La guerra in Ucraina è scoppiata a pochi giorni di distanza da due appuntamenti cruciali per l’economia europea: la riunione del Consiglio direttivo della Bce del 10 marzo e l’annunciata presentazione da parte della Commissione europea delle linee guida di politica fiscale per il 2023 tenutasi ieri. Come il conflitto in corso potrà influire sulle decisioni delle istituzioni europee? Ne abbiamo parlato con Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale.
Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina sono aumentati i prezzi di gas e petrolio. L’inflazione è quindi destinata a salire. Questo cambierà i piani della Bce?
In occasione della riunione del Consiglio direttivo del 10 marzo verranno rese note le nuove previsioni macroeconomiche della Bce, che però sono state prevalentemente formulate nel corso delle settimane precedenti lo scoppio della guerra in Ucraina e vanno pertanto interpretate con questa consapevolezza. Le aspettative per questa riunione erano di una decisione mirata a intensificare il ritmo di diminuzione degli acquisti netti di titoli di stato, così da spianare la strada verso un aumento dei tassi di interesse entro la fine dell’anno. Ora dovremo vedere come questo sentiero che il Consiglio direttivo aveva tracciato nel corso della riunione di febbraio verrà controbilanciato dalla crescente incertezza che il conflitto russo-ucraino sta generando.
Non si andrà più verso una riduzione degli acquisti netti di titoli di stato?
Siamo di fronte a una situazione fluida, che evolve di giorno in giorno. È molto probabile che vi sarà un indebolimento della crescita economica e un aumento dei costi energetici, se non addirittura un vero e proprio razionamento delle materie prime energetiche. Per questo è importante che la Bce adotti un atteggiamento prudente, riservandosi un periodo di tempo sufficiente per una valutazione più approfondita della situazione evitando così di adottare misure che potrebbero poi rivelarsi eccessivamente restrittive e penalizzanti per la nostra economia. Non dobbiamo, poi, dimenticare che le sanzioni alla Russia determineranno per alcuni importanti istituti di credito dell’Eurozona la necessità di cospicue svalutazioni. Se fosse necessario, quindi, la Bce non dovrà esitare a emettere nuova liquidità per evitare che sorgano problemi per il sistema bancario.
Cosa significherebbe tollerare per un periodo non ben definito un tasso di inflazione più alto del target del 2%?
La strategia della Bce è sufficientemente flessibile, fermo restando l’obiettivo di medio periodo che mira a salvaguardare il potere d’acquisto di famiglie e imprese. Siamo, però, di fronte a una situazione eccezionale, in cui non vi sono ancora i dati necessari per capire quanto persistente sarà questo maggior tasso d’inflazione, alla luce di quanto sta accadendo. Per tale ragione, è raccomandabile prudenza in occasione del prossimo Consiglio direttivo, ben sapendo che la Bce ha tutti gli strumenti per intervenire in una fase successiva quando ci sarà una situazione più cristallizzata.
I falchi tedeschi saranno tenuti a freno nonostante il rialzo dell’inflazione?
I prezzi delle materie prime energetiche sono sicuramente destinati a salire. Quella che si sta generando è, però, un’inflazione dal lato dell’offerta e non ci sono al momento segnali che questi rincari si stiano trasferendo sul mercato del lavoro in termini di maggiori rivendicazioni salariali. Questo scenario appare addirittura più remoto se pensiamo all’indebolimento della crescita economica dell’Eurozona che sicuramente questa guerra comporterà.
Pensando invece alle decisioni che dovrà prendere la Commissione europea, l’altro giorno il Commissario Gentiloni ha ricordato che la sospensione del Patto di stabilità “dura fino a fine anno. Valuteremo la situazione per verificare se le condizioni che hanno attivato la clausola di salvaguardia si ripresenteranno. In quel caso le scadenze potrebbero cambiare”. Cosa ne pensa?
Sappiamo che la Bce è guidata dall’obiettivo della stabilità dei prezzi nel medio periodo. Nelle parole di Gentiloni emerge, invece, che la bussola che dovrebbe guidare, dal suo punto di vista, le scelte di Bruxelles è la salvaguardia delle prospettive di crescita dell’economia europea. Qualora le incertezze derivanti dal conflitto in Ucraina dovessero pesare sulle prospettive di ripresa, a mio avviso le regole del Patto di stabilità dovrebbero essere ulteriormente sospese dopo la fine dell’anno, stante il carattere assolutamente eccezionale di quanto sta accadendo, se perdurasse.
Nel frattempo il dibattito sul futuro del Patto di stabilità verrà con tutta probabilità messo in stand-by.
Stiamo assistendo a una revisione dei parametri della politica fiscale tedesca che d’ora in poi sconterà una maggiore spesa militare, senza dimenticare quella per fronteggiare i cambiamenti climatici. Nei prossimi anni, quindi, la politica fiscale tedesca dovrebbe essere moderatamente più espansiva del previsto. Nel momento in cui la Germania avrà cristallizato questo nuovo framework, allora l’Ue sarà pronta per discutere la riforma del Patto di stabilità. Cosa che non si può certo fare di fronte a una situazione così fluida come quella attuale. Anche perché paventare nuovi vincoli potrebbe avere un effetto ulteriormente recessivo sull’economia europea.
Tutto questo che ricadute può avere sull’Italia?
L’Italia sconta una doppia vulnerabilità. La prima è legata al conflitto in Ucraina: siamo tra i Paesi europei con le banche più esposte verso la Russia, che hanno più interscambi commerciali con Mosca e che dipendono maggiormente dal gas russo. Ci saranno quindi svalutazioni nei bilanci bancari e ricadute negative per l’economia. La seconda vulnerabilità riguarda la dimensione significativa del debito pubblico, sia in rapporto al Pil che in valore assoluto. Questo vuol dire che l’Italia risentirà molto delle decisioni di Bce e Commissione europea.
Queste decisioni sono quindi più importanti di prima?
Assolutamente sì. Proprio perché con il conflitto la vulnerabilità economica del nostro Paese è aumentata. Dopo gli effetti già devastanti della pandemia, non possiamo permetterci errori di manovra.
(Lorenzo Torrisi)
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