Caos internazionale su Israele: i messaggi di Ue e Usa sulla guerra in Medio Oriente

È un tutto contro tutti nelle difficili trattative internazionali sulla guerra Israele-Hamas: gli Stati Uniti cercano di convincere Netanyahu a limitare gli attacchi nel sud della Striscia di Gaza a Rafah, in quanto «sono presenti 1,5 milioni di sfolllati in fuga dalla guerra a nord». È terrificante, rilancia l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Volker Turk, il piano di attacco di Israele contro Hamas e jihadisti presso il Valico di Rafah: per il presidente della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, «Sono profondamente preoccupato per il bombardamento segnalato e la potenziale incursione di terra da parte delle forze israeliane a Rafah».



Washington continua a chiedere a Netanyahu uno stop immediato ai raid mentre da Tel Aviv resta l’opzione militare la più efficace per stroncare sul nascere le velleità di Hamas: per il Ministro Gallant, «punto di svolta il salvataggio di ostaggi a Rafah. L’operazione che ha portato al salvataggio di due ostaggi a Rafah rappresenta un “punto di svolta” nella campagna militare contro Hamas», spiega ministro israeliano della Difesa. «Hamas è vulnerabile. Ci sono ancora degli ostaggi e dobbiamo raggiungerli. La maggior parte di questi non saranno liberati in questo modo ma piuttosto, spero, attraverso degli accordi», conclude il Ministro Gallant. Se i morti a Gaza sono troppi, «Biden deve fermare le armi», ha detto l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell nella conferenza stampa con il commissario dell’agenzia Unrwa dell’Onu Philippe Lazzarini. Il presidente Biden ha già detto che i morti civili a Gaza sono troppi, ergo «Se sono troppi allora forse devi dare a Israele meno armi, è abbastanza logico. Tutti vanno a Tel Aviv e chiedono ‘per piacere, ci sono troppe vittime, uccidete meno civili’, ma Netanyahu non ascolta nessuno. Forse è il caso di smettere di chiedere per piacere e fare qualcosa», ha chiesto il diplomatico Ue.



Le ultime notizie sulla guerra tra Israle e Hamas: operazioni a Rafah contro il volere USA

Continua imperterrita la guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, giunta al suo 129esimo giorno dopo gli attacchi e i rapimenti da parte dei terroristi palestinesi del 7 ottobre. Allo stato attuale, la volontà di Netanyahu è quella di condurre una seconda fase del conflitto nel Sud della Striscia, ed in particolare nella regione di Rafah al confine con l’Egitto, dove alcuni mesi fa sono stati sfollati i civili palestinesi per salvarli dagli attacchi condotti a Nord.

L’aspetto potenzialmente drammatico di questa seconda fase della guerra tra Israele e Hamas è rappresentato proprio dai civili sfollati a Rafah, che sarebbero circa 2 milioni e che rischiano di rimanere senza una sistemazione. Il loro ritorno nel Nord, infatti, è complicato sia per la completa distruzione a causa dei combattimenti, che per ragioni di sicurezza dato che sono ancora in corso diverse operazioni militari. Inoltre, l’operazione nel Sud di Gaza potrebbe causare una rapida escalation della guerra tra Israele e Hamas, con la Lega Araba che si è già detta contraria e preoccupata. Lo stesso Biden avrebbe esortato Netanyahu a garantire la sicurezza dei civili a Rafah e il Washington Post parla di “rottura imminente” tra i due leader.



Guerra Israele-Hamas: liberati 2 ostaggi a Rafah, 60 civili palestinesi uccisi

Insomma, nonostante la reticenza internazionale, la guerra tra Israele e Hamas si sta effettivamente spostando nel Sud di Gaza, come dimostra l’operazione condotta dall’esercito israeliano nella nottata tra domenica e lunedì. Attorno alle 2, infatti, con un’incursione “preparata da tempo”, spiega l’Idf, è stata fatta irruzione “in un edificio nel cuore di Rafah” dove Hamas teneva prigionieri due ostaggi israeliani, “protetti dai soldati con i loro corpi” e portati in salvo.

Una notizie positiva, insomma, arriva dalla guerra tra Israele e Hamas, con la liberazione dei due ostaggi, subito compensata dai “circa 100 morti” palestinesi negli scontri, secondo il ministro della Sanità di Hamas. Stima, poi, ridimensionata da Al Jazeera, nel comune tragico bilancio di 63 morti civili, con un previsto aumento. I terroristi palestinesi hanno immediatamente condannato l’attacco su Rafah, dichiarando che nella regione è in corso “il prosieguo della guerra genocida“. Colpevoli, secondo il Movimento di Resistenza Islamica, di questo nuovo sterminio nella guerra tra Israele e Hamas, l’amministrazione statunitense e il presidente Joe Biden in persona, che hanno “dato la luce verde” all’attacco a Rafah.