“Non vogliamo una nuova Chernobyl” ha dichiarato il presidente turco Erdogan al termine dell’incontro di Leopoli con il collega ucraino Zelensky e il segretario dell’Onu Guterres. La centrale nucleare di Zaporizhzhia non è però Chernobyl, ma la più grande d’Europa e un incidente, un missile, una esplosione metterebbero a rischio gran parte dell’Europa con conseguenze disastrose. Per questo, come ci ha detto in questa intervista Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver, esperto di geopolitica “la situazione è allarmante, sebbene bisogna fare la tara su quanto dicono entrambe le parti perché come in ogni guerra le dichiarazioni hanno soprattutto contenuto propagandistico”.
L’intelligence ucraina ha infatti lanciato un allarme secondo il quale i russi avrebbero intenzione di scollegare la centrale dalla rete elettrica ucraina, cosa che metterebbe in ginocchio il Paese. Allo stesso tempo la centrale è occupata militarmente dai soldati russi ed è piena di mine e bombe di vario tipo: “Un incidente potrebbe facilmente accadere, ma va tenuto conto che Mosca ha maggiore convenienza a tenere la centrale al sicuro per dirottarne l’energia che produce in Crimea, isolata da quando è stata occupata nel 2014 dal flusso di acqua ed energia”.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia è al centro di tensioni e paure, quanto c’è di concretamente rischioso?
Bisogna ricordare che siamo ancora in stato di guerra e quando c’è una guerra anche a distanza di mesi a dettare i tempi è la propaganda. Nella fattispecie i russi non vogliono ammettere di avere trasformato la centrale in una base militare, gli ucraini viceversa vogliono denunciare come il pericolo derivi proprio da questa presenza. Quando arriva questo flusso di informazioni bisogna sempre considerare che entrambe le parti fanno propaganda. Da parte ucraina questo è sempre stato fatto con la motivazione di chiedere sempre nuovi aiuti militari, questa volta in modo da sventare questo pericolo.
Ma in tutto questo cosa c’è di vero?
Indubbiamente la centrale è un obiettivo fondamentale per entrambi i contendenti. Mosca che detiene il controllo ha la possibilità di dirottare il flusso energetico soprattutto verso la Crimea, che dal 2014 fino a febbraio era rimasta staccata dalle risorse energetiche che riceveva dall’Ucraina. Conquistare una centrale così grande per i russi vuol dire dare sicurezza energetica alla Crimea. Ed è anche un vantaggio tattico.
In che senso?
Averla occupata significa togliere all’Ucraina la più importante fonte energetica, costringere Kiev a importare energia per alimentare le sue città.
Come era successo con il grano, bloccandolo Mosca cercava di piegare la resistenza ucraina. Quanto questa guerra ha quindi una importanza economica?
Succede in tutte le guerre, ogni parte cerca di avere nelle proprie mani quante più risorse possibile. Se l’Ucraina avesse Zaporizhzhia potrebbe disporre di maggiore energia per il suo esercito. Adesso i russi provano ad avere questa energia per il proprio uso. In una guerra le fonti energetiche sono un’arma più potente delle armi.
Con una centrale nucleare a rischio bombardamento non è in grave pericolo tutta l’Europa?
Sicuramente il fatto che il fronte di guerra sia rappresentato dalla più grande centrale nucleare d’Europa è fonte di preoccupazione. L’Ucraina è la terra dove è avvenuto il disastro di Chernobyl, è chiaro che c’è un ricordo storico molto recente che acuisce la tensione, ma bisogna avere paura. Entrambe le parti non hanno interesse a creare un incidente, tutti e due i Paesi avrebbero solo da perderci in termini di salute, ma potrebbe capitare che un ordigno sparato solo per spaventare finisca sulla centrale. C’è molta paura in questo momento ed è più che mai necessario trovare una quadra per far sì che la centrale non sia una merce di scambio fra le due parti. Il fatto che un accordo non sia stato trovato dopo cinque mesi, ricordiamo che a Zaporizhzhia si è sparato già a marzo dove già allora erano arrivati i russi, dimostra come gli organismi internazionali a fatica tengano sotto controllo la situazione.
Proprio Erdogan ha evocato il fantasma di Chernobyl. Quanto conta il suo ruolo?
Anche qui la terza parte fa propaganda. Erdogan ha fiutato l’occasione politica di ergersi come mediatore. Evocare dei problemi importanti fa sì che si proponga come risolutore. È stato così con il grano, adesso evocare Chernobyl è come dire all’Europa: ci penso io. C’è sicuramente anche qui l’elemento propagandistico. I fatti però ci dicono che Ankara ha un ruolo che l’Europa non è riuscita a ritagliarsi, un ruolo che non ha nessun altro attore, nemmeno l’Onu. L’importanza della Turchia è aumentata e bisogna riconoscere che Erdogan è riuscito a occupare uno spazio seppur ristretto lasciato libero dall’Europa.
(Paolo Vites)
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