno una mosca. E non uscirà, se non dopo un accordo fra Mosca e Onu. La riprova che qualcosa non vada e che quelle mura rinforzate nascondano segreti inconfessabili? Se Zelensky proseguirà nel suo boicottaggio della mediazione di Guterres e respingerà la bozza che potrebbe uscire dal Cremlino, preferendo sacrificare soldati e civili piuttosto che permettere ai russi di mostrare al mondo il campionario umano e militare presente da giorni nella Azovstal, sarà palese. Quantomeno a chi non sia unicamente mosso dalla malafede. O da interesse, altrettanto inconfessabile e spacciato per amore della democrazia.
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