Sylvain Kahn, studioso ed esperto di storia europea, sulle pagine di La Croix analizza i cambiamenti nell’UE negli ultimi anni: “C’è l’idea che l’Europa sia ora parte della soluzione. Siamo entrati in un nuovo ciclo. Dal 2005 al 2020 l’Europa è stata vista come un problema, con le frustrazioni causate dai dibattiti sulla Costituzione nel 2005, o dalla crisi finanziaria del 2008, e dagli aiuti che dovevano essere dati alla Grecia. La crisi dell’Eurozona ha causato un aumento della disuguaglianza sociale e un aumento della disoccupazione. Anche la creazione dell’euro si è ritorta contro l’UE. La crisi del Covid e soprattutto l’invasione dell’Ucraina hanno rimescolato le carte: per il Covid l’Ue ha organizzato l’acquisto dei vaccini e l’accesso agli stessi per tutti i Paesi. E per l’Ucraina oggi è proprio l’intero sistema democratico europeo, basato su una filosofia di libertà e pluralismo, ad essere minacciato”.



Nel frattempo, i partiti sovranisti si sono diffusi in Europa: “Oggi, ad attrarre è più il loro carattere “illiberale” che le idee sovraniste. La maggior parte modera le proprie critiche all’Unione Europea, come Marine Le Pen dal 2017”. Secondo l’esperto “nella vita politica europea, dal 1945, le famiglie politiche si sono determinate all’asse che va dall’adesione alla sovranazionalità europea, da un lato, al fervente sovranismo, dall’altro. Era quindi possibile essere sovranisti e attaccati alla democrazia parlamentare. Dalla fine della Guerra Fredda, al contrario, abbiamo assistito alla comparsa di quello che il politologo americano Fareed Rafiq Zakaria ha chiamato “illiberalismo”. La democrazia elettorale si sta diffondendo, ma si sta separando da ciò che costituisce lo Stato di diritto. Ci sono le elezioni parlamentari, ma c’è un’erosione dei principi fondamentali del diritto. Per Victor Orban, in Ungheria, ciò si accompagna infatti a una grande sfiducia nei confronti dell’Europa. Ma non sempre: Andrej Babis, capo del governo della Repubblica Ceca dal 2017 al 2021, ha sviluppato anche un’ideologia talvolta antiliberale mentre sedeva nel partito Renew al Parlamento europeo. Stessa cosa per Giorgia Meloni, brava studentessa d’Europa…”.



Sylvain Kahn: “Gli europei sanno che devono riarmarsi ma…”

Sulle pagine de La Croix, Sylvain Kahn non può fare a meno di parlare anche della guerra in Ucraina e delle ripercussioni sull’Unione Europea. “L’Ucraina sta riportando un problema che gli europei pensavano fosse risolto. Con la costruzione dell’Europa, avevano smesso di considerare il conflitto tra Stati come una politica pubblica come le altre. Dalla seconda guerra mondiale i paesi dell’Unione sono in pace tra loro. Gli europei hanno rinunciato al nazionalismo bellicoso, è vero, dopo essere quasi scomparsi nella catastrofe delle due guerre mondiali. La guerra ha abbandonato il paradigma politico. E ora la Russia, con la quale l’Europa condivide 2.257 chilometri di confini, ricorre ai vecchi metodi westfaliani, al punto da invadere il territorio ucraino. Questa invasione solleva la questione della coscienza su ciò che l’UE vuole difendere come modello”.



Secondo Kahn “gli europei sono consapevoli di aver bisogno di riarmarsi, non sanno come. In tutte le culture dei Paesi europei esiste un legame molto forte tra le politiche di difesa pubblica e le industrie della difesa nazionale. Tutto è legato allo Stato: esercito, industria, ricerca. La maggior parte degli Stati europei, compresi quelli meno popolati, hanno una propria industria della difesa. Per creare un’Europa della difesa dobbiamo quindi creare un’Europa dell’industria e difesa” spiega.

“L’Unione Europea non diventerà una potenza”

Una difesa comune per l’Europa accentuerebbe la “carattereterizzazione dell’Europa come Stato” secondo Kahn. “Oggi pochi specialisti credono che l’Unione Europea possa essere qualificata come uno Stato. Si tratta però di un’entità territoriale e politica che, mettendo insieme la sovranità degli Stati-nazione che la compongono, dispone di poteri sempre più estesi e di carattere sempre più regale, come coniare moneta, emettere buoni del tesoro, controllare le frontiere… Con la creazione di un’industria europea della difesa ci avvicineremmo ancora di più a uno Stato europeo. Tuttavia, l’Unione Europea non diventerà una “potenza”. Dalla fine degli imperi coloniali, l’Europa ha cercato l’influenza e l’interdipendenza, non il potere, mentre le relazioni all’interno dell’UE escludono l’uso dell’esercito. Il paradosso è che oggi gli europei vogliono costruire un’Europa della difesa per preservare l’idea che la guerra non è più un’opzione possibile in Europa” conclude l’esperto.