IL DISCORSO DI GUERRA DEL PREMIER NETANYAHU CONTRO HAMAS

«Israele si sta preparando per l’invasione di terra a Gaza»: lo ha detto il Premier Bibi Netanyahu nel discorso alla nazione concluso appena prima delle ore 20 in Italia. Nelle ore in cui la guerra contro Hamas si è fatta sempre più dura, il leader del gabinetto di guerra non anticipa la data o la modalità dell’offensiva, ma fa capire che avverrà molto a breve e che potrebbe durare almeno un anno. «Si sta preparando per l’invasione di terra a Gaza ma non è possibile dare altri dettagli al momento», sottolinea il Primo Ministro da Tel Aviv, «Ci prepariamo all’ingresso a Gaza, non dirò come e quando. Ci sono considerazioni che non sono note al grande pubblico. La data dell’ingresso nella Striscia sarà decisa dal Gabinetto di guerra».



Netanyahu nella breve dichiarazione alla stampa fissa gli obiettivi dell’offensiva via terra, di fatto due: «eliminare Hamas e liberare gli ostaggi. Tutti quelli che hanno partecipato all’attacco del 7 ottobre sono passabili di morte». Il Premier lancia anche una prima ammissione di responsabilità circa gli attacchi terribili avvenuti il 7 ottobre scorso appena al di là dalla Striscia di Gaza: «Il 7 ottobre è stato un giorno nero. Chiariremo tutto quello che è successo. Tutti dovranno dare spiegazioni per quell’attacco, a cominciare da me». Tutto però verrà discusso e attuato dopo la fine della guerra che Netanyahu fissa almeno di là da un anno, avendo avvisato gli israeliani dei territori prossimi a Gaza che non potranno far ritorno in casa prima di 12 mesi: «Il mio compito ora è quello di guidare il Paese in guerra fino alla vittoria».



LO SCONTRO TOTALE IN MEDIO ORIENTE: DALLA TURCHIA ALL’ONU, LA TREGUA È LONTANA

Sono ore di fortissima tensione in Medio Oriente e non solo per i razzi che continuano a volare sopra la testa dei civili palestinesi e israeliani: la guerra tra Israele e Hamas si allarga sempre più, con la diplomazia internazionale ormai travolta dalle continue divisioni anche all’interno dei Paesi “dialoganti” dopo l’inizio del conflitto lo scorso 7 ottobre. È il caso ad esempio della Turchia che oggi con il presidente Erdogan ha lanciato un duro monito contro Tel Aviv: «Hamas sono miliziani liberatori e non dei terroristi», con Israele che sta commentando «atrocità a Gaza contro i diritti umani». Immediata la risposta secca di Lior Haiat, portavoce del ministero degli Esteri israeliano: «Israele respinge pienamente le parole del presidente turco nei confronti dell’organizzazione terroristica Hamas. Hamas è una spregevole organizzazione terroristica peggiore dell’Isis che uccide brutalmente e intenzionalmente neonati, bambini, donne e anziani, prende in ostaggio civili e usa la propria gente come scudi umani». Sempre da Tel Aviv viene sottolineato come il tentativo del presidente turco di difendere l’organizzazione terroristica Hamas, con le sue parole incitanti, «non cambieranno gli orrori che il mondo intero ha visto e il fatto inequivocabile: Hamas è come l’Isis», scrive su X Haiat.



Dalla Turchia all’Onu, prosegue lo scontro diplomatico tra il segretario generale Guterres e i vertici dello Stato ebraico: dopo l’annuncio del ritiro dei visti ai membri Onu in Palestina, il responsabile delle Nazioni Unite ribatte «Sono scioccato da come le mie affermazioni di ieri sono state interpretate da alcuni, come se io stessi giustificando il terrore di Hamas. Questo è falso. Era l’opposto». Il lancio di missili intanto prosegue e da Bruxelles arriva secca la smentita sulla richiesta di una tregua immediata nei territori sotto attacco: «In questo momento non ci sono richieste da parte dell’Ue di un cessate il fuoco perché Hamas continua a lanciare razzi su Israele in modo indiscriminato, non contro strutture militari ma colpendo i civili: Hamas ha scatenato una guerra terroristica e la continua, quindi sostentiamo Israele nel suo diritto a difendersi ma in linea con il diritto internazionale umanitario», ha detto un portavoce della Commissione Europea, «La posizione concordata dagli Stati membri è la necessità di arrivare a pause umanitarie per permettere la consegna rapida e sostenuta degli aiuti alla popolazione civile a Gaza».

LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA ISRAELE-HAMAS: 700 MORTI A GAZA IN 24 ORE

704 palestinesi tra cui 305 minori sono morti a Gaza nelle sole ultime 24 ore per attacchi israeliani sulla Striscia: la lunga scia di morte che muove la guerra Israele-Hamas come sempre vede i civili innocenti “sacrificati” come scudi umani dalle milizie islamiste sotto le bombe dello Stato ebraico. È la guerra che sta incendiando il Medio Oriente ormai da 19 giorni dopo i brutali e atroci attacchi di Hamas oltre la Striscia: l’offensiva via terra è ormai pronta da giorni ma Netanyahu ancora non ha dato il via ufficiale, forse per timore delle pressioni/reazioni anche della stessa America che non vede l’occupazione totale di Gaza come opzione desiderata.

Ancora stanotte Biden dalla Casa Bianca ha fatto sapere che la decisione sull’offensiva militare a Gaza «spetta ad Israele», augurandosi però l’accelerazione degli aiuti umanitari per i civili in fuga verso il sud della Striscia, a ridosso del valico ancora chiuso a intermittenza a Rafah. Raid dalla e sulla Striscia, scontri con Siria, Libano (Hezbollah) e Cisgiordania, così come cresce la minaccia dell’Iran sul destino della guerra Israele-Hamas: dal Golfo al Mar Rosso, il Medio Oriente è sempre più in fiamme e la comunità internazionale fatica a trovare un espediente per indurre alla tregua almeno momentanea. Nelle scorse ore a Beirut si tiene un vertice islamista tra gli altri rappresentanti di Hezbollah, Hamas e Jihad islamica: bocche cucite dai portavoce sugli esiti di quello che potrebbe essere un “consiglio di guerra” per studiare le opposizioni contro Israele e i mezzi Usa in arrivo a Tel Aviv.

LA GUERRA DA GAZA ALL’ONU: ISRAELE CONTRO GUTERRES, BIDEN “OFFENSIVA? DECIDE TEL AVIV”

L’Europa così come gli Stati Uniti e la Nato spingono per trovare un accordo sugli aiuti umanitari a Gaza, garantendo la piena legittimità della difesa di Israele ma di contro aprendo alla soluzione dei due Stati come unico accordo potenziale per far finire concretamente la guerra in Palestina. Israele e Hamas protagonisti ancora ieri alla riunione dell’Onu dove il segretario generale Antonio Guterres si è “esposto” provocando una durissima reazione dello Stato ebraico: l’attacco di Hamas non nasce dal nulla, «è avvenuto dopo che i palestinesi sono stati sottoposti a 56 anni di soffocante occupazione», ha detto il segretario aprendo la riunione speciale del Consiglio di Sicurezza Onu sulla crisi in Medio oriente. Guterres ha poi aggiunto che le rivendicazioni dei palestinesi, «non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas, così come questi spaventosi attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese».

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Uniti Gilad Erdan ha chiesto immediate dimissioni di Guterres, condannando il discorso che nei fatti legittima la guerra iniziata da Hamas il 7 ottobre scorso: «Il segretario generale dell’Onu, che dimostra comprensione per la campagna di uccisioni di massa di bambini, donne e anziani non è adatto a guidare l’Onu. Chiedo si dimetta immediatamente», ha detto Erdan dopo la riunione al Consiglio di Sicurezza. Secondo Israele infatti, «non c’è giustificazione o senso nel parlare con coloro che dimostrano compassione per le atrocità più terribili commesse contro i cittadini di Israele e gli ebrei. Semplicemente non ci sono parole». Dura la rappresaglia diplomatica ora lanciata da Tel Aviv contro il «discorso scioccante di Guterres» con la decisione al momento di non concedere visti ai rappresentanti dell’Onu in Medio Oriente: «Del resto abbiamo già rifiutato il visto al sottosegretario per gli affari umanitari Martin Griffiths. E’ arrivato il tempo di dare loro una lezione», conclude Erdan. Nell’analisi di diversi osservatori internazionali (da ultimo Federico Rampini ieri a Mediaset, ndr) sulla guerra Israele-Hamas, l’uscita di Guterres – non da oggi molto vicino all’influenza americana, come dimostra la comunanza di obiettivi nella crisi Ucraina-Russia – potrebbe voler significare un messaggio dato dall’amministrazione Biden a Netanyahu in merito alla necessità di frenare una offensiva che porterebbe ad una autentica guerra mondiale.