“Putin è una persona fuori dal mondo: basti pensare alla brutalità di voler bombardare un paese, di bombardare i civili, senza preavviso, senza una dichiarazione di guerra, senza un negoziato, senza niente: totalmente a sorpresa. Il suo piano è bombardarla perché ritiene che l’Ucraina sia roba sua e la vuole riportare a casa. Non è un caso che per il Cremlino i corridoi umanitari dovrebbero essere aperti solo verso la Russia e la Bielorussia. Chi vuole salvarsi da questa guerra, per Putin deve andare in Russia, dove diventerà un ostaggio o un prigioniero”.



Per Anna Zafesova, giornalista (La Stampa, il Foglio) e Russia watcher (una volta si sarebbe detto “sovietologa”), Vladimir Putin sta conducendo “una guerra di conquista”, perché “vuole riportare l’Ucraina nella sua sfera d’influenza, come una colonia” e per giustificarla non ha esitato a spiegare le sue mire con un “discorso molto pretestuoso”, a partire dall’accerchiamento Nato, quando sa benissimo che l’Alleanza atlantica “confina già con la Russia tramite la Polonia, i paesi baltici e soprattutto la Norvegia dal 1949”. Ma l’invasione è un grave errore, che “segnerà la fine del suo regime”. La stessa Russia – aggiunge Zafesova – “rischia di diventare un’immensa Corea del Nord, isolata dal mondo. Ma non so quanto possa reggere per anni in un isolamento totale, non solo economico, ma anche culturale”.



Putin dice che Mosca si sente aggredita e oggetto di violazione dell’area di sicurezza geopolitica della Russia. È così?

Putin ha spiegato le sue ragioni molto profusamente e chiaramente. Un discorso pretestuoso, visto che ha detto anche che l’Ucraina non esiste, non è uno Stato, occupa territori storici russi. Si è rifiutato, in tutti questi anni, di trattare con Kiev. Perfino quando il presidente Zelensky l’ha chiamato poche ore prima dell’inizio dei bombardamenti per cercare un ultimo tentativo di negoziato, non gli ha nemmeno risposto.

E le pressioni della Nato?

L’accerchiamento è un pretesto ideologico su cui insiste da qualche anno e fa finta di non tenere conto del fatto che la Nato confina già con la Russia tramite la Polonia, i paesi baltici e soprattutto la Norvegia dal 1949, tra l’altro in una zona strategica, a poche decine di chilometri da basi di sottomarini della flotta russa del nord, quella flotta che dovrebbe attaccare gli Stati Uniti in caso di guerra nucleare.



Che destino ha in mente Putin per l’Ucraina?

Putin ha espresso a volte l’intenzione di strappare alcuni territori da annettere direttamente alla Russia sul modello della Crimea. Altre volte ha teorizzato che all’Ucraina, se mai avesse diritto ad esistere, dovrebbe essere lasciato solo un territorio molto ridotto, praticamente limitato alla parte centro-occidentale, quella che non era stata sotto l’impero russo. Non a caso, in questi giorni, le tv russe hanno mostrato le mappe di un’ipotetica Ucraina, secondo Mosca autoctona, formata solo da un nucleo centrale e da quei territori a ovest che, sempre secondo la propaganda russa, farebbero parte della Polonia o storicamente della sfera d’influenza austro-ungarica. In pratica vuole smembrare l’Ucraina, inglobandone una parte direttamente e trasformando l’altra in una sorta di Stato fantoccio.

Putin insegue il sogno della Grande Russia?

La sua è una guerra di conquista, una guerra post-imperiale e lo stesso Putin non nasconde che lo sia: vuole riportare l’Ucraina nella sua sfera d’influenza, come una colonia. Come dimostra un piccolo incidente.

Quale?

Una settimana fa la propaganda russa ha fatto uscire per errore sul sito dell’agenzia di regime Ria Novosti un articolo, probabilmente scritto per celebrare una vittoria che non c’è stata, in cui si decantava il successo di Putin nell’essere riuscito a riunire lo spazio vitale del popolo russo di nuovo sotto lo stesso tetto. Il suo progetto è evidente: ricostruire un Impero russo più che un’Unione Sovietica da opporre all’Occidente come polo alternativo, anche politico, strategico e ideologico. In quale forma lo realizzerà, resta da vedere.

C’è il rischio che non si fermi all’Ucraina?

Invece di cercare di immaginarsi gli scenari presenti nella mente contorta di Putin, bisogna solo ascoltarlo, perché più o meno dice tutto quello che pensa. Poi è vero che qualche volta lo esprime in modo strano e tal altra non lo dice subito, ma quando ha tenuto il discorso, lungo un’ora e molto dettagliato, in cui ha spiegato perché in quel momento riconosceva come indipendenti le entità separatiste del Donbass ucraino, ha dedicato 50 minuti a spiegare che l’Ucraina non ha il diritto di esistere, accusando Lenin di aver ricostruito l’impero russo su princìpi di eccessiva autonomia. Una prolusione così articolata che qualcuno aveva commentato: adesso quasi quasi dichiara guerra non al Donbass, ma all’Ucraina. E così è stato.

