GLI ATTACCHI IN LIBANO E LE PAROLE CHOC DI HAMAS: LA GUERRA CONTINUA

Raid in Cisgiordania, nel sud del Libano e nel sud della Striscia di Gaza: le ultime notizie sulla guerra Israele-Hamas dopo 100 giorni dal suo inizio vedono numerosi fronti di combattimento attivi e con tensione purtroppo alle “stelle”. «L’aviazione israeliana ha cominciato una vasta ondata di attacchi contro obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano», spiega il sito israealiano Ynet riportando dei raid in corso contro le milizie filo-Hamas da parte dello Stato Ebraico. Gli attacchi avvengono – spiegano da Tel Aviv – in risposta all’uccisione da parte degli Hezbollah con un razzo anticarro di 2 israeliani, madre e figlio, nel villaggio di Kfar Yuval.



Nel frattempo si fa sempre più complessa la vicenda degli ostaggi israeliani dopo le parole di Netanyahu e la dichiarazione che pare in “contrasto” alla “guerra lunga per mesi” del leader della opposizione centrista Yair Lapid: «Noi Yihia Sinwar (il capo di Hamas, ndr) possiamo ucciderlo anche a febbraio. E lo uccideremo, presto o tardi. Ma gli ostaggi dobbiamo riportarli a casa subito», spiega l’ex premier invocando la liberazione dei 136 israeliani prigionieri ancora in mano ad Hamas a Gaza. In replica immediata risuonano le parole da Hamas che parla di ostaggi «probabilmente uccisi di recente», dando la colpa a Israele ma senza specificare quale siano stati effettivamente le azioni di queste ultime settimane. Da ultimo, differentemente da quanto riportato nei precedenti aggiornamenti sulla guerra Israele-Hamas, non vi sarebbero al momento in corso nuovi raid degli Usa contro i ribelli Houthi nel Mar Rosso: «Gli Stati Uniti non hanno effettuato nessun nuovo raid oggi contro gli Houthi in Yemen», lo spiega un alto funzionario del Pentagono ai media Usa, «Nessun nuovo attacco da parte degli Usa o della coalizione».



GUERRA IN MEDIO ORIENTE: LE PAROLE DI NETANYAHU FANNO INFURIARE GLI USA

«Dobbiamo gestire questa guerra e ci vorranno ancora molti mesi»: lo ha detto il Premier Benyamin Netanyahu nella riunione del gabinetto di governo per approvare il bilancio statale per il 2024. I 100 giorni dall’inizio della guerra Israele-Hamas, come del resto ha spiegato anche l’ex direttore della CIA – il generale Petraeus – non sembrano che essere l’inizio di un lunga escalation che giorno dopo giorno vede diversi fronti aperti, da Gaza al Libano fino al Mar Rosso (dove si segnalano nel pomeriggio nuovi raid Usa-Uk contro gli Houthi). «Per l’obiettivo di sconfiggere Hamas, stiamo predisponendo un bilancio di guerra che ci obbliga a spese per la difesa molto più grandi di quanto avevamo previsto. Stiamo facendo di tutto per riportare tutti a casa, questi sforzi vanno avanti», ha poi concluso Netanyahu.



Queste ultime dichiarazioni assieme all’intera strategia di questi primi 100 giorni avrebbe fatto infuriare la Casa Bianca di Joe Biden, secondo quanto riportato da Axios: «Il presidente Biden è frustrato con Benyamin Netanyahu e sta perdendo la pazienza». I motivi sono da ricercare nell’aver rigettato gran parte delle richieste dell’amministrazione Usa sulla guerra a Gaza: secondo il sito israeliano Ynet, sempre citando le fonti Usa ad Axios, Netanyahu «starebbe trascinando la guerra per motivi politici e personali». Accuse prontamente respinte da Tel Aviv che parla invece del grande sforzo «per riportare tutti i rapiti a casa». È intervenuto a 100 giorni dall’inizio della guerra anche il leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, altro fronte caldissimo dello scontro Israele-Hamas: «Non abbiamo paura di andare in guerra con Israele. Sono gli israeliani che hanno paura di farci la guerra. Noi siamo sempre pronti».

LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA DA 100 GIORNI IN CORSO TRA ISRAELE E HAMAS

Cento giorni di guerra tra Israele e Hamas: era il 7 ottobre 2023 quando gli attacchi terroristici del gruppo jihadista palestinese muoveva azioni criminali contro civili innocenti ebrei, devastando un concerto nel deserto vicino alla Striscia di Gaza, facendo stragi nei kibbutz e rapendo centinaia di civili israeliani. Da lì la risposta più dura della storia del Medio Oriente ha visto Israele muovere guerra contro Hamas con l’unico obiettivo di eliminare fisicamente l’organizzazione terroristica dalla Striscia vicino alla Cisgiordania. 23mila morti, un conflitto che si allarga ogni settimana di più coinvolgendo Libano, Siria, Iraq, West Bank ma soprattutto Iran e Yemen, con la minaccia di missili Houthi contro le navi internazionali nel Mar Rosso (che hanno provocato da due giorni fitti raid e missili dalla colazione Usa-Uk).

100 giorni in cui la pace sembra lontanissima e con la tenuta occidentale a fianco di Israele che si incrina dall’ONU fino a parte dell’Unione Europea, con i gli stessi Stati Uniti che chiedono a Tel Aviv di cambiare strategia di guerra evitando le morti “collaterali” dei civili palestinesi innocenti a Gaza. Intervistato da “Avvenire” il portavoce dell’esercito israeliano (IDF) David Baruch (che opera nella brigata del generale Daniel Hagari) spiega come fosse inevitabile la pressione delle truppe di terra nel nord della Striscia per creare le condizioni della “seconda parte” di offensiva anti-Hamas: «si sono create le basi per azioni e fasi più precise ora. Non volevamo la guerra, non l’abbiamo cercata e ci è stata dichiarata, ora dobbiamo combatterla». A domanda diretta sul perché così tanti morti generati nei palestinesi, il portavoce di IDF ammette: «spiegare 23mila morti? Per noi è difficile spiegarne anche 23. Il problema è l’utilizzo che fanno dei civili». L’accusa contro Hamas è quella di porre covi e nascondigli nei tunnel sotto edifici e quartieri popolari residenziali nella Striscia: «c’era una infrastruttura che ha messo a rischio il nostro Paese e andava distrutta. La proporzionalità è in rapporto alla minaccia», conclude Baruch.

DA GAZA AL MAR ROSSO: LA GUERRA È ORMAI TOTALE IN MEDIO ORIENTE. LE MOSSE DELL’IRAN

I combattimenti intanto non si fermano neanche oggi, domenica 14 gennaio 2024, a 100 giorni esatti dall’inizio della guerra Israele-Hamas: mentre lo Stato Ebraico si difende alla Corte Internazionale dell’Aja dall’accusa di “genocidio a Gaza” – il Premier Netanyahu oggi ribadito come «Nessuno ci fermerà, né L’Aja né l’Asse del male» – proseguono i raid sull’area a sud della Striscia, con l’obiettivo di controllare l’intero cordone al confine con l’Egitto e il valico di Rafah. Mentre continuano gli scontri al confine col Libano dove è in corso il “secondo fronte” della guerra, quello contro Hezbollah, il Mossad sembra aver raggiunto un’intesa col Qatar: «gli ostaggi israeliani trattenuti a Gaza da oltre tre mesi potranno ricevere le medicine», e in cambio si tenterà di far entrare più aiuti per la popolazione palestinese in fuga dalla guerra e assiepata al confine con l’Egitto.

La guerra invece è sempre più pericolosa e totale nel Mar Rosso, con i ribelli filo-Iran degli Houthi che non intendono frenare gli attacchi contro le navi internazionali di Paesi che non condannano fermamente l’offensiva di Israele contro Hamas: «Nessun danno significativo, continueremo a impedire il traffico delle navi dei Paesi amici di Israele», sostengono dal quartier generale in Yemen gli Houthi nel mirino della coalizione angloamericana. Ancora stanotte nuovi raid sono stati lanciati nel Paese filo-iraniano per colpire obiettivo del gruppo militare sciita che mette a rischio petrolio e scambi commerciali di mezzo mondo attraverso il Mar Rosso. Gli attacchi sono stati stati di portata molto più ridotta rispetto al blitz del 12 gennaio ma resta l’impegno di Usa e Gran Bretagna di portare attacchi fino a quando l’offensiva dallo Yemen non avrà fine. «Coloro che cercano di normalizzare le relazioni con il regime sionista dovrebbero sapere che ciò non crea sicurezza né per i Paesi della regione, né per Israele», fa sapere il Presidente dell’Iran Ebrahim Raisi lanciando ulteriori minacce agli Stati Uniti e dichiarando la questione palestinese «la più importante del mondo islamico. Hanno trasformato la guerra con le pietre in una guerra con missili e droni».