Rischio escalation della guerra dalla Cisgiordania, nel cuore di Israele. Il Messaggero ha intervistato Charles Kupchan, consigliere per la sicurezza nazionale dell’Amministrazione Obama e in quella Clinton, oggi docente di politica internazionale alla Georgetown University: “Tre sono le vie che roterebbero a un allargamento del conflitto. La prima è quella di un intervento delle milizie filo-iraniane di Hezbollah dal Libano, ma anche dalla Siria, dove l’Iran ha ammassato i suoi agenti operativi. Rischi esistono anche nella Cisgiordania, dove abbiamo già assistito a numerosi scontri fra palestinesi e israeliani, e infine vedo un pericolo insidioso all’interno di Israele stessa, perché scontri violenti li abbiamo già avuti, non dimentichiamo quel che è successo a Lod, una città mista ebraico-araba vicino a Tel Aviv”. Qui, due anni fa si sono visti i peggiori episodi di violenza interna dalla fondazione del Paese del 1948. 



Accertata ormai anche l’influenza iraniana: “La loro politica estera non è dissimile da quella russa. Il loro obiettivo principale è proprio quello di destabilizzare, capovolgere lo status quo. Sono agenti del caos. Hanno milizie in Iraq, Siria, Libano, Yemen, Gaza e probabilmente anche in Cisgiordania. Estendono il loro potere con questo network di agenti. Ma non credo che abbiano intenzione di scatenare una guerra in larga scala. L’invio di una prima portaerei americana e ora di una seconda è un messaggio chiaro da parte dell’amministrazione Biden e dovrebbe renderli cauti”.



Kupchan: “Difficile che Israele lasci Gaza indipendente”

La guerra Israele-Gaza continua a preoccupare l’Occidente e gli Stati Uniti. “In questo momento è difficile immaginare distensione, ma sono certo che pur nel mezzo di tutta la retorica belligerante, pur nel dolore per l’orrore subito e il senso di unità del Paese, dietro le quinte si prepara anche la diplomazia e si pensa al futuro” ha spiegato Charles Kupchan, consigliere per la sicurezza nazionale dell’Amministrazione Obama e in quella Clinton. Al momento non ci sarebbe nessuno al mondo pronto a guidare Gaza: “Non vedo neanche Israele lasciare Gaza di nuovo indipendente. Lo hanno già fatto e cose hanno ricevuto in cambio? Missili e bambini sgozzati”. L’unica speranza per il futuro è che “i palestinesi e gli israeliani guardino dentro l’abisso che hanno creato e capiscano che hanno bisogno di cercare un’alternativa. Ma dobbiamo ricordare che questa guerra spinge indietro le possibilità di pace tra le due parti, possibilità che in verità già erano tramontate, in parte per colpa degli Accordi di Abramo”. 



Tali accordi infatti avrebbero dovuto portare pace in Medio Oriente ma così non è stato: “Sono la ragione per cui i palestinesi si sentono dimenticati, lasciati indietro. I loro stessi fratelli, quelli che dovevano sostenerli e aiutarli, si sono schierati con Israele. Anche l’Arabia Saudita stava per firmare l’accordo con Israele. E questo avrebbe significato che il centro di gravità del mondo arabo sarebbe mutato e la causa palestinese sarebbe mutato e la causa palestinese sarebbe stata del tutto dimenticata”. La comunità internazionale ora deve essere attenta. “Non possiamo fingere di non vedere. Il diritto di Israele di esistere, difendersi e punire simili brutalità ti spinge al suo fianco. Poi vedi l’altra faccia della medaglia, la sofferenza decennale dei palestinesi, sofferenza fisica e psichica… Non è una questione nera o bianca. È un dilemma morale difficile che se non viene risolto continuerà a produrre conseguenze tragiche”.