Una strategia micidiale, quella che la Russia sta mettendo in atto contro l’Ucraina, che ha aspetti globali e non solo locali, studiata perfettamente e che giorno dopo giorno si svela nella sua forza, a discapito delle tante critiche e dei commenti anche ironici di “esperti” del settore dopo i primi giorni di conflitto. Con la battaglia in corso a Severodonetsk, come ci spiega in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, “i russi stanno per prendere possesso dell’ultima grande città del Donbass ancora in mano ucraina. Lentamente, ma avanzano in modo inesorabile”.
La strategia russa si svela su più piani: il terreno, dove la possibilità di inviare continuamente truppe fresche dal serbatoio immenso che è la Russia, svilisce la resistenza ucraina che non può fare altrettanto; il deterrente nucleare, che impedisce a qualunque Paese del mondo di intervenire direttamente nel conflitto. E infine l’uso del grano come arma militare: “Non solo Mosca priva Kiev di una risorsa economica importantissima, ma rifornendo con il grano rubato i Paesi africani non ostili alla Russia, li condiziona politicamente, adesso e in futuro”. Il mondo non sarà più lo stesso.
Il quadro del conflitto sembra dirci che russi e ucraini non riescono a sbloccare la situazione a Severodonetsk. È così?
Indubbiamente questa battaglia per il controllo della città si sta trascinando da un po’ di tempo. Ci sono notizie contrastanti: i russi affermano di avere il controllo, fonti ucraine dicono di aver ripreso alcuni quartieri del centro. Fonti delle intelligence inglesi e americane riferiscono invece che gli ucraini stanno subendo l’offensiva russa e stanno cedendo poco alla volta il controllo.
Una situazione fluida o una vittoria russa ormai in vista?
Chi come noi osserva da lontano non può capire realmente come vadano le cose. È quasi certo che i russi stanno progredendo lentamente in tutta la zona della città, una sacca del Donbass ancora in mano ucraina. Lo stesso Zelensky afferma che subiscono forti perdite e sono carenti di ricambio di uomini. Per capire cosa succede dobbiamo guardare l’offensiva russa secondo quattro aspetti: il tempo, lo spazio, l’intelligence e le forze presenti e che possono affluire.
Ci dica.
Lo spazio in cui si muovono gli ucraini è sempre più ristretto, sono circa 40 chilometri di sacca attualmente in riduzione che rischia di essere chiusa alle loro spalle con un’azione a tenaglia che i russi, pur con difficoltà, stanno conducendo sia da sud sia da nord.
Il tempo?
Questo gioca a favore degli ucraini. Si parla di 10-15mila uomini che più resistono, più possono fare uso dei nuovi lanciarazzi inviati dagli Stati Uniti, gli Himars. Se riescono a resistere almeno altre tre settimane, i soldati ucraini avranno preso dimestichezza con l’uso. Hanno infatti una gittata che va dagli 80 fino ai 300 chilometri. Anche solo 80 chilometri significa colpire le artiglierie e i lanciarazzi russi senza essere colpiti dal loro fuoco.
Mi permetta, il tempo non è detto che sia a vantaggio degli ucraini. I russi hanno un serbatoio immenso di uomini da cui attingere, cosa che non vale per gli ucraini. Non pensa?
È vero, però per gli ucraini resistere, oltre ad avere un valore simbolico, visto che parliamo dell’ultima grande città del Donbass non in mano russa, significa come le dicevo usare le nuove armi americane. Per quanto riguarda il discorso intelligence, è un aspetto che gioca a favore di tutti e due, ma soprattutto di Kiev. Con una intelligence chiara si possono muovere all’interno di questa sacca per respingere i russi dove maggiore è la loro pressione. Per quanto riguarda i numeri, indubbiamente giocano a favore dei russi, che hanno alle spalle un Paese immenso da cui attingere soldati.
In caso di sfondamento russo cosa potrebbe succedere?
Se gli ucraini non tengono la posizione e si ritirano sempre più a ovest hanno una sola via di fuga: si trovano davanti il fiume Severskij Donec dove c’erano quattro ponti. Tre sono stati fatti saltare dagli ucraini, ne rimane uno solo da cui ricevono i rifornimenti: in caso di ritirata però si rischia il collo di bottiglia su questo ponte, con il rischio di perdere armi e uomini.
C’è poi sempre in corso la cosiddetta guerra del grano: il ministro degli esteri russo si è incontrato ad Ankara con il suo collega turco. Lavrov dice che potranno cominciare presto a inviare navi cariche di cereali.
Nell’incontro tra i due ministri degli Esteri l’Ucraina non era presente, una forma di sgarbo diplomatico. C’è poi un fatto tecnico: secondo gli ucraini per sminare l’area di Odessa ci vorrebbero almeno cinque mesi, secondo i turchi invece basterebbero cinque settimane.
I russi però stanno già cominciando a caricare navi nei porti ucraini occupati, ad esempio quello di Berdyansk che è stato sminato. Perché rubano il grano ucraino?
Per esercitare una pressione sui Paesi africani e sull’Ucraina stessa che non può esportare nulla. Rifornendo con il grano rubato i Paesi africani non ostili alla Russia, Mosca li condiziona politicamente, adesso e in futuro. Zelensky poi è giustamente scettico sullo sminare il porto di Odessa: se non c’è un accordo chiaro, potrebbe consentire ai russi di avvicinarsi e aiutarli a sbarcare. È un gioco complesso in cui il grano è solo uno stratagemma per obiettivi ben più ampi.
(Paolo Vites)
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