È vero che parte dei vertici militari e dell’intelligence russa non ha condiviso la scelta dell’invasione?

Abbiamo visto tutti in tv – e di solito si tratta di riunioni che avvengono a porte chiuse – come Putin, interrogando i capi del suo regime su cosa fare nel Donbass, abbia voluto mostrare pubblicamente il suo potere, con questi personaggi, i più potenti del paese, balbettanti e tremanti per la paura di dare risposte sgradite. Non credo che a questo livello, dopo anni e anni in cui Putin non ha esitato a esautorare tutti quelli che non erano d’accordo con lui, qualcuno abbia avuto da ridire su questa invasione. Ed è uno dei motivi che ne spiega il fallimento.

Perché?

Proprio perché nessuno ha avuto il coraggio di dire a Putin quello che sapevano tutti: l’esercito russo non ha le capacità per occupare tutta l’Ucraina e l’economia russa non ha le capacità per reggere a una controffensiva, economica e politica, dell’Occidente.

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall’agenzia di stampa Tass, ieri ha dichiarato: “L’operazione militare speciale della Federazione Russa non mira a rovesciare l’attuale governo dell’Ucraina o distruggere la sovranità del paese, ma mira a proteggere le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk” e a “smilitarizzare e denazificare l’Ucraina oltre a eliminare la minaccia militare” nei confronti della Russia. Ci si può fidare?

Premesso che nella visione di Putin mentire su queste cose non è reato, dei suoi portavoce non ci si può fidare, dicono quello che gli viene detto di dire e sono anche smentibili e sacrificabili.

E di Putin ci si può fidare?

Putin va ascoltato non tanto per le sue intenzioni, ma per le sue motivazioni, perché è un narcisista. Ama fare in tv linee dirette con i russi che durano ore, gli piace parlare, spiegare esplicitamente le sue ragioni, la sua visione del mondo, i suoi rancori. Ma come confermano i diplomatici che lo incontrano, Putin esprime anche in privato ciò che sostiene in pubblico. Infatti anche davanti a loro ripete che la Nato lo accerchia, che l’Ucraina non è uno Stato e che a Kiev è in atto un golpe nazista… Detto questo, un conto sono le bugie di Stato, un conto è sostenere che dica sempre la verità, perché non è così.

Per esempio?

All’epoca dell’annessione della Crimea aveva risolutamente negato la presenza delle truppe russe e poi aveva ammesso: sì, certo vi ho mentito. Sono cose che si fanno. Ma quando, per esempio, afferma che in Ucraina non verranno mandate reclute o che in Russia non verrà introdotta la legge marziale, nessuno gli crede, perché sono dichiarazioni fatte per essere smentite. Lo fa solo per tranquillizzare, ma tutti sanno che le reclute vengono e verranno mandate perché con le perdite che l’esercito russo sta subendo è impossibile che possa continuare a lungo a utilizzare solo i militari professionisti. Così come è evidente che una legge marziale in Russia di fatto viene già applicata.

Come si vive oggi in Russia fra censura, propaganda e repressione delle libertà civili?

La Russia ha smesso di essere un regime autocratico, è una dittatura, un totalitarismo, dove non si può più chiamare guerra la guerra, dove i residui di espressione libera sono stati liquidati. Si vive senza i social, senza la possibilità di esprimersi liberamente.

Abbiamo però assistito a manifestazioni di protesta in alcune città. Sta crescendo un’opposizione a Putin?

A scendere in piazza sono state pochissime persone, perché manifestare con cortei anti-governativi è estremamente pericoloso, significa arresto garantito. E in questi giorni non sono mancate denunce di percosse, torture e minacce di stupro alle donne che manifestano. È una repressione molto più brutale rispetto a qualche anno fa. La protesta dal basso avrebbe potuto essere più massiccia, ma viene violentemente repressa e la gente ha davvero paura.

Putin ha commesso un errore invadendo l’Ucraina? Quanto potrebbe costargli, non solo in termini economici, questa guerra?

È un errore drammatico, dal suo punto di vista: ha fatto un passo molto più lungo della gamba, che senza alcun dubbio segnerà la fine del suo regime. Come e quando, lo vedremo: il sistema collasserà sotto il peso della devastazione economica oppure sotto il peso di una protesta popolare, anche se ci vorranno anni prima che osi sfidare la repressione? O sotto il peso di una sconfitta militare come quella che si sta profilando?

Che ruolo può giocare la Ue per aiutare la democrazia in Ucraina?

L’Ucraina sta pagando proprio il suo avvicinamento all’Europa e la Ue sta già facendo tantissimo a livello di aiuti militari, di aiuti economici, anche per la ricostruzione post-bellica, e di aiuto ai profughi, già oggi una catastrofe umanitaria, ma destinata a diventare ancora più disastrosa. L’arma finale sarebbe la rinuncia al gas russo, intenzione già dichiarata, ma che richiede tempi e modalità, perché il 53% dell’economia russa si regge sull’export del gas. Le bombe russe che vediamo cadere sulle città ucraine sono pagate anche dalle nostre bollette…

(Marco Biscella)

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