Gentile direttore,
la mia posizione, avvalorata da quella di chi Putin l’ha conosciuto davvero come il celebre Nemtsov (ucciso nel 2015), è questa: che il peggior nemico della Russia non è la Nato, è Putin.

Da tale premessa si possono trarre le seguenti conseguenze.

1) A Putin faceva più paura la libertà degli ucraini, e il loro desiderio di entrare nella Ue, che la Nato. L’Ucraina, insomma, doveva rimanere nella sfera d’influenza militare ed economica della Russia, anche per non creare un pericoloso precedente, con un effetto domino su almeno alcuni degli altri Paesi ex sovietici. Peccato che sia la democrazia che la forza economica di Mosca sotto Putin siano state azzoppate. L’Ucraina, perciò, non aveva alcun interesse a rimanere legata ad uno Stato del genere.



2) Agli ucraini la scelta di entrare nella Nato è stata quasi imposta dall’involuzione della Russia, diventata una Russia-Frankenstein sotto Putin (e la dimostrazione è che con Eltsin gli ucraini accettarono di consegnare 5mila testate nucleari a Mosca, nel 1994, perché si fidavano). È stata colpa di Putin, insomma, se Kiev si è impaurita e ha voluto sottrarsi alla presa della democrazia illiberale russa. Sostenere il contrario significa guardare un po’ troppo il dito-Nato e troppo poco la luna-Putin. 



3) La Russia con questa guerra non ha fatto i propri interessi, perché un conto sono gli interessi della Russia, un conto quelli del regime di Putin. Putin ha voluto prolungare la logica della tensione Est-Ovest, quando la contrapposizione ideologica capitalismo vs. comunismo era terminata. Ha voluto prolungarla per un proprio interesse personale, proprio e del suo ben ramificato regime. Tenendo alta la tensione con l’Occidente, infatti, poteva  controllare meglio il proprio Paese, e schiacciare l’opposizione.

Rispetto alla possibilità di una contrapposizione con gli Usa e l’Europa, se proprio era necessario prolungarla (e non è la mia posizione naturalmente), Putin ha ingannato ancora una volta la Russia. Infatti, per sostenere la tensione con i soli Stati Uniti bisognava, e bisogna, avere le risorse necessarie. Risorse che Putin non avrebbe avuto neanche se avesse fatto crescere la Russia del 200%. Cosa che egli, peraltro, neppure ha fatto, e questo a causa della proliferazione, voluta da lui, dei monopoli nazionali, nonché dell’opposizione a legami economici più stretti di Mosca con la Ue.



4) La conseguenza è stata che Putin ha fatto credere al suo popolo che un paese con 1.600 miliardi di dollari di Pil come la Russia (meno dell’Italia con più del doppio della popolazione) potesse contrapporsi agli Usa, che di miliardi ne fanno 22mila! Ovviamente, per riuscirci Putin ha rinfocolato l’orgoglio nazionalista russo, fondato sul nulla, e ha sottratto informazioni per impedire ai suoi concittadini di capire come stessero davvero le cose. Certo, la sua politica può aver dato risultati a livello elettorale (anche se è difficile stabilirlo): ma in ogni caso, come diceva un Premio Nobel per la pace, far votare un popolo che non è informato (o che è succube della propaganda) è come non farlo votare. Ed insomma, il voto popolare, quando è teleguidato, non purifica da tutti i peccati il presidente-padrone, anzi.

Un’ultima considerazione sul dibattito in Italia.

Coloro che dicono di essere d’accordo nel condannare Putin per passare subito dopo a elencare i torti della Nato mi ricordano i sovietici quando dovevano rispondere a delle domande scomode. Posti di fronte ad una di esse non replicavano sul punto, e rispondevano invece con: “Lei dice che Mosca è responsabile di questo… Che dire allora…?” e iniziavano a snocciolare una serie lunghissima di torti di cui secondo loro l’Occidente si era reso responsabile. È il fenomeno che avevo definito “Whataboutism” in un altro mio articolo. Ecco, mi pare che molti difensori della pace, e critici a chiacchiere, e per un solo nanosecondo, di Putin, siano troppo simili ai sovietici per risultare credibili.

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