PATTO DI STABILITÀ. Mercoledì la Commissione europea ha presentato le linee guida per la politica fiscale del 2023. Se La Repubblica si è spinta a titolare “La Ue sospende il Patto di stabilità ‘Salvare la ripresa’”. nel comunicato di Bruxelles si legge che “gli Stati membri con un debito elevato dovrebbero avviare una graduale riduzione del debito, realizzando un aggiustamento di bilancio nel 2023, al netto dei contributi del dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altre sovvenzioni dell’Ue”.
Come stanno realmente le cose? «Nella comunicazione del 2 marzo, relativa alle linee guida per la politica fiscale nel 2023, c’è una chiara presa d’atto – risponde Massimo D’Antoni, professore di Scienza delle finanze all’Università di Siena – della difficoltà del momento, determinata dalla situazione in Ucraina, e si afferma che nelle attuali circostanze la Commissione non intende avviare procedure per deficit eccessivo. Per quanto riguarda i Paesi con debito superiore al 60% si dice chiaramente che il rispetto della regola del debito non è giustificato nella situazione attuale, in quanto comporterebbe uno sforzo fiscale eccessivo che potrebbe compromettere la crescita. Ciò significa che nella definizione dei rispettivi Def l’Italia non sarà tenuta al rispetto della regola del debito».
Infatti, Dombrovskis ha precisato che l’anno prossimo non verrà applicata la regola della riduzione annuale di 1/20 del debito/Pil eccedente la soglia del 60%. Basta questo per affrontare le incertezze e le probabili conseguenze di una più alta inflazione e di un rallentamento del Pil?
Pur non applicandosi la regola del debito, che con il nostro livello del rapporto debito/Pil equivarrebbe a imporre una dura politica di austerità, la Commissione chiede ai Paesi fortemente indebitati di attuare politiche di stabilizzazione fiscale. Questo era del resto scontato. A me pare che l’atteggiamento della Commissione mostri un certo pragmatismo, dettato dalla situazione di grande incertezza. Al tema dell’inflazione si aggiungono le conseguenze della guerra in Ucraina, e quindi delle sanzioni applicate alla Russia con tutto quanto ne consegue. Mi pare ragionevole un atteggiamento flessibile e prudente. Se poi questo sia sufficiente in un momento così incerto è difficile dirlo.
Nel comunicato della Commissione si ricorda anche che è in corso il dibattito sul futura della governance economica europea e si sottolinea che “per il successo del quadro di bilancio dell’Ue è fondamentale garantire la sostenibilità del debito e promuovere la crescita sostenibile attraverso investimenti e riforme”. Sulla carta sembra un’enunciazione condivisibile. Forse il problema è intendersi sul concetto di sostenibilità del debito?
Mi pare un’affermazione che dice poco su quello che ci aspetta. Anche su questo punto evidentemente il dibattito è aperto e le posizioni sono probabilmente assai divaricate. Nessuno mette in dubbio la crescita sostenibile, né l’utilità degli investimenti e delle riforme. C’è tutto e niente in queste parole.
Secondo lei, sarebbe prematuro decidere già ora di prolungare la sospensione del Patto di stabilità di un altro anno?
Credo che a Bruxelles stiano cercando di capire l’evolversi degli eventi, lasciandosi una certa flessibilità su come agire. Mi pare un approccio ragionevole. Non è inverosimile che, in caso di riflessi pesanti degli eventi di questi giorni sul piano economico, la sospensione del Patto di stabilità tramite la clausola di esclusione possa essere ulteriormente estesa.
Il 10 marzo si riunisce il Consiglio direttivo della Bce. Fino a pochi giorni fa si pensava che potesse essere il momento in cui si sarebbe meglio sancito l’inizio della fine degli acquisti netti di titoli stato di fronte al rialzo dell’inflazione. Lei cosa si aspetta?
Non so fare previsioni, ma mi pare che l’emergenza della guerra abbia cambiato completamente lo scenario anche da questo punto di vista. Una stretta sui tassi di interesse in questo momento per contrastare l’inflazione potrebbe creare parecchi problemi alle economie europee e anche rompere quella coesione politica che sembra essersi creata.
La prossima settimana dovrebbe tenersi anche un Consiglio europeo a Parigi. Sembra che la Presidenza di turno francese voglia mettere sul tavolo l’ipotesi di varare un nuovo “Recovery fund” dedicato a temi ora dirimenti come l’energia e la difesa. Cosa ne pensa?
Allentare le regole di bilancio per armarsi… Dal punto di vista economico potrebbe anche contribuire a un rilancio della domanda e quindi del Pil, in fondo è successo anche altre volte in passato che gli investimenti militari facessero da volano alla crescita. Preferirei però che fossero altri gli investimenti pubblici cui l’Europa dà priorità.
(Lorenzo Torrisi)
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