AGENTI DI HAMAS SPARANO SUGLI AIUTI A RAFAH. EGITTO, DELEGAZIONE JIHAD PER NEGOZIATI

Questa mattina un palestinese adolescente è stato ucciso a Rafah, la città a sud della Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto, per gli spari degli agenti di Polizia di Hamas sui tumulti creati dall’arrivo dei camion umanitari entrati dal Valico. La guerra Israele-Hamas non impedisce, sebbene siano molto complessi, gli aiuti internazionali tramite Rafah ma ogni arrivo di un convoglio scatena disordini vista la grande concentrazione di civili in fuga dal conflitto a Gaza. Secondo fonti locali riportate dai media israeliani, all’ingresso di Rafah presso il rione Sultan molte persone hanno cercato di afferrare scatole di viveri dai camion e gli agenti hanno sparato diversi colpi in aria. Quando poi però la folla si è ingrossata allora Hamas ha cercato di disperderla sparando sulle persone, colpendo il ragazzo morto sul colpo: a quel punto, riporta l’ANSA, la folla si è allora lanciata contro un vicino commissariato di polizia e lo ha preso a sassate.



«Il sole della libertà e dello Stato indipendente con Gerusalemme Est come capitale sta inevitabilmente arrivando, ed è addirittura proprio dietro l’angolo»: lo ha detto sempre questa mattina il presidente Abu Mazen nel suo discorso di Natale, citato dall’agenzia Wafa, «Il fiume di sangue, gli enormi sacrifici, la sofferenza e l’eroica fermezza del nostro popolo sulla sua terra è la via verso la libertà e la dignità». Per il leader dell’Autorità Nazionale palestinese, la lotta contro Israele proseguirà per raggiungere «i legittimi diritti di vivere sul suolo della Palestina, in uno stato libero, indipendente e pienamente sovrano». Nel frattempo dall’Egitto giunge notizia dell’arrivo di una delegazione della Jihad Islamica, impegnata a fianco di Hamas nella guerra contro Israele: «la visita era stata pianificata per discutere le modalità per fermare la guerra a Gaza e per raggiungere un nuovo accordo per liberare i restanti prigionieri all’interno della Striscia», aveva spiega negli scorsi giorni un funzionario della Jihad Islamica sottolineando come i negoziati per una ulteriore tregua non si sono ancora del tutto fermati.



CONTINUA LA GUERRA ISRAELE-HAMAS: RAID E COMBATTIMENTI A TERRA, NETANYAHU “NOI CONTINUIAMO”

La guerra fra Israele e Hamas non si ferma nemmeno a Natale: nel 79esimo giorno di combattimenti dopo gli attacchi terroristici delle milizie palestinesi lo scorso 7 ottobre, le diplomazie internazionali al lavoro da settimane per trovare una nuova tregua devono ancora manifestare tutta l’incapacità di raggiungere un accordo anche minimo. I combattimenti via terra e nei cieli della Striscia di Gaza proseguono incessanti, con la guerra che rischia sempre più di allargarsi su Libano, Siria e Mar Rosso, con le minacce di Houthi e Iran che non si fermano davanti alle intimidazioni delle forze israeliane.



Il portavoce militare dell’Idf spiega che nella mattina di oggi 24 dicembre le operazioni via terra nel nord di Gaza sono riprese, così come i forti raid contro le aree ipotizzate come riserve di armi di Hamas: «colpiti circa 200 obiettivi», riporta l’Idf, «individuato un deposito di armi di Hamas all’interno di una struttura civile». All’interno del complesso, che si trovava adiacente alle scuole, a una moschea e a una clinica medica, sono state trovate – ha continuato il portavoce militare – «cinture esplosive adattate ai bambini, dozzine di colpi di mortaio, centinaia di granate e documenti di intelligence». Altri 8 soldati di Israele sono morti nella guerra contro Hamas nelle sole ultime 12 ore, con il conto totale che sale a 152 dall’inizio del conflitto: Israele intanto continua a bombardare la Striscia il giorno dopo il voto ONU che chiede il cessate il fuoco immediato nella guerra nell’enclave palestinese. «Un cessate il fuoco umanitario a Gaza è l’unica via da seguire», spiega su X Filippo Grandi, l’alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’unico modo «affinché arrivino gli aiuti alle persone bisognose, gli ostaggi siano rilasciati, per evitare ulteriori sfollamenti e soprattutto per fermare la devastante perdita di vite umane».

LA MINACCIA DELL’IRAN A ISRAELE E OCCIDENTE: LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA A GAZA

Le bombe sulla Striscia di Gaza e i raid in arrivo dalle aree controllate da Hezbollah e ribelli yemeniti anti-Stato Ebraico non si placano: la guerra Israele-Hamas vive però ore di ulteriore tensione dopo la minaccia lanciata ieri dall’Iran nel pieno di trattative fra Qatar, Egitto e Stati Uniti per provare a convincere il Governo Netanyahu a placare l’offensiva. Se Usa, Occidente e Israele continueranno i “crimini nella Striscia”, «Dovranno aspettarsi presto la chiusura del Mar Mediterraneo, dello Stretto di Gibilterra e di altre vie d’acqua da parte delle forze della resistenza», ha avvertito Mohammad Reza Naqdi, comandante dei pasdaran, nel pieno delle tensioni nel Mar Rosso alimentate dai continui attacchi Houthi.

Poche ore dopo al telefono con il Premier Benjamin Netanyahu, il Presidente Usa Joe Biden ha confermato il sostegno e vicinanza a Israele sottolineando però la necessità di proteggere maggiormente la popolazione civile a Gaza: ribadisco «l’importanza di consentire ai civili di spostarsi in modo sicuro dalle aree dei combattimenti», ha osservato il leader dem. Di risposta, Netanyahu ha ribadito che la guerra non si ferma e una tregua in questo momento con le minacce di Hamas, Iran e Houthi non è pensabile: «Israele continuerà la guerra fino a conseguire i suoi obiettivi». Da registrare la versione data dal Wall Street Journal – e riportata dall’ANSA – secondo cui l’11 ottobre scorso il presidente Usa Joe Biden «convinse Israele a non lanciare un attacco preventivo contro le forze di Hezbollah in Libano, facendolo riflettere sulle conseguenze nella regione di quella mossa mentre i caccia con la stella di David erano già in volo in attesa del via libera a colpire». Secca la smentita di Tel Aviv: «Già il primo giorno di guerra il premier – scrive spiegato l’ufficio di gabinetto del Premier Netanyahu – decise che Israele avrebbe prima dovuto lavorare per raggiungere una vittoria decisiva a Gaza e al tempo stesso scoraggiare un attacco dal nord. Questa è stata la politica scelta dal gabinetto di guerra».