Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano, ha lanciato l’allarme circa la situazione in Ucraina, dove, alla distruzione e al terrore seminati dall’offensiva militare sferrata dalla Russia, si aggiunge il pericolo di assistere all’ennesima recrudescenza della pandemia di Covid-19, tanto nei confini nazionali, quanto nei Paesi adiacenti. L’esperto ne ha parlato sulle frequenze di Rai Radio1, nell’ambito della trasmissione “Un Giorno da Pecora”, durante la quale ha chiarito come nella nazione avente come capitale la città di Kiev la copertura vaccinale sia presente “solo per un terzo della popolazione. Soltanto i militari sono tutti vaccinati, e praticamente nessuno ha la dose booster”.
A fronte di questi numeri esigui e di questi dati non certo confortanti, è lecito ipotizzare un ritorno di forza del virus, che potrebbe trovare nuova linfa fra le migliaia di persone ammassate nei bunker o sui mezzi di trasporto, con la possibilità di nuovi contagi. Tuttavia, “è chiaro che il Covid, al punto in cui sono, non è una priorità – ha aggiunto Pregliasco –. In senso generale tutte le situazioni di guerra le problematiche infettive si rialzano”.
FABRIZIO PREGLIASCO: “NUOVA LINFA PER IL COVID DALLA GUERRA IN UCRAINA. RISCHIO ANCHE NELL’INTERSCAMBIO DI PROFUGHI”
Nel prosieguo del suo intervento a “Un Giorno Da Pecora”, Fabrizio Pregliasco ha spiegato che la guerra può letteralmente favorire la ripartenza del virus SARS-CoV-2 in Ucraina e in tutti i Paesi confinanti. L’ha fatto attraverso le seguenti parole, mediante le quali ha tentato anche di focalizzare l’attenzione sulla tematica inerente all’accoglienza di chi fugge dai bombardamenti e dalle scariche di proiettili nemici: “Il rischio è sicuramente a macchia d’olio, intanto nel contesto più coinvolto dalla guerra, ma anche nell’interscambio di profughi”.
Secondo il professore, l’unico modo per ovviare a questa problematica è arrivare a stilare quanto prima un piano di vaccinazione per tutti i rifugiati: “Personalmente ritengo che andrà messo a punto un piano sanitario che comprenda anche questo aspetto”, ha concluso.